13° Seminario Bordoni: ‘ICT e crescita economica’. Gli operatori chiedono regole, ma al Paese servono anche formazione e infrastrutture

di Flavio Fabbri |

Italia


ICT

L’ICT occupa da diversi anni un posto di primo piano nei mercati internazionali, svolgendo un ruolo di General Purpose Technology (GPT) in ogni settore dell’economia globale. Un fattore di crescita che riesce a coinvolgere, a trasformare e a integrare qualsiasi processo produttivo, con effetti notevoli sul mondo del lavoro, sull’andamento dei mercati, sull’organizzazione di produzione, sulle strategie delle imprese, nei modelli di business, sul funzionamento delle Pubbliche Istituzioni e delle grandi e piccole aziende. L’appuntamento del 12 febbraio scorso a Roma con il XIII Seminario della Fondazione Ugo Bordoni, ha proprio affrontato il tema “ICT e crescita economica“, a partire dallo scoppio della bolla speculativa del 2001, che ha travolto una miriade di imprese dot.com, fino alle obiettive difficoltà di misurare in modo coerente gli effetti della diffusione dell’ICT sulla produttività di imprese e sistemi. I dubbi che tali eventi hanno generato sul concetto di ICT, come motore del progresso nel XXI secolo, sono oggi accresciuti drammaticamente dalla difficile crisi economica mondiale che, accanto alle minacce di recessione generalizzata, pone interrogativi pressanti sulla sostenibilità stessa del modello di crescita basato sull’espansione dei consumi.

 

Il XIII appuntamento del ciclo dei Seminari Bordoni, con il coordinamento tecnico e organizzativo dell’ISIMM (Istituto per lo studio dell’innovazione nei media e per la multimedialità), si è posto nell’ottica di individuare quindi con l’aiuto di autorità accademiche, del mondo dell’impresa e delle Istituzioni, quale potesse essere il contributo essenziale dell’ICT per il superamento della crisi strutturale, a partire dal lancio di grandi progetti di innovazione afferenti alla sfera informatica e strategicamente mirati non solo a riposizionare la competitività dell’Italia e delle sue imprese nel mercato globale, ma anche ad ottimizzare il modo di operare di tutti i grandi fornitori di servizi pubblici e a semplificare il rapporto tra i cittadini e le Pubbliche Amministrazioni.

 

L’apertura della giornata è stata affidata a Enrico Manca, Presidente della Fondazione Ugo Bordoni, che dopo aver presentato la nuova stagione del ciclo dei seminari Bordoni, ribadendo il carattere pubblico della Fondazione e la sua terzietà nell’ecosistema italiano dell’ICT, ha così analizzato il panorama critico dei mercati internazionali. Una crisi che morde, che genera sfiducia e preoccupa, soprattutto per la difficoltà di inquadrarne i contorni e individuarne le possibili vie di uscita. “Questo è il momento– ha sottolineato con forza Manca- in cui è necessario ribadire con decisione l’importanza dell’ICT e dell’innovazione tecnologica per la stabilizzazione dei mercati e per la competitività delle aziende. L’incubo della recessione e le difficoltà evidenti del tessuto economico a reagire, sono ulteriori elementi di allarme e di penalizzazione della nostra economia. Pensando al 2001 e alla crisi che colpì il settore delle dot.com e quindi dell’ICT, allora come oggi, possiamo vedere che alla base del disastro finanziario e economico che ne è seguito, c’è sempre una confusione strategica e un distorto utilizzo delle risorse, con un costo altissimo a carico dell’intero sistema economico, dei consumatori e dei cittadini“. “L’ICT– ha continuato Manca- anche in quel momento difficile, si è mostrata comunque una strada vincente per uscire dalla crisi, dando il via ad una vera e propria rivoluzione tecnologica, economica e sociale che oggi chiamiamo web 2.0 e che tanto ha modificato i rapporti all’interno delle imprese, nel modo di fare business e nel modo di fare società“. Un volano irrinunciabile, quindi, attraverso cui affrontare la crisi e rilanciare gli investimenti sia pubblici che privati in settori strategici del Paese, senza smettere mai di guardare al futuro e all’innovazione come parametri di crescita. “L’ICT– ha concluso Manca- non rappresenta un paradigma tecnologico a sé stante, ma in grado di muoversi trasversalmente tra diversi segmenti di mercato. La sua applicazione nel campo energetico, nella riduzione dell’impatto ambientale dei processi produttivi, nella loro ottimizzazione e nella riduzione degli sprechi, sono solo alcuni esempi della capacità di adattarsi a sempre nuove scommesse e urgenze. Ciò che serve, affinché i risultati siano evidenti a tutti e in tempi ragionevoli, è una politica economica forte, decisa e chiara, che manifesti certezza nelle strategie, nei risultati economici e nelle tecnologie impiegate. Solo così si potrà riacquistare la fiducia degli operatori e dei consumatori, supportando nuovi programmi di crescita, piani di formazione e alfabetizzazione digitale e permettere al sistema di ripartire“.

 

Un’analisi profonda che delinea subito i contorni entro i quali il Seminario ha poi sviluppato ulteriori analisi: sulle cause che hanno portato alla crisi finanziaria internazionale e sulle possibili vie di uscita. Ad introdurre i due discussant d’eccezione, ospiti della giornata FUB, è stato Mario Frullone, direttore della ricerca per la Fondazione , che poi ha anche coordinato e introdotto tutti gli ospiti della successiva Tavola rotonda pomeridiana. Primo a prendere la parola è stato Salvatore Rossi, Direttore centrale della Banca d’Italia per la ricerca economica e le relazioni internazionali. Un intervento centrato sulle origini del crack finanziario globale e sulle ipotesi di intervento costruite proprio su un lungo lavoro di indagine svolto dall’Istituto bancario. Riprendendo la traccia segnata dalla relazione introduttiva di Manca, Rossi ha voluto sottolineare il ruolo fondamentale che negli anni Novanta hanno avuto le banche centrali, in special modo americana e giapponese, l’enorme flusso di liquidità che riversarono sui mercati, la bolla speculativa del 2001 e la crisi della New economy. Ma basta questo a spiegare il crollo a cui stiamo assistendo negli ultimi mesi? C’è una connessione diretta? Negli USA l’ICT, come ha spiegato Manca, subito dopo il 2001 ha dato prova di grande forza, ribaltando immediatamente la situazione e stimolando, almeno per alcuni anni, una crescita consistente dell’economia USA e mondiale. Cosa è successo allora in Italia? Secondo Rossi, il mercato italiano era debole già in partenza: “… Le quote di mercato delle nostre esportazioni crollavano, insieme con la competitività delle imprese manifatturiere. La causa era nella produttività e in particolare nella Produttività Totale dei Fattori (PTF), con il risultato finale di un PIL (prodotto interno lordo), stagnante da almeno dieci anni. Il tutto mentre il mondo vedeva la nascita di due fenomeni importantissimi riconducibili alla rivoluzione ICT e alla globalizzazione, fin dai primi anni Novanta. Il sistema produttivo italiano, purtroppo, ha reagito a tali eventi con estrema lentezza, perché frammentato e bloccato, impedendo così un adeguato quanto necessario adattamento delle imprese alla rivoluzione ICT“. Una rivoluzione che per Rossi ha dato il via alla nascita di un paradigma produttivo incentrato su capitale fisico, umano e organizzativo. Tre elementi che qualsiasi tipo di impresa deve saper gestire e combinare per muoversi sui mercati odierni e soprattutto del futuro, in modo da velocizzare e razionalizzare i flussi informativi alla base dell’economia globale. “Tra il 1995 e il 2005– ha spiegato Rossi– l’Italia ha visto crollare la sua produttività, molto più che negli altri Paesi, con tassi di occupazione vicini allo zero e un tasso di innovazione/high-tech a uno 0,4% (contro il 17,3 degli USA, il 9,3 della Francia e il 5,2% della Germania)“. Ma quali sono allora gli ostacoli che le nostre imprese devono assolutamente affrontare? Innanzi tutto, ha affermato Rossi, sono quelli di natura finanziaria, manageriale e organizzativa, in più le imprese di media-piccola dimensione (PMI) sono meno propense a innovare e allargare la compagine proprietaria acquisendo nuovi soggetti ed entrando così in nuovi settori. “Ciò che serve e al più presto– ha concluso Rossi- sono interventi strutturali tesi a ristabilire un equilibrio finanziario, più efficienza e certezza del diritto, maggiore istruzione e formazione, concorrenza, finanza d’impresa e un processo di rivitalizzazione il mercato del lavoro“.

 

Nel secondo intervento della mattinata, Sandro Frova, professore Ordinario di Finanza aziendale all’Università Bocconi di Milano, ha invece mostrato quelli che secondo lui sono i fattori chiave per comprendere il momento di crisi: la crescita di sistema, la crescita di settore e il costo degli investimenti. “Negli USA– ha spiegato Frova- l’incremento dell’1% di banda larga ha determinato un aumento occupazionale nell’ordine di 300mila posti di lavoro negli ultimi anni. Un dato eccezionale, ovviamente frutto di investimenti massicci. In Italia, di contro, l’ICT non cresce, con un mercato immobile, senza investimenti e risorse per le infrastrutture. Ecco che la crescita di sistema ne risente“. “La crescita di settore– ha continuato Frova- allo stesso modo è sofferente, perché assetata di finanziamenti e di piani di investimento su lungo termine, ma anche per l’assenza di management strategico e di capital budget“. “Siamo in una fase– ha spiegato Frova- in cui non c’è chiarezza né nel panorama tecnologico, né in quello dei mercati. Nel Regno Unito, ad esempio, è di 11,6 miliardi di sterline il piano di investimenti messo a punto dal Governo per l’implementazione della Fiber to the home (FTTH), mentre in Olanda sono stimanti in 1.600 euro i costi medi per utente da affrontare per garantire a tutti l’accesso alla banda larga. Numeri che danno le dimensioni dello sforzo che in Europa in molti stanno sopportando per modernizzare le infrastrutture del Paese. In Italia abbiamo grosse difficoltà già denunciate dalle imprese nell’accedere ai finanziamenti, con conseguente scarsa fiducia nei mercati e nella capacità di questi di concretizzare i ritorni economici degli investimenti“. “A questo punto– ha concluso Frova- tre i possibili scenari ipotizzabili sono: seguire il piano Open Acces di Telecon Italia, con cui i concorrenti accedono alla rete attraverso i propri servizi; procedere alla separazione della rete, con nuove risorse da riversare sul mercato; attendere le cessioni internazionali di Telecom Italia e le conseguenti nuove risorse da investire. A prescindere dai possibili scenari futuri, dai temi regolatori ancora in esame, le opzioni strategiche sono comunque legate ai mercati reali. L’opzione One net, anche se separata, vedrà sicuramente un ruolo dello Stato, con piani di investimento e risorse adeguate“. Intervento dello Stato? Ma in che misura? Come è noto, lo ricordiamo, il ruolo di un eventuale intervento pubblico nel finanziamento diretto o indiretto di tali progetti è oggetto tema di dibattito sia in Italia che in altri Paesi e le modalità non sono ancora molto chiare.

 

La conclusione della prima parte del Seminario è stata quindi affidata a Mario Frullone, il quale ha sottolineato quanto per l’Italia sia necessaria una rete estesa e omogenea in grado di connettere il Paese al suo interno, al di fuori di ogni ipotesi di quale piattaforma debba prevalere sulle altre. La valutazione dei rischi e i tempi sempre più ristretti ci suggeriscono, secondo Frullone, di stringere su posizioni chiare e decise, anche adottando un mix complesso di tecnologie, ma che ci assicurino una transizione oltre la crisi, in grado così di rimettere in sesto l’economia e il mercato occupazionale del Paese. “Oltre ai problemi che gli illustri ospiti di oggi hanno già evidenziato, vorrei aggiungere- ha sostenuto Frullone- un ulteriore elemento di riflessione e cioè il ruolo del consumatore, nonché cittadino e utente. Un soggetto da troppo tempo lasciato ai margini dei processi innovativi e troppo lontano dai linguaggi e dalla cultura del digitale“. “Oggi- ha continuato Frullone– oltre alla mancanza di strategie chiare e convincenti a cui guardare, c’è anche il problema di non lasciare indietro nessuno e di approntare al più presto nuovi piani di alfabetizzazione informatica. Questa potrebbe essere una chiave per superare la crisi, a cui non si può che affiancare la cultura dell’ICT, volano irrinunciabile, soprattutto per la sua capacità di ibridazione tra segmenti diversi del mercato, fino ad interagire con quello che per la Fondazione sarà l’orizzonte di azione prossima: il settore delle energie rinnovabili e alternative. Un settore che assieme agli strumenti dell’ICT potrebbe essere il trampolino di lancio per un nuovo paradigma economico, da cui ripartire“.

 

È poi seguita la Tavola rotonda pomeridiana su “Reti, servizi e applicazioni di prossima generazione: scenari italiani di fattibilità e di sviluppo“, coordinata da Mario Frullone, in cui diversi operatori nazionali di telecomunicazioni e società di assoluto rilievo in campo informatico hanno discusso di opzioni, prospettive, opportunità e sviluppo di nuove reti e dei servizi di comunicazione elettronica in seno al mercato europeo. Claudio Leporelli, dell’Università ‘Sapienza’ di Roma, ha mostrato in apertura del suo intervento alcuni dati relativi agli effetti macroeconomici dell’ICT sulla crescita dell’economia americana negli ultimi anni: per il 59% nel periodo 1995-2000 e del 33% nel quinquennio 2000-2005. Dati ottenuti sommando quelli del comparto produttivo con quelli provenienti dall’utilizzo dei beni e servizi ICT da parte del consumatore. Ne è risultato che i Paesi che crescono di più sono quelli che presentano come positivi entrambi i parametri. “Si ha crescita– ha sostenuto Leporelli- quando si riesce a rendere complementari fattori primari quali il capitale umano, l’innovazione organizzativa, i modelli di business e un quadro istituzionale di supporto a tali livelli“. “Occuparsi di reti, servizi e applicazioni- ha continuato Leporelli- significa gestire criticità diverse in una visione di sistema nuova“. Riferendosi all’ICT, Leporelli ha lanciato una serie di quesiti su cui riflettere: quali sono gli ostacoli che ne bloccano l’utilizzo? Quali strumenti utilizzare? Come sviluppare la domanda? La crisi è solo da considerarsi un limite o anche una prospettiva di crescita? Chi, in questa situazione, può o deve intervenire? Ovviamente le dimensioni delle analisi sono diverse e in alcuni casi sovrapposte: costi, prestazioni, domanda, sostenibilità, modelli, impatto sul quadro competitivo, ruolo dell’Authority, dimensione macroeconomica, politiche pubbliche, ecc. Ogni elemento fa parte di un processo operativo, come ci spiega Leporelli: “…Quest’analisi altro non fa che aprire ad ulteriori quesiti, come quelli relativi alla gestione degli investimenti, ai nuovi processi di incremento dell’efficienza di processo all’interno della Pubblica Amministrazione, della Sanità, dell’Istruzione, oppure relativi alla stabilizzazione del quadro normativo“.

 

A dar voce all’Authority per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) è stato invitato Vincenzo Lo Bianco, per il quale tra il 2001 e il 2005 l’impatto dell’ICT sulla crescita economica, sullo sviluppo di reti e servizi a banda larga è stata sicuramente sovrastimata, soprattutto in relazione al PIL: “…L’impatto della banda larga sul PIL europeo è stato dello 0,6%, un dato non particolarmente eclatante, ma visti i tempi neanche trascurabile. Ovviamente può essere considerato sotto una luce più positiva solo se a questo dato si associa uno sviluppo dei servizi di rete informatici, un loro utilizzo più diffuso da parte dell’utenza e della cittadinanza, un maggiore investimento in infrastrutture, alfabetizzazione digitale, integrazione delle reti a banda larga, sia nei processi industriali che della Pubblica Amministrazione e molto altro“. “Partendo da queste linee– ha continuato Lo Bianco- sarà possibile raggiungere l’obiettivo di un’ICT pari all’1,7% del PIL in Europa entro il 2012, con tutti i benefici che ne conseguono in termini produttivi e occupazionali. Passando invece al quadro legislativo e normativo, i ritardi infrastrutturali che ancora si segnalano diffusamente possono essere superati solo con più concorrenza, più mercato e interventi strutturali“. “L’AGCOM– ha concluso Lo Bianco- negli anni passati è intervenuta in tal senso, regolamentando l’Accesso disaggregato alla rete locale, il cosiddetto Unbundling, favorendo lo sviluppo della concorrenza nei servizi a banda larga e bitstream. In questo modo, infatti, si è permesso ai nuovi operatori telefonici, in seguito alla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, di usufruire delle infrastrutture esistenti, proprietà di altro operatore, per offrire ai clienti servizi propri, pagando un canone all’operatore legalmente proprietario delle infrastrutture“.

 

A dimostrazione della capacità di ibridazione e di trasversalità tecnologica dell’ICT, Carla Rabitti dell’AGCM, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ci ha portato il caso delle carte di pagamento chiuso e aperte, un nuovo fenomeno commerciale al vaglio della Commissione Europea. “La certezza delle regole e delle tutele – ha affermato Rabitti- porta a una maggiore chiarezza nel quadro generale di riferimento e sicuramente può aiutare gli investitori a ritrovare una rinnovata fiducia nel mercato“. “Affrontando il caso delle carte di pagamento chiuse e aperte– ha continuato Rabitti– le prime già utilizzate diffusamente, le seconde in attesa del via dall’Authority, attraverso un supporto regolatorio adeguato, si può vedere come l’innovazione tecnologica unita a regole certe e sicurezza delle transazioni, sia un fattore di crescita per molto settori economici. Negli ultimi anni si è visto da parte dei terminali mobili un forte sviluppo nell’utilizzo di servizi di mobile payment e nuovi soggetti creditizi sono scuramente interessati a tale fenomeno. Ciò che serve e che il settore chiede a gran voce è però una policy ad hoc, di cui la Banca Centrale Europea ha già chiesto un attento esame in sede di Consiglio e sollevando molte perplessità relativamente all’ingresso di nuovi soggetti sul mercato creditizio“.

 

La fiducia dei mercati, la certezza delle regole e delle tecnologie utilizzate, elementi di discussione su cui ragionare e su cui anche Luigi Perissich di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici ha centrato la sua relazione: ” … I servizi Innovativi e Tecnologici rappresentano complessivamente 1 milione di imprese, di cui il 30% individuali, con 2,3 milioni di occupati, per un mercato che vale 150 miliardi l’anno, ovvero il 13% del PIL. Sono numeri importanti che la crisi sta attaccando in modo feroce, in tutta Europa, ma soprattutto in Italia, con un crollo della fiducia nei mercati da parte degli investitori e dell’occupazione che rispetto al I Trimestre 2008 ha visto perdere altri 100mila posti di lavoro“. “Per rispondere alla crisi– ha continuato Perissich- c’è bisogno di un piano regolatorio forte, di un programma di investimenti certo e una maggiore propensione all’innovazione tecnologica, con l’ICT come vettore di crescita principale. Gli utenti del web sono in Italia 28 milioni, ma con una penetrazione della banda larga ancora bassa e con 1/3 della popolazione in pieno digital divide“. “I piani Industria 2015 e eGovernment 2012– ha concluso Perissich- sono a nostro avviso dei punti di partenza importanti, per l’innovazione nella P.A. e per il rilancio degli investimenti nel tessuto economico del Paese“. Gli fa eco Alessandra Santacroce di IBM, la quale ha evidenziato come la curva del PIL e quella degli investimenti in ICT siano correlate nel loro andamento: “…C’è un’evidente possibilità di sinergia tra le due curve e l’ICT sembra essere un volano eccezionale per la crescita della produttività. Tutti i Pesi della Comunità Europea stanno lavorando per trovare singolarmente e in modo congiunto le risorse necessarie per far fronte alla crisi“. “Un esempio– ha concluso Santacroce- è il piano americano dell’US Economic stimulus package, in cui si è pianificato a breve e medio periodo un vigoroso programma di investimenti in ICT, in cui alle infrastrutture fisiche si affiancheranno anche quelle digitali, riconosciute come strategiche per il futuro del Paese“.

 

Sulle previsioni di crescita dell’ICT in Europa e soprattutto in Italia, Carlo Iantorno di Microsoft, ci ha fatto notare come queste, dopo una prima stima del 3,9% entro il 2012, si siano assestate su numeri molto inferiori. A questo si deve aggiungere una caduta della domanda di Pc e un aumento delle vendite notebook. Una crisi dei mercati molto aggressiva che genera anche una perdita inquietante di posti di lavoro e una certa confusione anche nell’organizzazione produttiva aziendale. “In Italia l’ICT vale 20 miliardi l’anno– ha affermato Iantorno- ma oggi le cose sembrano cambiate e molto velocemente assistiamo ad una decrescita sensibile sui mercati e nel settore delle PMI. Serve che il Paese si dia un’agenda e degli strumenti per la difesa del livello occupazionale, utilizzando in modo efficiente la leva dell’intervento pubblico per il rilancio dell’occupazione e un recupero dei piani di formazione e della competitività delle nostre aziende sui mercati internazionali“. “C’è da aggiungere– ha poi concluso Iantorno- una maggiore attenzione allo sviluppo di applicazioni avanzate a cui formare personale competente, da inserire in strutture all’avanguardia, dematerializzate e digitalizzate, in tutti i settori chiave del Paese: scuola, turismo, sanità, difesa, telecomunicazioni e molto altro, informatizzando il tessuto imprenditoriale e sostenendo le tante sturt up oggi penalizzate nel Paese“.

 

Di investimenti virtuosi e di fibra ottica ha parlato invece Roberto Scrivo di Fastweb: “…Anche per noi sono auspicabili dei cicli di investimenti virtuosi sostenuti da politiche forti e condivise. Il nostro Pese registra il 40% di accessi alla fibra ottica di tutta Europa. C’è da chiedersi allora come sostenere la penetrazione della domanda, oggi ferma al 17%, per evitare di ipotecare il futuro delle nostre infrastrutture. Sicuramente, pensiamo, abbattendo il digital divide che intrappola gli utenti, soprattutto quelli più esposti alle vulnerabilità economiche e sociali del momento“. “Ciò che serve e subito– ha concluso Scrivo- è un calendario degli interventi, come è stato per il digitale terrestre, che veda la P.A. fare da traino per la digitalizzazione del Paese“. Sulla domanda e sul bisogno di sostenerla si è soffermato anche Romano Righetti di Wind, che vede nei servizi su banda larghissima (nel medio periodo) una domanda ancora molto bassa, segno dell’endemico bisogno di investimenti in infrastrutture e di sostegno alle imprese, al momento non incentivate a puntare sull’innovazione. “Se non c’è domanda– ha affermato Righetti- bisogna sviluppare politiche di supporto tese a favorirne la crescita. Gli investimenti in ICT sono necessari, ma devono essere fattibili finanziariamente e devono essere sostenuti da politiche governative“. “Il mercato consumer– ha continuato Righetti- al momento non è disposto a pagare costi aggiuntivi per una maggiore ampiezza di banda o velocità di connessione. Servono investimenti massicci nelle scuole, utili a sostenere la domanda, mentre sul lato offerta bisogna razionalizzarne le spese e procedere al monitoraggio del territorio con il fine di realizzare una mappa degli interventi più utili e urgenti. I soldi della Comunità europea devono essere spesi in progetti mirati, coordinandone i criteri di spesa, di volta in volta, o sulla domanda o sull’offerta“.

 

Sul versante opposto le posizioni espresse da Bianca Maria Martinelli di Vodafone, la quale ha affermato che il sostegno alla domanda deve essere bilanciato da uno uguale nell’offerta, in una miscela di politiche ad hoc per il rilancio dei mercati: “… L’esperienza del Mobile e della rete UMTS ci dimostra come l’enorme utilizzo di messaggi (Sms, Mms, IM) e l’upgrade della rete che e stato effettuato per reggere il nuovo flusso di contenuti, siano il frutto di una scommessa, in cui l’utente è stato messo di fronte a una novità e ha adottato subito un comportamento virtuoso. È da questo che bisogna partire, anche per la rete 4G o LTE. La domanda non è svincolata dall’offerta qualificata, perché entrambe sono frutto di una rinnovata capacità evolutiva della rete. Una buona piattaforma abilità servizi, offerte e nuova domanda“. Tre i fattori su cui la Martinelli in conclusione di intervento ha invitato a riflettere: ” …Questi sono: 1) il sistema delle infrastrutture della rete fissa, attraverso cui alzare il livello di concorrenza che abiliti investimenti maggiori, anche spingendo l’incumbent nazionale ad investire su NGN e nuove reti; 2) Fibra ottica da stendere con un piano quinquennale; 3)Una transizione tecnologica regolata e concordata dall’Autority e dalle aziende coinvolte“.

 

ICT come fattore di crescita irrinunciabile che in Italia, però, non trova adeguato sostegno né finanziario, né tanto meno formativo e culturale. Lorenzo Pupillo di Telecom Italia si è anche lui soffermato sul problema della mancata realizzazione nel Paese di piani di investimento mirati e di politiche a sostegno dell’innovazione, come banda larga e NGN: “… L’impatto dell’ICT sull’economia è doppio rispetto a qualsiasi altro fattore di crescita e in tempi molto più rapidi. L’ICT di per se non genera servizi, ma abilità una piattaforma a farlo, proprio in virtù della sua natura GPT“. “L’Italia– ha concluso Pupillo- poco utilizza l’ICT e la domanda è ferma. Questo ci penalizza. Telecom Italia punta sulla banda larga sia fissa che mobile, andando a lavorare nelle aree più depresse e poco coperte, terreno fertile per il digital divide. Nostro obiettivo è portare la copertura al 97% entro il 2015 .

 

Giunti alla fine degli interventi della Tavola rotonda, Mario Frullone ha chiamato per le conclusioni Rita Forsi del Dipartimento Comunicazioni- Ministero dello Sviluppo Economico, per un intervento che ha sintetizzato benissimo i temi sollevati dai tanti discussant: ICT, investimenti, formazione e infrastrutture. “ La PA ha affermato Forsi- si è fatta carico e non da ora, sia delle risorse per l’abbattimento del divario digitale tra le regioni del Paese, sia per superare i problemi che la corsa all’innovazione ci pone. Bisogna diffondere cultura digitale e informatica, non solo nelle scuole, ma a partire proprio dalle strutture della Pubblica Amministrazione, questi sono al momento gli obiettivi da puntare“. “Il Dipartimento comunicazioni e l’Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione – ha concluso Forsi – hanno già approntato dei programmi formativi, a cui seguiranno piani mirati allo sviluppo delle reti e della banda larga e in cui sarà necessaria una più decisa collaborazione tra enti locali e regioni“. Al termine della giornata, Mario Frullone, nel congedare i numerosi ospiti e il pubblico in sala, ha dato ricordato a tutti la data del 23 febbraio per il XIV appuntamento del ciclo dei Seminari Bordoni. Tema dell’incontro sarà “Internet del futuro: evoluzione della piattaforma tecnologica“.

 

 

 

Ict e crescita economica

di Alessandra Santacroce – IBM

   

Reti, servizi e applicazioni di prossima generazione: scenari italiani di fattibilità e di sviluppo

di Claudio Leporelli – Università di Roma

 

Reti, servizi e applicazioni di prossima generazione: scenari italiani di fattibilità e di sviluppo

di Luigi Perissich – Confindustria

 

Ict e crescita economica

di Salvatore Rossi – Banca d’Italia

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