Numero unico di emergenza Ue: chi risponde al 112? Interrogazione parlamentare dopo la condanna della Corte di Giustizia

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


112

Il 15 gennaio 2009, la Corte di Giustizia europea ha condannato l’Italia per l’inosservanza della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica. La direttiva, oltre a istituire il 112 quale numero di emergenza europeo, prevede la possibilità di localizzazione del chiamante per consentire un rapido e più efficace intervento di soccorso da parte delle autorità competenti.

L’Italia, nonostante i diversi richiami della Ue, ha infatti omesso di mettere a disposizione delle autorità incaricate dei servizi di soccorso le informazioni relative all’ubicazione del chiamante, venendo meno agli obblighi dell’art. 26, n. 3, della direttiva.

 

La senatrice Donatella Poretti con il sen. Marco Perduca hanno quindi rivolto un’interrogazione alla Presidenza del Consiglio, e ai Ministri dell’Interno, delle Politiche europee e della Pubblica amministrazione e l’innovazione, per sapere come si intenda procedere per assicurare il corretto funzionamento del servizio di ubicazione del chiamante, adempiendo così ai dettami della Commissione e facilitando la vita ai cittadini e ai tanti turisti che visitano il nostro paese.

 

Secondo un’indagine della Ue, più della metà degli europei che viaggiano all’estero non è in grado di comunicare l’ubicazione esatta delle emergenze quando chiama il 112.

Per questo la localizzazione è un elemento molto importante nelle fasi di intervento: attraverso le tecnologie di individuazione, gli operatori del 112 sono infatti messi in grado di ricevere immediatamente le informazioni relative al chiamante (localizzazione comune, via e numero civico nel caso di telefoni fissi) e l’esatta ubicazione sul territorio per i telefoni mobili con un’approssimazione che varia dai 10 metri dei centri urbani, ai 200 metri delle aree rurali o poco abitate. 

Il sistema permette inoltre di capire se associato a più chiamate al 112 sia un singolo evento (incidente stradale), o se siano più incidenti che quindi richiedano più mezzi di soccorso, nonché di individuare l’esatta posizione dell’evento qualora il chiamante non abbia la possibilità di fermarsi, attraverso la traiettoria seguita dalla localizzazione del chiamante. 

Nel caso poi il chiamante non sappia dove esattamente si trovi o non sia nelle condizioni di fornire informazioni (stato di semincoscenza, dispersi) il servizio di localizzazione permette di inviare comunque i soccorsi.

 

Il numero di emergenza europeo 112 è stato istituito nel 1991, addizionandosi ai numeri di emergenza nazionali, per rendere questi servizi più accessibili in tutti gli Stati membri Ue. Gli Stati membri avrebbero dovuto adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 24 luglio 2003.

 

Con un decreto legge del 22 Gennaio 2008, l’Italia ha provveduto all’avvio sperimentale del servizio partendo da Salerno, abilitando una linea telefonica punto-punto tra la centrale operativa dei Carabinieri e le rispettive centrali del 115/118 e un sistema per lo smistamento delle chiamate.

Il servizio, a distanza di 150 giorni, doveva essere adottato dalle province di Imperia, Sassari, Perugia, Padova, Como, Torino, Crotone e Matera; e successivamente da Caltanissetta, Caserta, Nuoro, Reggio Emilia e Varese per essere poi esteso a tutto il territorio nazionale attraverso l’attivazione di otto province al mese.

Ma, chiamando il 112, continua a ancora rispondere la centrale dei carabinieri e a pagare, ovviamente, sono i cittadini.

La Repubblica italiana è stata infatti condannata al risarcimento delle spese processuali ed è stata anche messa in mora per la scorretta gestione delle chiamate al 112, con la previsione, dunque, di un nuovo deferimento alla Corte di Giustizia Europea.