Criminalità audiovisiva: il Comitato tecnico governativo smentisce l’esistenza della bozza di legge che ‘mette il bavaglio a internet’

di Raffaella Natale |

Italia


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“…Un colloquio utile con Mauro Masi, Direttore del dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio, ha chiarito che non vi è alcuna proposta di legge tesa a mettere bavagli a internet”.

Lo ha comunicato stamani il senatore Vincenzo Vita, vicepresidente Pd in Commissione Cultura a Palazzo Madama.

“…Il chiarimento – ha spiegato – si era reso necessario dopo le anticipazioni di ‘Altro Consumo’ circa una ipotetica proposta di legge sulla pirateria digitale che avrebbe avuto qualche contorno censorio. Bene se è così. Del resto – ha concluso l’esponente del Pd – non possiamo che fidarci delle rassicurazioni di Masi. Proporremo, anzi, una specifica audizione nelle Commissioni competenti del Parlamento sulla materia”.

 

Una precisazione è arrivata anche dagli ambienti del Comitato tecnico della presidenza del Consiglio che negano l’esistenza di bozze di legge in circolazione e smentiscono così “nella maniera più categorica” il progetto a cui farebbe riferimento il sito di Altroconsumo.

“…Non esiste nessuna proposta precostituita ma, al contrario, il forum aperto sul sito del governo sta raccogliendo tutte le proposte dei cittadini, dalle più approfondite a quelle più semplici, che saranno, tutte, esaminate con la massima attenzione. Il Comitato procederà quindi alle audizioni il cui calendario sarà reso pubblico sul sito. Quando, e se, sarà elaborata una proposta verrà resa subito di pubblico dominio”.

 

Il calendario delle audizioni del Comitato tecnico governativo contro la pirateria digitale e multimediale dovrebbe poi essere reso noto entro la fine della settimana.

 

Nei giorni scorsi sul portale di Altroconsumo si è innescata una polemica su un’ipotetica proposta di legge: “…Il provvedimento appare arcaico, protezionista e contrario agli interessi dei consumatori e dell’innovazione del mercato digitale”.

La stessa Siae , a cui era stata attribuita la paternità della bozza, ha immediatamente smentito la notizia.

 

“…Indipendentemente da chi l’abbia scritta, questa bozza di proposta di legge dà al governo, di qualunque colore, la libertà di legiferare come meglio crede”, ha commentato alla stampa Andrea Monti, avvocato esperto di diritto della rete e presidente dell’Acei, l’associazione per la Libertà nella Comunicazione Elettronica Interattiva.

“…Questa bozza – ha sottolineato – si propone di far diventare la Siae unico collettore dei diritti, e di conseguenza gli autori non iscritti vengono privati della possibilità di negoziare i loro diritti. Inoltre, cerca di spostare sugli operatori del settore le conseguenze economiche dei fatti commessi dai singoli utenti. Come a dire che per eccesso di velocità dovrebbe essere responsabile la società Autostrade o il Comune e non chi è andato a 200 km orari”.

“Si vuole affrontare il problema secondo un modello un po’ vecchio“, ha commentato Nicola D’Angelo, consigliere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che ha aggiunto: “…E’ giusto tutelare il diritto d’autore, ma anche salvaguardare l’accesso ai contenuti, che è uno dei capisaldi di internet. E, vista la globalizzazione, non ci dovrebbe essere una regolamentazione solo nazionale, dovrebbe essere fatta in sede internazionale, o quanto meno comunitaria”.

 

“…Questa iniziativa di cui sono ancora nebulosi sia gli autori che i contorni mi sembra un atto di arretratezza culturale e di prepotenza politica“, ha scritto sul sito di Articolo 21 il professor Stefano Rodotà in merito al documento circolato in rete.

“…Si cerca di far cadere sugli internet provider responsabilità che non sono proprie facendone o i guardiani impropri di internet con un compito censorio oppure, per bloccare il loro carattere concorrenziale rispetto ai media tradizionali. L’attacco a YouTube – ha osservato Rodotà – avviene in un paese, unico al mondo, dove una società privata (Mediaset) ha chiesto 500 milioni di risarcimento. Quindi il governo interviene in una materia che vede un’impresa del presidente del Consiglio in conflitto giudiziario con YouTube. Un fatto ricorrente”.

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