NGN. De Julio (Italtel): ‘Passare ai fatti per salvaguardare i grandi giacimenti di eccellenze e competenze industriali’

di Alessandra Talarico |

Italia


Umberto De Julio

Continuano alla IX Commissioni trasporti della Camera le audizioni dei protagonisti italiani delle tlc nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’assetto e sulle prospettive delle reti di telecomunicazioni.

 

Queste reti, al pari di strade, aeroporti, energia elettrica e altre infrastrutture ‘tradizionali’, sono un perno centrale per il futuro sviluppo del Paese e da queste audizioni, che vanno avanti da quasi un mese e continueranno ancora nelle prossime settimane, emerge sempre più chiaramente la necessità di aprirle a una pluralità di soggetti e tecnologie.

 

E mentre l’Agcom è impegnata a valutare gli impegni di Telecom in favore di una maggiore apertura della rete, i rappresentanti delle aziende di settore sono chiamati a esporre alla Commissione la loro visione di come dovrebbe essere impostato lo sviluppo della rete di prossima generazione.

 

Stamani è stato ascoltato anche il coordinatore dell’Advisory board di Italtel, Umberto De Julio, che ha sottolineato la necessità di accelerare lo sviluppo delle reti di nuova generazione, sulle quali si gioca “il futuro della competitività del Paese”.

È urgente passare dalle manifestazioni di intenzioni ai fatti concreti”, dunque, per non disperdere i “grandi giacimenti di eccellenze e competenze industriali” presenti nel nostro Paese, prendendo anzi spunto dallo sviluppo delle NGN per valorizzare i talenti nostrani e magari “proiettarli sui mercati globali”.

 

Sì, perché l’Italia è fra i maggiori ‘consumatori’ di tecnologie, ma è ancora al palo per quanto riguarda lo sviluppo di infrastrutture alternative a quelle di Telecom, che consentano di accedere alla larghissima banda attraverso la fibra ottica o le tecnologie wireless come il Wi-Fi o il WiMax e di comunicare a velocità dell’ordine di grandezza dei 100 Mbit/s.

 

Se, da un lato, può considerarsi positivo il fatto che anche nel nostro Paese si sia instaurato, per dirla con De Julio, “un clima positivo di coesione e di volontà di agire” a tutti i livelli – politico, industriale, regolatorio, di mercato – rimane però il fatto che se ne stia ancora solo “parlando”, mentre in tutti i Paesi più avanzati si è già passati ai fatti.  

Il gap del nostro Paese, se non si riusciranno a fissare al più presto regole chiare e obiettivi condivisi , rischia dunque di crescere invece che di ridursi, visto che, come ha sottolineato anche De Julio, per una diffusione capillare delle NGN “ci vorranno almeno 10 anni”.

 

Per questo, “le aziende del settore si attendono da Governo e Parlamento una forte spinta propulsiva per poter collaborare al grande progetto di rilancio del Sistema Paese: un progetto che coinvolga una pluralità di soggetti, a partire dalle Authority, che dovranno fissare regole chiare, e dagli enti locali che dovranno facilitare e coordinare la realizzazione fisica della nuova infrastruttura”.

“La necessità di dotarsi di un’infrastruttura di rete di nuova generazione, decisiva per la competitività del sistema economico e sociale – ha quindi aggiunto De Julio – è acquisita in tutti i Paesi più avanzati del mondo. I singoli Governi, anche se con modalità diverse, hanno compreso la necessità di un intervento pubblico a sostegno dei progetti”.

“Per l’Italia – ha concluso – la posta in gioco è altissima e riguarda la possibilità di recuperare competitività e produttività del sistema industriale e della Pubblica Amministrazione.”

 

Al momento, però, nei fatti siamo ancora di fronte a un muro contro muro tra Telecom, che considera sufficienti gli impresi presentati contestualmente alla realizzazione di Open Access e non vuole sentire parlare di separazione funzionale, e tutti gli altri player che giudicano questi impegni inaccettabili ai fini di una maggiore apertura del mercato e vorrebbero che anche in Italia si adottasse il modello britannico di Openreach.

 

Ieri, l’Ad di Telecom Franco Bernabè, di fronte alla stessa Commissione, ha spiegato che una separazione societaria imposta per legge metterebbe a rischio gli investimenti nello sviluppo – 10,4 miliardi di euro – in quanto “Telecom Italia ha oggi 43 miliardi di debito lordo, 37 miliardi di netto e quasi 30 miliardi di bond sul mercato”. Ragion per cui “quelli che hanno sottoscritto questo debito hanno come garanzie le infrastrutture e gli investimenti che telecom ha realizzato nel passato”.

Ogni operazione che modifichi strutturalmente Telecom Italia va dunque “verificata con quelli che hanno prestato i soldi a Telecom”.

Bernabè ha comunque assicurato che la situazione debitoria del gruppo è “tranquillizzante” anche nell’attuale contesto di crisi dei mercati finanziari, dal momento che la società dispone di liquidità sufficienti a vivere per i prossimi 24 mesi senza ricorrere al mercato.