Pedofilia: dalla Ue, 55 mln per proteggere i bambini. Dati allarmanti, mentre cresce il traffico di droga online e il grooming  

di Raffaella Natale |

In Italia: 205 arresti, 4 mila denunce, 207 mila siti monitorati, blacklist con 163 indirizzi.

Unione Europea


Pedofilia Internet

Pedopornografia e web, un binomio da paura. E i dati lo confermano. Secondo Eurobarometro, due bambini su tre fra i 10 e gli 11 anni hanno accesso a internet. Tra i 12 e i 13 anni, la percentuale sale all’85%. Nell’età compresa tra i 12 e i 15 anni, il 74% utilizza giornalmente internet per almeno 3 ore. E “…praticamente tutti i bambini intervistati hanno risposto di essere stati esposti accidentalmente ad immagini pornografiche”.

 

L’Interpol ha stimato che ogni anno vengono offerte online almeno 500 mila nuove immagini pedopornografiche originali, e si contano 550 mila immagini di abusi su 20 mila bambini, di cui solo 500 sono stati identificati e salvati dal 2001. Sono oltre 200mila i siti che offrono immagini di bambini. E le vittime sono sempre più piccole: l’età media stimata dei bambini sfruttati è passata dai 10 anni del 2003 ai 7 anni del 2007, con punte di età a volte molto più basse.

 

Numeri da brividi, quelli presentati ieri a Roma nella sede dell’Italia per il Parlamento europeo, dall’eurodeputato Roberta Angelilli (Pdl), dal professor Vincenzo Mastronardi e dal direttore della Polizia postale, Domenico Vulpiani.

Cifre allarmanti, che ci mettono sotto gli occhi un quadro sul quale bisogna intervenire prontamente. La Ue non accetta mezze misure e porta avanti il progetto “Safer internet“, con iniziative legate alla protezione dei minori che utilizzano internet e le nuove tecnologie.

 

Un finanziamento da 55 milioni di euro per il periodo 2009-2013 che, come ha spiegato la Angelilli, relatrice del programma, serviranno “a creare un database europeo per la raccolta di immagini pedopornografiche, all’individuazione dei sistemi di tracciabilità dei movimenti finanziari e alla creazione di sistemi di blocco dei pagamenti online”.

 

In progetto anche la realizzazione di un marchio comune “children friendly“, “attribuibile a dei siti considerati come sicuri per i minori e per le famiglie e posti sotto il controllo degli stessi provider”.

Marchio che sarà applicato anche con sistemi di blocco e filtraggio alle chat. Nel mirino del “Safer internet”, oltre alla pedopornografia, le nuove modalità di molestia e sfruttamento che possono verificarsi online: dal cyber-bullismo, che usa immagini, sms ed mms o social network come YouTube, al Grooming, tecnicamente l’adescamento da parte di adulti che utilizza tecniche subdole di manipolazione psicologica per arrivare a tutte le forme di istigazione alla violenza, all’anoressia (in Italia ci sono 200mila minorenni affetti da questo disturbo), al suicidio.

Questa tecnica è utilizzata in Internet soprattutto nelle chat-room, nei Forum e nei Newsgroup. Le vittime più probabili sono le bambine dai 13 ai 17 anni.

 

L’età media stimata dei bambini vittime della pedofilia passa dai 10 anni del 2003 ai 7 anni del 2007, con punte di età talora molto più basse.

Internet Watch Foundation (organizzazione britannica no profit), segnala un aumento del 16% degli abusi contro i minori su internet soltanto nell’ultimo anno. Solo nel Regno Unito, nel periodo 1997-2005, il numero di siti con materiale pedopornografico è aumentato del 1500%.

 

Crescono, inoltre, a dismisura gli introiti illeciti, stimati in oltre 4 miliardi di dollari l’anno: l’accesso ad un sito pedopornografico costa in media 50 euro, e un sito pedopornografico ha in media al giorno oltre 400 clienti.

Nell’ultimo biennio inoltre si è rapidamente sviluppata la contaminazione pedofila dei sistemi peer-to-peer, ormai il principale canale di scambio alternativo a quello del pedo-business.

Una piaga, che è particolarmente europea (il 61% dei clienti) e che non risparmia l’Italia, dove però la Polizia Postale ha attuato una strategia che ha stroncato il fenomeno, con 177 siti oscurati, 11 mila siti stranieri segnalati alle competenti autorità e una blacklist, sempre aggiornata, che al momento conta 163 indirizzi.

 

La polizia postale ha arrestato 205 persone e ne ha denunciate altre 4 mila nell’ambito della lotta alla pedopornografia, monitorando oltre 270 mila siti. I dati, aggiornati al giugno 2008, sono stati presentati da Domenico Vulpiani. Sono state circa 4 mila le perquisizioni effettuate, 60 le operazioni internazionali.

 

Secondo Vulpiani , “esiste un ‘modello italiano’ nella lotta alla pedopornografia, in particolare quella via web, da esportare nel mondo, fatto di professionalità, ma anche di una nazione che ha fatto molto”. In particolare, ha citato le tre leggi che rappresentano strumenti efficaci di azione ma anche “l’opinione pubblica sensibile” a questi temi.

“…Voglio lanciare un messaggio: noi, con i nostri colleghi di tutto il mondo con i quali siamo collegati in rete, siamo sopra a queste persone – ha concluso Vulpiani – e non solo ai pedofili, ma anche a chi commercia droga via internet”.

 

Contro la pedopornografia su internet e per la sicurezza dei bambini online serve, secondo Angelilli, “un approccio multilivello” e anche il parlamento deve fare la sua parte, accogliendo il programma “Safer internet 2009- 2013″ . “L’Italia parte dal lavoro fatto dalla Polizia Postale che ha un valore positivo a livello internazionale”.

 

Nell’incontro che Angelilli ha avuto con le associazioni di settore, Save the Children, Moige, Epcat e Telefono Azzurro, è emersa la necessità che anche le famiglie, la scuola e i provider siano coinvolti. In particolare le famiglie, secondo un’indagine svolta nel Lazio dal Moige, sono preoccupate (76%) ma soltanto un genitore su dieci ne è consapevole.

 

Dai decreti di perquisizione domiciliare effettuati dal N.I.T su segnalazione di Telefono Arcobaleno, la Regione Lazio risulta in terza posizione rispetto al resto d’Italia con ben 61 decreti di perquisizione nel solo 2007. Tra le regioni più a rischio pedofilia sono quelle del Nord Italia: in testa con 121 decreti di perquisizione, la Lombardia.

 

Non solo, ma nella Rete si nascondono altre insidie, come istigazione alla violenza e all’autolesionismo. Nel rapporto “Child and teenage suicide in Europe: a serious public-health issue, presentato al Consiglio d’Europa nell’aprile 2008, si sottolinea il ruolo dei blog che permettono di creare una sorta di comunità virtuale in cui si discute del suicidio senza nessun intervento medico o di un adulto, fino a diventare una soluzione romantica al malessere quotidiano. A Bridgend, in Inghilterra, in pochi mesi sette giovani si sono suicidati lasciando degli epitaffi su un social network nella ricerca di una probabile e perversa illusione di immortalità su Internet.

 

Inoltre un recente studio britannico delle Università di Bristol, Oxford e Manchester, dimostra che la Rete può essere un pericoloso veicolo di informazioni per l’adolescente che intende suicidarsi. Attraverso una ricerca sui principali motori di ricerca (Google, Yahoo, MSN e Ask) di 12 semplici parole relative al suicidio, gli studiosi hanno analizzato i risultati: analizzando le prime dieci risposte di ogni ricerca sono stati trovati 240 siti differenti, di cui circa la metà dava informazioni sui metodi di suicidio. Solo il 13% dei siti era dedicato alla prevenzione.

 

Internet, sottolinea il Rapporto, ha anche responsabilità nell’aumento dei disturbi alimentari e soprattutto nella creazione di una “subcultura anoressica”. In Italia ben 2 milioni di persone sono anoressiche e bulimiche. In particolare si assiste ad una nuova tendenza in aumento per i maschi di età compresa tra i 13 e i 17 anni, che rappresentano il 10% delle persone affette da questo disturbo. L’Università di Torino ha contato 300mila siti “Pro-Ana” o “Pro-Mia”, diminutivi rispettivi per anoressia e bulimia.

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