Frequenze Tv al centro del dibattito parlamentare: Romani fa la conta mentre l’opposizione chiede al governo un pronto intervento

di Raffaella Natale |

Italia


Frequenze tv

Rai e Mediaset controllano soltanto metà delle frequenze analogiche censite da poco dall’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni in collaborazione con il ministero delle Comunicazioni.

E’ quanto ha dichiarato il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani, illustrando al Senato l’emendamento in materia di frequenze televisive al decreto in materia di obblighi Ue, finito al centro delle polemiche nel corso del dibattito alla Camera e modificato dal governo per consentirne l’approvazione.

“…In base al catasto delle frequenze – ha detto Romani – Rai e Mediaset ne gestiscono insieme circa il 50%: in dettaglio, la Rai ne controlla il 19%, Mediaset il 22%. Il 40% è gestito invece dalle emittenti locali. Mi sembra un dato diverso rispetto a chi parla ancora di duopolio”.

 

Quanto alla distribuzione delle frequenze digitali in Sardegna, prima regione passata completamente alla nuova tecnologia, il sottosegretario ha ricordato che “…su circa 35 multiplex digitali, solo un terzo è stato assegnato a Rai e Mediaset; più di un terzo è andato alle emittenti locali, il restante terzo, cioè 10 multiplex, è stato assegnato ad altri soggetti come Telecom, Rete A, D-Free e H3G per i videofonini. Si è anche creato un ‘dividendo digitale’ di due multiplex, cioè la bellezza di dieci canali, che il ministero può attribuire a nuovi soggetti”.

Il modello adottato in Sardegna, ha aggiunto Romani, “avviato dal governo Berlusconi, proseguito dall’esecutivo Prodi e poi oggi, è stato riconosciuto come virtuoso anche dall’opposizione”.

Più in generale, il sottosegretario ha ribadito che scopo dell’emendamento al dl-Ue è “dare velocemente e concretamente risposte ai rilievi dell’Europa” che ha già avviato una procedura di infrazione a carico dell’Italia, per evitare il deferimento del nostro Paese davanti alla Corte di giustizia di Strasburgo.

 

Continua intanto la polemica sul caso Europa 7, dopo la sentenza del Consiglio di Stato.

“…Se davvero vuole chiarire i dubbi sollevati sul caso Rete4 ed Europa 7, il governo, anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, riferisca al più presto alle commissioni competenti su come intende intervenire per sopperire all’esigenza di liberare frequenze”.

E’ quanto sollecita il senatore Pd, Vincenzo Vita intervenendo nell’aula del Senato ricordando che “…la recente sentenza del Consiglio di Stato afferma esplicitamente che le frequenze che due concessionarie televisive nazionali e del gruppo Centro Europa 7 non hanno, vanno ricercate e attribuite dal governo”.

 

“E’ augurabile, quindi – ha aggiunto Vita – che l’esecutivo riferendo alle Commissioni competenti del Parlamento, voglia finalmente mettere mano ad una vexatissima quaestio che altrimenti ci trasciniamo, non permettendo al nostro sistema di fare quel salto di qualità indispensabile ad un Paese maturo. Il testo del decreto è stato infatti corretto su pressione dell’opposizione, ma tuttora non chiarisce alcune fondamentali questioni. Siamo passati, sostanzialmente, dalla brace alla padella”.

 

“Infatti – ha continuato – mentre chiarisce uno dei punti dell’infrazione comunitaria, cioè il passaggio dalla accezione di ‘licenza’ a quella di ‘autorizzazione generale’ non chiarisce pressoché nulla sui caratteri della transizione da analogico a digitale. Insomma, il rischio, tutt’altro che fugato anche nella presente stesura, è che si possa perpetuare quella concentrazione televisiva che nell’analogico ha già fatto tanti danni al pluralismo e che rischia di essere moltiplicata per ‘n’ volte nel passaggio al digitale”.

 

Quanto al tema del reperimento delle frequenze, prosegue ancora Vita “…quelle libere sono forse poche sulla carta, ma con una ricerca più precisa si riveleranno probabilmente assai maggiori di quanto si supponga. Su questo il governo deve fare chiarezza: questa vicenda non può rimanere appesa ad un filo esile, ad una mera dichiarazione di intenti. E non si dimentichi che Rete4 fu nel nostro ordinamento considerata eccedente”.

 

“In ogni caso – ha concluso Vita – è evidente che ci troviamo di fronte a un ‘caso di scuola’ di conflitto d’interesse avendo a che fare per via diretta con il suo Presidente del Consiglio: egli è infatti lo stesso che si trova ad attribuire le frequenze ad un’emittente concorrente, togliendole eventualmente ad una di sua proprietà”.

 

Corrado Calabrò, presidente dell’Agcom, riguardo alla sentenza del Consiglio di Stato, ha affermato: “…la applicheremo sino alle virgole per la parte che ci riguarda. La sentenza è di ampio respiro, faremo tesoro dei principi che vi sono contenuti ma il legislatore deve rifarsi a questi principi per ripristinare la legittimità. Vedremo se ci sono frequenze disponibili oltre quelle messe a gara dal ministero”.

 

Il prossimo passo spetta quindi al governo che dovrà mettere ordine sul caso, nel rispetto della sentenza della Corte di Giustizia Ue.

Per quanto riguarda il risarcimento? Per la giustizia amministrativa: 2,169 miliardi in caso di attribuzione delle frequenze, 3,5 miliardi in caso contrario.

La decisione arriverà dopo la risposta del governo e l’udienza è prevista per il 16 dicembre, quando dovrebbe essere pervenuta anche la documentazione aggiuntiva chiesta al ministero e all’Agcom (entro il 15 ottobre).

  

Ritenuto “tardivo” e respinto invece il ricorso di Europa 7 che puntava ad annullarne l’autorizzazione a trasmettere di Rete4.  

I giudici reputano “inammissibile” la richiesta di Europa 7 di condannare direttamente il ministero dello Sviluppo economico – che ha assorbito anche le competenze del dicastero delle Comunicazioni – a un “facere” specifico, cioè all’assegnazione della rete o delle frequenze.

La “strada corretta” da seguire, spiegano, è la richiesta al ministero di “porre in essere ogni adempimento necessario all’attribuzione di frequenze e di reagire contro l’eventuale inerzia o diniego espresso”.

 

A questo punto il ministero, “unitamente all’Autorità“, dovrà “rideterminarsi sull’istanza di Europa 7″, “con piena applicazione della sentenza della Corte di Giustizia”.

Il ministero dovrà chiarire, tra l’altro, come ha risposto all’attuale sentenza del Consiglio di Stato; quali frequenze si sono rese disponibili dal 2000 a oggi e quali modalità di assegnazione sono state adottate; qual è la situazione della concessione di Europa 7, che secondo l’amministrazione è scaduta nel 2005 (aspetto sul quale pende ancora un contenzioso di primo grado). Anche l’Autorità dovrà produrre una relazione su tali questioni, precisando i motivi per cui non ha adottato il piano frequenze, come prevedeva invece la concessione rilasciata a Europa 7. Infine, la stessa Europa 7 dovrà documentare l’attività svolta dal 1999 con i relativi bilanci, spiegando tra l’altro perchè non ha partecipato alla gara per l’assegnazione di frequenze bandita dall’ex ministro Paolo Gentiloni nel 2007. 

 

 

 

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