Pirateria: ISP e telco collaborino con le major per salvare l’industria musicale. Lo chiede anche il manager degli U2

di Alessandra Talarico |

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McGuinness e Bono Vox

L’industria della musica dovrebbe indirizzare la battaglia contro la pirateria verso quelle società che hanno “costruito business multimiliardari sui contenuti senza pagarli”.

È questo il pensiero espresso da Paul McGuinness, manager della rock band irlandese U2.

 

Di fronte alla vasta platea del Midem, McGuinness ha spiegato che finora l’industria musicale ha erroneamente puntato il dito verso i singoli utenti dei servizi di file-sharing, quando la pressione va invece indirizzata verso quelle società – gli ISP, le telecom, i costruttori di dispositivi – che hanno lucrato sui “piccoli crimini” commessi dagli utenti.

 

Tra i ‘colpevoli’, McGuinness cita le maggiori corporation dell’industria hi-tech, da Microsoft a Google, da Vodafone a Apple, da Yahoo! a Facebook.

Queste società, spiega il manager, dovrebbero aiutare a “salvare l’industria della musica” e non semplicemente limitandosi ad accettare “con riluttanza” accordi sulla condivisione dei profitti, ma “raccogliendo parte dei guadagni per destinarli all’uso e alla vendita dei nostri contenuti”.

 

Parlando all’evento sponsorizzato dall’International Music Managers’ Forum, McGuinness si è rivolto, in particolare, agli ISP.

 

I fornitori di accesso a internet possono aiutare le major, dal momento che – ha spiegato McGuinness – “la loro capacità di bloccare diverse attività, quando si tratta, ad esempio, di contenuti controversi dimostra che gli ISP possono anche indirizzare la loro attenzione agli utenti del P2P”.

 

La richiesta di maggiore collaborazione rivolta da McGuinness agli ISP arriva nel momento in cui anche in Francia è stato siglato un accordo che li chiama in causa nella lotta contro la pirateria musicale su internet.

 

Secondo i termini di questo accordo, gli ISP dovranno avere un ruolo molto attivo nella lotta alla pirateria via internet, con azioni di sensibilizzazione, ma anche con interventi mirati nei confronti degli utenti colpevoli di scaricare illegalmente musica dalla Rete. Gli ISP saranno chiamati a inviare messaggi d’avvertimento ai loro abbonati, sul punto di fare pirateria sulla Rete e a disdire “gli abbonamenti degli utenti che hanno subito una condanna” per aver commesso furti in Internet di materiale protetto da copyright.

 

Inoltre, non dovranno più essere mandati in onda degli spot pubblicitari che tendano ad associare la banda larga al downloading illegale.

 

Le parole di McGuinness hanno ovviamente riscosso un grande successo tra i partecipanti al Forum, in particolare tra i rappresentanti delle diverse associazioni che ruotano attorno all’industria musicale: l’internazionale IFPI (International Federation of Phonographic Industry), le britanniche British Phonographic Industry e British Music Rights, l’americana Recording Industry Association of America (RIAA).

 

Secondo McGuinness, l’unico modello di business per garantire un futuro all’industria discografica tradizionale consiste nell’offerta, da parte degli ISP, di servizi musicali legali uniti all’abbonamento e nella condivisione dei profitti tra i distributori e i proprietari dei contenuti.

 

Secondo gli ultimi dati IFPI, le vendite di musica digitale sono cresciute del 40% da 2,1 a 2,9 miliardi di dollari. Ma quest’aumento da solo non è in grado di bilanciare le perdite delle vendite dei supporti tradizionali – Cd, cassette, vinili – passate da 17,5 a 15 miliardi di dollari.

 

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