Il presente e il futuro delle imprese radio-Tv private. Mannoni (Agcom), ‘La retorica della concorrenza non diventi un alibi per chi esita a confrontarsi sul mercato’

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Pubblichiamo l’intervento del Prof. Stefano Mannoni, Consigliere Agcom, all’assemblea FRT (l’associazione di categoria degli imprenditori radiotelevisivi privati italiani) ‘Presente e futuro delle imprese radiofoniche e televisive private’. Roma, 22 gennaio 2008

 

Signor Ministro, Signori Presidenti,

sono lieto di portare il saluto del Presidente Corrado Calabrò e del consiglio dell’Agcom a questa Assemblea. Ma soprattutto desidero dirvi grazie per avere corrisposto all’invito che vi avevamo rivolto di aiutarci.

 

Senza la responsabile cooperazione di cui avete dato costantemente prova  il bilancio dell’autorità non sarebbe così lusinghiero, a testimonianza della fondamentale verità che se le imprese hanno bisogno di un regolatore efficiente, questi può conseguire standard elevati solo confidando nel sostegno delle imprese.

Il nostro successo è quindi anche un vostro successo. Sono i fatti ad attestarlo. Ricorderete le parole del presidente Corrado Calabrò quando nella relazione annuale al parlamento 6 mesi or sono aveva annunciato la realizzazione di un catasto nazionale delle frequenze radiotelevisive, la revisione del piano di assegnazione delle frequenze,  le regole per l’accesso dei terzi al 40 % della capacità trasmissiva.

Ebbene oggi l’Autorità si presenta davanti a voi coniugando i verbi al passato e non al futuro, dicendo “abbiamo fatto” e non “faremo”. Ditemi se è poco in un frangente nel quale stando a un sondaggio  recente  solo un cittadino su quattro crede nel governo e nel parlamento. Non penso di eccedere in autoindulgenza dicendo che la credibilità l’Agcom l’ha conquistata sul campo intrecciando un dialogo con le imprese ispirato al rispetto reciproco. E questo perché la cifra del nostro lavoro è quella di promuovere lo sviluppo del digitale terrestre assecondando le forze storiche del sistema e correggendone le distorsioni.

 

Al tavolo della Sardegna sono state fugate  tanto le apprensioni di chi credeva che il disegno sarebbe stato all’insegna di  un “bisogna che tutto cambi perché nulla cambi” tanto la trepidazione di chi paventava una anacronistica resa dei conti. Non vi è stata né continuità, né anno zero ma pragmatica sintesi tra il rispetto di una morfologia industriale che è parte dell’identità del paese e l’apertura ai valori del pluralismo i quali hanno trovato un riconoscimento senza precedenti.

 

Questo traguardo è stato possibile innanzitutto per l’assidua opera di ascolto e mediazione dei nostri funzionari. Anche nei momenti di maggiore esasperazione dei sacri egoismi, l’Autorità non ha mai perso la pazienza. Nessuno ha imitato quel diplomatico americano che al tavolo dei negoziati di Parigi quando i nordvietnamiti passavano il segno gettava sul tavolo l’apparecchio acustico – eppure qualcuno di voi sa bene se la tentazione non vi sia stata! Non tolgo nulla ai nostri collaboratori se dico che qualche merito deve essere ascritto anche al Presidente Calabrò e al Consiglio dell’Agcom che hanno aperto il procedimento con una delibera accurata e chiuderanno il cerchio recependo i risultati del tavolo.

 

Quella che è considerata da alcuni una debolezza dell’Autorità, ossia la circostanza che culture e sensibilità distinte siano rispecchiate nel suo Consiglio, si è rivelata una forza nel momento in cui ha dimostrato di sapere elaborare una sintesi alta, trascendendo le convinzioni di ognuno per riconoscere le ragioni dell’altro. Naturalmente non intendo passare sotto silenzio la proficua collaborazione con il Ministero, con il quale molto è stato realizzato in positiva sinergia. Le increspature del rapporto che pure vi sono state, prima fra tutte l’intempestivo e approssimativo bando di gara delle frequenze, non bastano a intaccare la fiducia nella solidità di una cooperazione che è nell’interesse di entrambi. Ed è giocoforza riconoscere anche il contributo del comitato Italia digitale, che è servito da utile anticamera per la decantazione di umori e opinioni in vista delle decisioni che ci competevano.

 

A questo punto la domanda è: che cosa ci ha insegnato il tavolo della Sardegna?

Per cominciare  la regolazione funziona se non è piegata a scopi diversi dai suoi. Non giova il crescendo di rivendicazioni indirizzate da qualche impresa all’Agcom, come se le regole fossero un palliativo per le inadeguatezze industriali. Ci farebbe piacere se le frustrazioni fossero sfogate altrove, non coltivando l’ambizione di divenire il terminale dei malumori per inefficienze che non è nostro compito compensare non essendone responsabili. In altre parole la retorica della concorrenza non deve divenire un alibi per chi esita a confrontarsi sul mercato e preferisce la scorciatoia dell’escalation con le istituzioni. Né tanto meno è nostro compito impedire a qualcuno di essere migliore di un altro.

 

In secondo luogo occorre chiedersi quale cura richieda un mercato che alla fine della giornata si rivela più dinamico e flessibile di quanto si era creduto o affermato. Se è vero che le frequenze ci sono, se è vero – come attestano i nuovi dati del Sic che l’Agcom si accinge a rilasciare- che l’operatore satellitare continua a intercettare la crescita delle risorse, viene da chiedesi se l’attuale quarantena legislativa non sia una terapia sproporzionata ai mali del sistema. E’ una domanda che giro a tutti i presenti senza pretendere di avere la risposta. Mi vengono in mente però le parole di Giolitti il quale a chi gli chiedeva nel 1915 se all’Italia convenisse entrare in guerra rispondeva che trattando con gli Imperi centrali si sarebbe ottenuto parecchio. E nel lasciarvi a questa riflessione rassicuro le imprese del settore radiofonico: non sarete la cenerentola del digitale. Parola di Agcom.