Tv pubblica e pubblicità: il governo francese assicura, ‘La tassa sui new media non supererà l’1%’. Anche l’Italia muove i primi passi

di Raffaella Natale |

Francia


France Television

La Francia continua a interrogarsi sulla decisione del presidente e chiedersi se sia giusto o meno, come indicato dallo stesso Sarkozy, levare la pubblicità dalla Tv pubblica. E mentre il nostro Ministro delle Comunicazioni condivide la scelta e si allinea su questa posizione anche per l’Italia, cominciando a ripulire dagli spot i programmi per ragazzi, i sindacati d’oltralpe organizzano la protesta.

 

E’ corretto tassare i new media per compensare le perdite? Quali le conseguenze per le casse della Tv pubblica?

 

Stamani il Ministro francese Christine Albanel ha assicurato che la tassazione dei dispositivi in grado di ricevere la Tv, pensata per recuperare denaro per France Télévision, “non supererà mai l’1%“.

Sarkozy “ha parlato di tassa infinitesimale, vale a dire che non si supererà il tetto dell’1%”, ha assicurato il Ministro.

 

Al momento la pubblicità porta alla Tv pubblica un miliardo di euro di fatturato, per compensare le perdite il governo ha già programmato l’introduzione di una tassa sulla telefonia mobile, la fornitura d’accesso internet e la vendita dei prodotti elettronici di largo consumo in grado di ricevere la Tv in mobilità. Questa misura dovrebbe apportare tra i 170 e i 340 milioni di euro.

“Ci sono già delle risorse: le tlc mobili e gli abbonati internet porteranno intorno ai 20 miliardi di euro. Le infrastrutture televisive, computer, intorno ai 17 miliardi di euro”, ha spiegato il Ministro francese, aggiungendo che l’altra pista valutata potrebbe essere quella di “tassare le entrate pubblicitarie supplementari delle emittenti private”.

 

Riguardo alle sorti dei 320 dipendenti che lavorano nel comparto pubblicitario di France Télévision, l’Albanel ha garantito che “non ci saranno licenziamenti”, anche se spetta alla Tv pubblica la gestione di questo aspetto.

 

Per quanto concerne più specificatamente i contenuti, ha spiegato che l’obiettivo deve essere quello di fornire un servizio pubblico e spesso questa mission è stata messa da parte per inseguire l’audience.

Ha inoltre ricordato che “…bisognerà programmare il tempo che prima era occupato dagli spot“.

Il Ministro ha quindi concluso facendo presente che ci si trova davanti a “una nuova sfida”, un diverso “progetto di società“, ma non ha mancato di assicurare che si intende mantenere “una televisione per tutti”.

 

La Francia è insomma alla ricerca di nuove vie di finanziamento. Il Segretario di Stato per i Consumi, Luc Chatel, ha dichiarato: “…siamo nella fase di riflessione (…) Studieremo diverse idee possibili per i finanziamenti”.

 

In Italia, Gentiloni, che da subito ha condiviso la decisione presa dal presidente francese, ha già detto di volere eliminare la pubblicità dai programmi per ragazzi e far rispettare le regole della fascia protetta, prolungate fino alle 20 dal nuovo contratto di servizio tra Rai e Ministero delle Comunicazioni.

 

In occasione delle dichiarazioni di Sarkozy sulla pubblicità, il Ministro ha commentato: “La Tv pubblica deve differenziarsi da quella commerciale, se vuole mantenere le ragioni della propria esistenza. E differenziarsi è una pia illusione se c’è un eccesso di dipendenza dalla pubblicità”. 

“Tra i maggiori sistemi televisivi europei ci sono delle belle differenze, e nessuno può pensare di cancellarle. La Rai – ha spiegato il Ministro – è la Tv pubblica con maggiori ascolti e il maggior numero di reti generaliste; ed è anche quella con più pubblicità.  La Bbc non ha pubblicità; nelle due reti pubbliche tedesche la presenza pubblicitaria è marginale. La Tv pubblica francese è, dopo la Rai, quella che più dipende dalla pubblicità (il finanziamento pubblico copre circa il 60%, contro il 50% della Rai). Per Sarkozy avere tanti spot non è un vantaggio per le reti pubbliche, e credo abbia ragione”.

 

“Vedremo le risposte francesi al problema – ha concluso Gentiloni – Da noi, la riduzione del peso della pubblicità almeno in due delle reti Rai è tra i compiti della Fondazione su cui si discute in Senato. Un obiettivo da collegarsi al tetto antitrust alla raccolta pubblicitaria (altrimenti, in regime di duopolio, la riduzione della pubblicità Rai avrebbe un beneficiario unico) e alla prossima introduzione dell’indice di qualità dei programmi Rai, per evitare che ascolti e relativi contatti pubblicitari siano l’unico criterio di scelta della programmazione della Tv pubblica”.

 

Ma dalla Francia le risposte che arrivano non sembrano buone. La decisione di Sarkozy non è piaciuta a tanti: i produttori cinematografici francesi hanno già espresso parere contrario.

Dopo il Blic (Bureau de liaison des industries cinématographiques), l’UPF (Union des producteurs de films), lo SPI (Syndicat des producteurs indépendants) e la SACD (Société des auteurs et compositeurs dramatiques), l’APC (Association des producteurs de films) ha espresso le sue preoccupazioni in una lettera al presidente.

 

Ricordando che “…il servizio pubblico è una pietra miliare del finanziamento e dell’esposizione (…) del cinema francese” e che ha “la missione di sostenere la qualità e la diversità della produzione cinematografica indipendente”, l’APC sottolinea “l’insufficienza attuale dei finanziamenti“.

“…Non vediamo come sia possibile riuscirci attraverso i nuovi meccanismi di finanziamento da lei evocati”, ha precisato l’APC, che ha chiesto a Nicolas Sarkozy di riesaminare l’opportunità del progetto laddove i mezzi non siano all’altezza.

 

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