Telecom Italia: Rossi escluso dalla lista per il Cda, mentre Calabrò chiede più poteri per accelerare lo scorporo della rete

di Alessandra Talarico |

Documento di consultazione sulla separazione della rete infrastrutturale di Telecom entro aprile. La conclusione dell'iter attesa per fine 2007

Italia


Marco Tronchetti Provera

Il Governo non fa cordate per telefono – come ha sottolineato il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni ieri a Ballarò a chi gli chiedeva se ci sono contatti in corso con banche o aziende italiane – ma la cornetta è stata alzata per parlare con i pretendenti americani di Telecom Italia. Dei contatti telefonici “molto utili, che proseguiranno nei prossimi giorni”, ha dichiarato il ministro.

Chissà che si saranno detti. E mentre noi continuiamo a fare supposizioni e ai piani alti ancora si litiga sull’opportunità di far finire il maggior gruppo italiano nelle mani di uno straniero, Olimpia ha reso nota la rosa dei candidati alla carica di consigliere di amministrazione di Telecom, che verrà proposta alla prossima Assemblea Ordinaria convocata per il 15-16 aprile.

 

La lista di 17 candidati non presenta il nome di Guido Rossi, attuale presidente del gruppo e include: Carlo Alessandro Puri Negri, Claudio De Conto, Luciano Gobbi, Gilberto Benetton, Gianni Mion, Carlo Orazio Buora, Riccardo Ruggiero, Aldo Minucci, Renato Pagliaro, Paolo Baratta (indipendente), Diana Bracco (indipendente), Domenico De Sole (indipendente), Luigi Fausti (indipendente), Jean Paul Fitoussi (indipendente), Pasquale Pistorio (indipendente), Francesco Gori e Lucio Pinto.

 

Proprio stamattina, dalle pagine del Sole 24 Ore, Guido Rossi faceva comunque sapere di non aver intenzione di lasciare la carica di presidente di Telecom Italia e di volersi comunque presentare all’assemblea degli azionisti anche se non inserito nella lista dei candidati al Cda.

 

In Borsa, intanto, il titolo Telecom continua a essere protagonista di una giornata sostanzialmente piatta, toccando un nuovo massimo (2,475 euro) dall’inizio dell’anno e trascinando anche Mediaset, rilanciata dall’apertura di alcuni membri del Governo che vorrebbero coinvolgere il gruppo nella partita Telecom Italia.

Rialzo contenuto, comunque, all’avvicinarsi della fine della seduta, quando il titolo segnava un +0,40% a 2,38 euro dopo aver toccato un incremento superiore al 3%.

 

Ad alimentare gli scambi, anche le indiscrezioni di un’alternativa europea al duo AT&T-America Movil. Tra le società coinvolte nei rumors in vista di un eventuale partecipazione a una cordata insieme a imprenditori o istituti finanziari italiani, rispunta la spagnola Telefonica ed entrano France Télécom  e Deutsche Telekom, che però preferiscono non commentare, come abitudine, le voci di mercato.

Così come non commenta il premier Romano Prodi, che si trincera dietro un laconico “non parlo”, forse anche perché sono stati in molti a tirare nuovamente in ballo il famigerato ‘piano Rovati‘, elaborato da quello che era il suo più fedele consigliere politico-economico, costretto a dimettersi dopo che il suo ‘studio’ sul riassetto di Telecom, consegnato riservatamente a Marco Tronchetti Provera, fini pubblicato sulla stampa facendo divampare le polemiche su un eventuale ingerenza politica sul futuro dell’unica compagnia telefonica ancora italiana.

 

Per scongiurare il rischio di una scalata da parte di investitori finanziari, anche esteri, il piano suggeriva lo scorporo della rete fissa, il suo passaggio alla Cassa Depositi e Prestiti e la sua successiva quotazione. Un po’ come era avvenuto per Terna, l’ex rete Enel.

 

La questione della separazione della rete è molto delicata e al lavoro c’è una task force istituita dall’Agcom che dovrebbe concludere il suo lavoro, ha dichiarato il presidente Corrado Calabrò, entro la fine dell’anno. “Entro aprile sarà reso pubblico un documento di consultazione per poi aprire il confronto e arrivare a un impegno vincolante per l’operatore entro la fine dell’anno”. Calabrò parla dello scorporo come di un “problema enorme” e per uscire dall’impasse non esclude di chiedere al governo maggiori poteri, se il clima all’interno della società dovesse cambiare.

Guido Rossi, infatti, si è finora dimostrato molto disponibile al dialogo ma, ha spiegato Calabrò, “se cambia il clima chiederemo al governo poteri più incisivi”.

“Certo – ha continuato – se ci fosse l’accordo sarebbe meglio, ma è necessario che gli altri siano d’accordo”.

Riguardo, nello specifico, al lavoro della task force, Calabrò ha aggiunto: “Telecom con uno schiocco di dita può coinvolgere i maggiori esperti mondiali, noi siamo sempre gli stessi, ottimi, ma pochi”.

Allo stesso modo, la società, ha aggiunto il presidente Agcom, “dovrebbe avere il coraggio per qualche anno di non ripartire i dividendi e destinarli a investimenti”.

Un passo essenziale, ma fin qui praticamente ignorato dai dirigenti, se si vuole assicurare un futuro al business nella società dell’informazione.

 

Mentre esponenti del governo tirano in ballo l’opportunità di usare la golden share per preservare l’italianità del gruppo e altri sostengono che nel caso contrario sarà anche il sistema industriale nazionale a rimetterci la faccia, una frecciata all’esecutivo arriva anche da oltremanica: scrive infatti il Financial Times che “il governo può compiangere solo se stesso se si ritrova spiazzato dalle astute mosse del presidente di Pirelli”.

 

Ogni tentativo del manager di “sviluppare una strategia coerente per il gruppo telefonico” sarebbe stato frustrato dal governo, spiega il FT riferendosi alla fusione Telecom-Tim, all’alleanza con la News Corporation di Rupert Murdoch, alle trattative con Telefonica.

Ora la stessa cosa si sta ripetendo per l’alleanza con gli americani di AT&T e America Movil, un piano che permetterebbe di “mettere fine alle perdite di Pirelli e assicurare, contemporaneamente, a Telecom una piattaforma industriale in un futuro globale”.

 

A questo punto, conclude il quotidiano della City, “il governo potrebbe spronare altre banche affinché si facciano avanti e superino l’offerta di americani e messicani”.

 

Uno scenario al momento poco verosimile, dal momento che ancora non si sono fatti avanti soggetti industriali o finanziari pronti a mettere sul piatto un’offerta superiore ai 2,82 euro per azione offerti dagli americani.