MVNO: condivisione delle infrastrutture di Rete e possibili scenari operativi. Giornata AICT

di Stefania Pagliara |

Guido Vannucchi (AICT): 'Alla vigilia di una nuova stagione di investimenti nella rete fissa, è importante capire quanto le nuove infrastrutture potranno e dovranno essere condivise'.

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Mvno

Di Operatori Virtuali, soggetti che offrono o intendono offrire servizi di comunicazione (fissa, mobile o televisiva) utilizzando in tutto o in parte infrastrutture non loro, in particolare per quanto riguarda la rete di accesso, si è parlato alla Giornata di Studio “Operatori Virtuali e condivisione delle Infrastrutture di Rete” organizzata lo scorso 25 Gennaio dall’AICT (Associazione per la tecnologia dell’Informazione e delle Comunicazioni).  Sotto la spinta di contenuti digitali, IP e larga banda e dell’impulso che questi hanno dato alla convergenza tra reti fisse, mobili e televisive, agli Operatori Virtuali puri, totalmente sprovvisti di una rete propria, si sono infatti di recente aggiunti anche quegli Operatori che dopo essersi sviluppati in un particolare, settore di mercato si vedono ora costretti dalla competizione e dalla domanda ad integrare ed estendere la loro offerta anche agli altri.

 

Strettamente collegato (ma non coincidente) al tema degli Operatori Virtuali è quello della condivisione da parte di più Operatori di una stessa Infrastruttura di Rete. Possono, infatti, darsi sia casi in cui una rete è comunque utilizzata da un solo Operatore Virtuale (che non la possiede), così come casi in cui più Operatori possono decidere di condividere l’uso di una stessa infrastruttura (ma anche eventualmente di realizzarla e gestirla insieme) senza per questo realmente trasformarsi in Operatori Virtuali.

Sono questi casi tipici delle aree di Digital Divide in cui le molte difficoltà tecniche, i costi elevati e la bassa densità di traffico finiscono per imporre un limite intrinseco al numero di infrastrutture economicamente sostenibili, quando addirittura non richiedono interventi pubblici di sostegno perfino per giustificare la realizzazione della prima.

 

Nel corso della giornata i due temi sono stati analizzati e dibattuti sotto una molteplicità di aspetti (fattibilità tecnica, opportunità economica, vincoli regolatori, potenziale impatto sul mercato), attraverso una sessione di interventi coordinata da Maurizio Mayer, dell’AICT in cui è stata presentata la situazione esistente e lo stato dell’arte.       

 

Nel suo intervento “Possibili scenari operativi per il lancio di MVNO in ItaliaStefano Coiro  di Ericsson ha offerto un interessante punto di vista. Che cosa può fare e che cosa sta facendo Ericsson in questo settore?

Il tema dell’MVNO è di grande interesse per l’azienda perché molte realtà di MVNOs e di Hosting Operator sono già state consentite dall’integrazione tra gli investimenti di rete e le spese operative da parte del nostro gruppo“.

Ciò ha consentito di estendere una serie di esperienze di Market Analisys, di Marketing, Business plan e Business case attraverso la practice di Ericsson Consulting.

Ericsson ha svolto negli ultimi 12 mesi, diversi tipi di analisi per vari tipi di MVNO e di MNO in Europa (attività di Go to market model, definizione di business planning, business case) ma anche in America e in Australia. Qual è la metodologia seguita?

“Si passa dalla fase di analisi del mercato dell’end-user, alla definizione del business case che tenga conto non solo della tecnologia ma anche della strategia, del piano di marketing e delle necessità operative dell’azienda anche in termini di competenze specifiche. Segue poi la pianificazione in termini di Go to market, la valutazione dei vari aspetti finanziari e poi l’implementazione ed il lancio con la misurazione operativa delle ipotesi fatte.”

 

Nel suo intervento Alberto Lotti di Alcatel-Lucent ha approfondito il tema della Condivisione delle reti di accesso, fondamentale per assicurare la concorrenza tra gli operatori, quindi l’innovazione. Secondo Lotti ci sono precisi segnali a livello internazionale (Nord America, Giappone, Corea del Sud) che fanno ritenere come imminente il passaggio dai servizi a banda larga ai servizi a banda ultra-larga, con velocità superiori a 25 Megabit/s verso l’utente. Dal punto di vista della rete di telecomunicazioni si tratta di portare la fibra ottica sempre più vicino all’utente, con tecnologie FTTN (Fiber To the Node) o FTTB/H (Fiber To the Building/Fiber To the Home).

Si tratta di un’infrastruttura strategica di comunicazione per il Sistema Paese, la cui effettiva realizzazione in tempi brevi sarà determinante per lo sviluppo dell’economia.

“…La Nuova Generazione di Accesso (NGA) – ha sottolineato – consentirà non soltanto di rimuovere il collo di bottiglia nella rete di accesso per i servizi fissi, ma sarà anche il fattore abilitante per l’introduzione della quarta generazione di comunicazioni radiomobili (…) La nuova rete di accesso richiederà la condivisione delle infrastrutture tra diversi operatori, principalmente per stimolare la concorrenza e l’innovazione in un contesto di mercato sano.”

Tuttavia più la fibra ottica si spinge verso l’utente, più è difficile realizzare questa condivisione. Al momento vi sono vari tipi di architettura candidati per realizzare questa nuova rete di accesso: a indirizzare la scelta sull’architettura più adatta dovranno contribuire sia un’analisi dei costi complessivi che una stima delle possibilità di condivisione della stessa. Tra le varie opzioni possibili,  la tecnologia PON e le sue capacità evolutive, in particolare verso la tecnologia WDM PON, sembrano rispondere in modo ottimale alle esigenze di sinergie di costo e possibilità di condivisione.

 

Francesco Corti di Siemens, partendo dallo scenario nazionale delle telecomunicazioni, ha sviluppato il tema delle “Condivisione delle Infrastrutture“, come strumento fondamentale per il superamento del Digital Divide.

Grazie, infatti, alle nuove tecnologie e ai nuovi paradigmi di reti e servizi, introdotti dal modello internet, si stanno creando le condizioni per lo sviluppo di architetture e modelli che sono funzionali a una diffusione economicamente sostenibile e sufficientemente capillare, anche nelle aree ad oggi trascurate dagli operatori nazionali.

Un Digital Divide “tecnologico” sembra inevitabile e destinato a perdurare nel tempo, a causa della disponibilità e conseguente dispiegamento in campo di tecnologie sempre più avanzate, destinate ad essere impiegate inizialmente in aree a densità abitativa maggiore, dove il ritorno sugli investimenti è maggiormente garantito, lasciando quindi le altre aree scoperte.

In realtà, la copertura e la capacità della rete, e quindi le relative tecnologie impiegate, devono essere funzionali alla fornitura dei servizi maggiormente discriminanti. Non va, infatti, dimenticato che gli obiettivi primari di un’infrastruttura TLC sul territorio sono la creazione e il mantenimento dell’occupazione, della crescita industriale, il miglioramento del sistema scolastico e sanitario, il controllo del territorio e del flusso di merci e persone.

 

Particolare attenzione deve essere posta, secondo Corti, nello stabilire quali elementi di un’infrastruttura sia maggiormente conveniente condividere tra più soggetti, al fine di garantire un approccio pro-competitivo, lasciando ai soggetti stessi opportunità di differenziazione. Le infrastrutture passive: dotti, fibre, cabinet, torri, frequenze, ecc. sono un tipico esempio di infrastrutture ad alto costo, indipendenti dai servizi, con lunghi tempi di ammortamento, facilmente condivisibili tra più operatori.

 

Si può inoltre pensare a una condivisione anche delle infrastrutture attive, soprattutto nelle aree maggiormente critiche in termini di convenienza economica. In questo caso gli standard hanno messo a punto modelli, quali quello del NAP (network access provider) Sharing, come leva ideale per uno sviluppo più rapido ed efficiente delle infrastrutture.

In questo modello infatti:

*Vengono separati i ruoli di Network Access Provider (NAP), che realizza e gestisce l’infrastruttura di accesso, da quello di Network Service Provider (NSP) e Application Service Provider (ASP), che offrono e gestiscono il servizio finale all’utente.

*Ciascuna infrastruttura NAP può così essere condivisa da parte di una pluralità di operatori ASP che se ne servono in modalità “wholesale” per offrire servizi a PA, Imprese e Cittadini.

*La realizzazione di un’infrastruttura di accesso NAP può quindi essere affidata anche a un soggetto pubblico (con sovvenzioni delle PA interessate), e quindi gestita imparzialmente e a beneficio di tutti.

*La condivisione delle infrastrutture, e quindi dei costi di realizzazione e gestione, consentono lo sviluppo di una reale competizione di offerta sulla base di un servizio di accesso BB minimo, universale e garantito.

 

Alessandro Capuzzello di Mediaset ha sviluppato il tema delle Possibilità di condivisione delle infrastrutture per Digitale Terrestre e Mobile-Tv, delle relative soluzioni tecnologiche e modelli di business.

I modelli di business nella Mobile TV sono di due tipi. Il primo è l’approccio di H3G che opera lungo l’intera catena del valore attraverso un modello integrato che comprende il  packaging, la trasmissione, il controllo dell’accesso condizionato e del billing (a eccezione del content provisioning che è ad oggi principalmente in outsourcing). In questo caso l’MNO costruisce la propria infrastruttura trasmissiva che si rivolge all’end-user per la sottoscrizione del servizio di DVB-H e per la vendita di contenuti in modalità Pay-per view dando poi una quota di questi introiti al fornitore di contenuti. Il secondo modello è quello degli altri operatori TIM, Vodafone, che hanno acquisito dal Broadcaster i contenuti, il packaging; la capacità trasmissiva è realizzata invece in collaborazione stretta tra il Broadcaster e gli Operatori Mobili. In questo caso l’MNO condivide l’infrastruttura trasmissiva fornita dall’Operatore Unico, con il conseguente vantaggio di non essere obbligato ad affrontare investimenti ingenti per l’acquisizione delle frequenze e la costruzione della infrastruttura.

 

Quali le problematiche dell’Operatore Unico per il Broadcasting sul piano regolamentare?

Si dovrebbe condividere un progetto industriale capace di realizzare una transizione al digitale che permetta l’ottimizzazione dello spettro elettromagnetico nel rispetto degli investimenti effettuati e dei diritti degli operatori già operanti nel settore; individuare i potenziali operatori di rete capaci e interessati a proporsi come operatore unico; realizzare uno switch-off coordinato e gestibile nei confronti dell’utenza (in termini di ampia copertura e rapidità dell’operazione); fornire un’ampia disponibilità di capacità trasmissiva per tutti gli operatori per rendere possibile l’evoluzione verso l’Alta Definizione. Sul piano tecnologico invece si dovrebbe garantire un’ampia disponibilità di capacità trasmissiva per permettere alla piattaforma digitale terrestre di competere con altre piattaforme; predisporre un piano evolutivo che consenta un rapido lancio di servizi TV in Alta Definizione e una conseguente allocazione delle risorse di banda necessarie; progettare il controllo dell’intero mercato della diffusione in Digitale Terrestre (tutte le frequenze verrebbero cedute in concessione all’Operatore Unico); stipulare contratti garantiti a lungo termine con le emittenti conferenti gli asset.

 

Nel suo intervento  Fabio Gori di Cisco ha affrontato il tema del “Ruolo di IP NGN nello sviluppo dell’infrastruttura e del modello di business degli Operatori Virtuali”.

“Il mercato sta cambiando molto velocemente e non è semplice prevederne  la direzione.” Per Cisco, l’intelligenza all’interno della rete IP NGN ha un’importanza fondamentale, deve, infatti, consentire di implementare asset flessibili e adattabili ai nuovi modelli di business, soprattutto per i carrier, in modo da sfruttare al massimo le opportunità di collaborazione con player esterni alla propria rete e che possono veicolare contenuti a valore aggiunto, sfruttando anche potenzialità di tipo premium piuttosto che best effort a seconda del tipo di relazione che i due player stabiliscono sul mercato il tutto a vantaggio dell’experience dell’utente finale.

 

Per Guido Salerno, della Fondazione Ugo Bordoni e membro dell’Advisory Board di Key4biz, l’MVNO nasce in un momento storico, cioè nel momento in cui bisogna trainare il più possibile la crescita del mercato del mobile associando altri soggetti imprenditoriali che non hanno il loro core business nella rete. “Oltre l’operatore mobile” non vuol dire negare l’esistenza ed il valore dell’operatore mobile, ma “…andare a intercettare nello sviluppo delle reti mobili gli strumenti attraverso cui più soggetti mettono insieme le proprie capacità per sviluppare il business.”

Qual è la grande sfida dell’ingegneria oggi: “…il fatto che smetteremo in futuro di parlare di mobile, broadcaster ed access, ma parleremo di Radio Based Industry e cioè di soggetti che gestiscono la rete per servizi che saranno scelti direttamente dal gestore della frequenza”.

 

Nell’ambito della successiva tavola rotonda moderata da Loredana Vaiano dell’Agcom alcuni dei principali soggetti interessati, operatori e non, hanno messo a confronto punti di vista e posizioni, piani, aspettative e strategie. Alla Tavola rotonda hanno partecipato, Manlio Cruciatti (Mediaset), Massimo Di Renzo (Pride), Ugo Govigli (BenQ), Stefano Quintarelli (Equiliber), Guido Roda (Fastweb) e Massimilano Cariola, (BT Italia).

 

Particolarmente scettico sulla figura dell’Operatore unico, Manlio Cruciatti che si interroga sul ruolo e sulle caratteristiche che l’Operatore Unico dovrebbe avere, su come va identificato, sulle competenze che dovrebbe avere e le relative expertices.

“…Mediaset sta facendo una serie di riflessioni sulle nuove tecnologie e sul fatto che tutte si basano sul video (mobile-TV, IPTV); se da queste opportunità possano venire fuori dei modelli di business vincenti lo sapremo tra cinque anni.”

 

Per Stefano Quintarelli, occorre One Network con partecipazione degli operatori.

“…In questa operazione non si pensi a limitare la concorrenza favorendo i pochi sui molti, magari limitando il WiMax e l’MVNO a pochi operatori, tra rete fissa e mobile, perché i benefici ne verrebbero irragionevolmente vanificati. Non crediamo ad affermazioni prive di fondamento che vedono operatori di servizi (Servco) come operatori di serie B che non aggiungono valore e necessariamente forzati alla scomparsa da dinamiche caratteristiche dell’industria. Così non è, come dimostrano gli MVNO che, a quanto mi risulta, sono già  22 in Germania, 17 nel Regno Unito,  15 in Francia,  17 in Olanda,  19 in Svezia,  15 in Danimarca, solo per citarne alcuni. I 15 operatori danesi servono una popolazione di circa 5 milioni di persone; in proporzione in Italia ci potrebbero essere più di 150 operatori mobili virtuali”.

“Non deve stupire – ha aggiunto – che la Danimarca sia uno dei Paesi più competitivi. La tecnologia consente la frammentazione del mercato e lo sviluppo di un mercato competitivo composto da decine di operatori, come dimostra uno studio di Ofcom, l’Autorità di regolamentazione britannica, dove operano 686 Service Providers che servono il 30% delle imprese britanniche e che, oltre alla connettività venduta, aggiungono un 53% di valore. Non male per degli operatori passivi”.

 

Per Guido Roda, lo scenario tecnologico è caratterizzato da reti mobili in grado, attraverso l’HSDPA, di fare concorrenza alle reti fisse nella connettività a larga banda, da reti di operatori fissi, in grado di dare ai clienti contenuti televisivi di alta qualità ed da broadcaster in grado di permettere l’accesso a funzioni di tipo interattivo. “In questo scenario parlare di prospettive nei modelli di business è fuori luogo“.

I modelli di business oggi esistenti si basano sul fatto che le tecnologie wired e wireless di fatto sono sostitutive con grande beneficio per i clienti che possono scegliere in un bouquet sempre più ricco le soluzioni più adatte alle loro esigenze. Fondamentale è il ruolo del regolatore che deve garantire competitività per distribuire rischi ed opportunità tra gli operatori del settore.

 

Per Massimilano Cariola, BT ha fatto una scelta che è quella di indirizzarsi ai bisogni di una clientela business. “Che cosa ci chiedono le aziende? Convergenza ed integrazione di servizi, cioè l’accesso alla rete ed alle applicazioni, in maniera semplice ed efficace. Avere un solo  terminale convergente, che sostituisca diversi device è questa la vera semplificazione.

Crediamo nella convergenza come abilitatore di servizi, in particolare servizi a valore aggiunto.”

 

Guido Vannucchi,  Presidente AICT, ha dichiarato a Key4biz: “La numerosa partecipazione e il livello del dibattito hanno dimostrato quanto siano grandi l’interesse e l’attualità dei temi trattati nel corso della Giornata, in quanto oltre il  tema specifico degli Operatori virtuali, le presentazioni hanno affrontato il tema più generale (e particolarmente caldo) della condivisione delle infrastrutture di rete”.

Alla vigilia di una nuova stagione di investimenti nella rete fissa (da una parte il piano per la larga banda recentemente annunciato da Telecom Italia, dall’altra la prossima assegnazione delle prime licenze WiMAX) è infatti importante capire quanto le nuove infrastrutture potranno e dovranno essere condivise, soprattutto per evitare il rischio di un’ulteriore aggravamento del Digital Divide“, ha detto ancora Vannucchi.

Aggiungendo, “E’ stato anche ribadito e messo in evidenza come l’accesso fisico non riuscirà mai a perdere le sue caratteristiche di monopolio naturale ed anzi questo aspetto tenderà a rinforzarsi con lo spostamento della fibra ottica sempre più verso l’utente. Di conseguenza non potendosi un Paese permettere di raddoppiare tali strutture, devono sempre più essere messe in atto tutte le possibili garanzie per un accesso paritetico sul mercato dei vari player”.

 

Vannucchi ha sottolineato a Key4biz “Sempre sulla condivisione delle infrastrutture non si poteva non parlare di quelle televisive che, se messe a fattor comune, potrebbero portare a una drastica razionalizzazione della rete distributiva, non solo in termini di copertura del territorio, ma anche e soprattutto di una migliore utilizzazione ottimale dello spettro radio. Da sottolineare, a tale riguardo, le osservazioni di  Guido Salerno sulla possibilità di pensare, almeno per il futuro, a una gestione dello spettro radio sempre più svincolata non solo dalle tecnologie ma anche della tipologia di servizi offerti”.

 

Per il presidente di AICT è risultata “Molto animata anche la discussione sugli operatori virtuali e sui vantaggi che la loro introduzione potrebbe portare sia agli utenti finali, sia anche, come già è avvenuto per la rete fissa, agli stessi operatori di rete mobile”.

Infine Vannucchi ha voluto porgere un ringraziamento particolare a Loredana Vajano dell’Agcom, “per aver saputo con le sue domande accendere e tenere vivo il dibattito finale su tutte queste tematiche malgrado la comprensibile decisione dei principali operatori di non partecipare direttamente alla tavola rotonda conclusiva, anche per non correre il rischio di ritrovarsi involontariamente seduti al banco degli imputati!”.

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