Vodafone difende Home Zone, ma per Calabrò preoccupante il clima delle tlc italiane

di Alessandra Talarico |

Italia


Vodafone

Preoccupa che i player di un settore fondamentale per l’economia e lo sviluppo come quello delle telecomunicazioni pensino a farsi la guerra – perché ormai di guerra si tratta – piuttosto che preoccuparsi di investire per garantire un servizio esteso a tutti i cittadini.

 

E così, mentre in Italia le infrastrutture, soprattutto nella banda larga dove siamo praticamente fermi al doppino in rame, sono palesemente insufficienti, gli operatori si lanciano in un conflitto che sicuro non giova a nessuno, tanto meno all’economia del Paese.

 

La cronaca recente ci riporta al contenzioso tra Vodafone Italia e Telecom Italia in merito alle offerte di rete fissa, ma – secondo il presidente dell’AGCOM Corrado Calabrò – nelle tlc italiane siamo ormai “al contenzioso dilagante su tutto”.

 

Calabrò, che esaminerà giovedì la situazione che si è venuta a creare tra le due maggiori società di telecomunicazioni del Paese, esprime in un certo senso quello che è un sentimento comune mentre, dice, l’Authority sta lavorando per predisporre la normativa per le regole delle gare di assegnazione delle licenze per il WiMax, tecnologia il cui lancio è ostacolato dal Ministero della Difesa, titolare delle frequenze.

 

“Mi preoccupa – ha dichiarato Calabrò – da una parte che ci sia una prevaricazione degli uni sugli altri e, dall’altra, che si proceda a un contenzioso così accanito fino a logorarsi”.

 

Una lotta intestina il cui ultimo capitolo è l’ennesima denuncia – stavolta presso il Tribunale Civile di Milano –  da parte di Vodafone contro Telecom Italia e che si arricchisce ogni giorno di nuove accuse e smentite.

Vodafone, di fatto, chiede ai giudici di confermare l’illegittimità del comportamento dell’ex incumbent italiano che ostacolerebbe il suo ingresso nel mercato della telefonia fissa, contravvenendo agli obblighi sanciti dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche, nonché il risarcimento dei danni derivanti dalla condotta anticompetitiva dell’operatore dominante, pari a 525 milioni di euro.

 

Il gruppo britannico, intanto, parla anche di possibile diffamazione, rispondendo alle accuse del responsabile affari regolamentari di Telecom Italia, Sergio Giovanni Fogli,  il quale sostiene che l’offerta Home Zone, al centro del contenzioso, è vietata proprio dal Codice delle comunicazioni elettroniche.

 

Telecom, ha dichiarato Fogli, non avrebbe mai negato l’interconnessione ma semplicemente “posto il problema della legittimità” delle richieste di interconnessione tra il mobile e il fisso avanzate da Vodafone, vietate dall’articolo 80, comma 2 del Codice.

 

Un simile servizio, ha concluso Fogli, “è stato introdotto in Gran Bretagna solo dopo un aggiustamento delle norme”.

 

Ma Vodafone non ci sta e a bocca della responsabile affari pubblici e legali, Bianca Maria Martinelli, rende noto che l’offerta Vodafone Casa “rispetta tutte le condizioni previste dalla legge, incluso il diritto alla portabilità del numero geografico previsto dall’articolo 80 del Codice delle comunicazioni elettroniche, in quanto si tratta a tutti gli effetti, nella sua fruizione entro ‘un luogo specifico’ di un vero e proprio servizio di telefonia fissa”.

 

Il Codice, infatti, prevede il principio di neutralità tecnologica, in base al quale i servizi di telefonia fissa possono essere offerti con diverse modalità di accesso. In base a tale principio Vodafone Italia “è autorizzata a offrire servizi di telefonia fissa a prescindere dalla tecnologia di accesso utilizzata”.

A tale scopo Vodafone dispone di una specifica licenza ottenuta nel 1999.

 

“Prima del giudizio dell’Authority per le comunicazioni – ha concluso la Martinelli – nessuno può asserire l’illegittimità di servizi o offerte altrui, se non correndo il rischio di diffamare i concorrenti”.

 

Un bel garbuglio di accuse e contraccuse, insomma, che va ad aggiungersi a tutte le altre questioni ‘scottanti’ che l’Authority si appresta ad esaminare nelle prossime settimane.

 

Tra queste, c’è anche la questione dello scorporo dell’ultimo miglio di Telecom Italia, in merito alla quale l’Autorità stilerà un programma di lavoro in tempi brevi e convocherà gli operatori alternativi che ormai da tempo chiedono un processo di apertura della rete trasparente e non discriminatorio.

 

Per coordinare un’evoluzione regolamentare in grado di garantire un accesso paritario alle reti, l’Agcom ha istituito una Task Force con il compito di avviare un confronto con Telecom Italia per “delineare in tempi brevi le fasi di un nuovo processo di apertura della rete e gli strumenti tecnico-giuridici diretti ad assicurarne l’effettiva operatività”.

 

Nei prossimi giorni, dunque, si farà il punto sullo stato dei lavori della Task Force che lavorerà – ha spiegato il Commissario Agcom Roberto Napoli – lungo tre direttrici fondamentali: “il perimetro delle attività da separare; la forma di separazione, divisione o societaria; il tipo di governance”.

 

Telecom Italia, intanto, si dice pronta a collaborare con l’Agcom in vista della separazione del network di accesso anche se – ha spiegato ancora Fogli – dalla gran Bretagna non arrivano notizie molto positive sulle performance di OpenReach, la società costituita dopo la separazione della rete fissa di BT Group, al cui modello l’Italia dovrebbe ispirarsi.

Secondo Fogli, anzi, OpenReach “stenta a decollare” e gli operatori alternativi britannici sarebbero “moderatamente arrabbiati con l’incumbent locale perché dopo un anno non hanno visto nulla di concreto”.

 

L’ex incumbent, infine, ha ottenuto un ulteriore rinvio – al 10 maggio 2007 – per il termine dell’istruttoria aperta dall’Antitrust su tutti gli operatori mobili italiani (tranne H3G) per abuso di posizione dominante collettiva.

La chiusura dell’istruttoria era prevista per il 28 aprile 2006, ma l’Antitrust ha deciso di rinviarla prima al 14 dicembre e ora – in quella che sta diventando una sorta di storia infinita – al prossimo maggio, per “consentire a Telecom di disporre di un periodo di tempo congruo al fine del pieno esercizio del proprio diritto di difesa”, come espressamente richiesto dalla stessa società lo scorso 10 ottobre.

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