Firma digitale: con 2,6 mln di smart card, l’Italia modello di riferimento per l’Europa

di Alessandra Talarico |

Italia


Firma digitale

L’esperienza italiana nell’uso e nelle applicazioni della firma digitale diventerà un modello di riferimento in ambito europeo, grazie a livelli di avanguardia raggiunti nel nostro Paese, dove sono state emesse ormai 2,6 milioni di smart-card.

 

L’utilizzo efficiente e la diffusione di soluzioni di firma digitale – che agevolano la gestione elettronica delle procedure, sia per la Pubblica Amministrazione che per i cittadini – ha consentito di dimostrare come sia possibile raggiungere l’interoperabilità e il conseguente libero scambio dei documenti informatici.

 

Grazie proprio ai livelli di eccellenza raggiunti nel nostro Paese – che per primo ha attribuito piena validità giuridica ai documenti elettronici – la Ue ha espresso l’intenzione di usare l’esperienza italiana per aggiornare la direttiva del 1999 per rilanciare l’uso di questo strumento in grado di stimolare, mediante l’innovazione tecnologica, una reale agevolazione degli adempimenti che cittadini e imprese affrontano nei rapporti con la Pubblica amministrazione, centrale e locale.

 

Fra le diverse “carte intelligenti” emesse nel nostro Paese, quella che ha contribuito maggiormente a far raggiungere all’Italia il primato, è stata  la Carta Nazionale dei Servizi (CNS) – ne sono state emesse circa 12 milioni – che ha tutte le stesse caratteristiche e prestazioni della Carta d’Identità Elettronica (CIE) ma è sprovvista di fotografia.

 

Da quanto è emerso nel corso di una riunione a Bruxelles, l’Italia è riuscita ad applicare, oltre agli standard europei disponibili, anche regole chiare a livello nazionale – Dlgs 10/2002, del DPR 137/2003 – che potrebbero essere formalizzate dalla Commissione europea nell’ambito della revisione della direttiva del 1999.

 

L’esperienza italiana – con la piena applicazione delle regole Ue – è dunque replicabile in tutti gli Stati dell’Unione ed è stata analizzata in dettaglio da Giovanni Manca, responsabile dell’ufficio standard e tecnologie dell’identificazione del CNIPA nel corso del convegno su “La firma digitale”, svoltosi a Roma.

“Nel nostro Paese”, ha spiegato Manca, “sono stati 35 milioni i documenti firmati in modo digitale nel corso di un solo anno, mentre l’Unioncamere ha calcolato che le aziende solo nei loro rapporti con il Registro delle Imprese grazie all’uso della firma digitale risparmiano ogni anno almeno 260 milioni di euro”.

 

Per ampliare le possibilità di utilizzo e le modalità di fruizione a disposizione degli utenti il CNIPA ha siglato un protocollo d’intesa con Adobe, riconoscendo come legale anche l’utilizzo della firma digitale definito nella specifica “Pdf“, che consente di generare firme elettroniche avanzate basate su un sistema a coppie di chiavi asimmetriche, basate su un certificato qualificato e create mediante un dispositivo sicuro.

 

La specifica è pubblica e, quindi, può essere utilizzata sia nell’ambito del formato Acrobate Adobe, sia in quello del più vasto scenario dell’open source, “consentendo una più efficace gestione dei flussi documentali, specialmente nell’ambito dei procedimenti amministrativi che operano senza utilizzare la carta”, ha aggiunto Manca.

 

Ricordiamo che la firma digitale rappresenta uno dei dieci obiettivi  del Piano per l’eGovernment, che prevede la diffusione della firma digitale all’interno delle amministrazioni, con distribuzione a dirigenti e funzionari con potere di firma, e relativa formazione; l’intervento su applicazioni e servizi, per renderli accessibili in sicurezza tramite la firma digitale e una serie di iniziative specifiche volte a stimolare l’utilizzo della firma da parte di gruppi specifici di utenti esterni all’amministrazione.

 

Nell’ambito delle attività di certificazione, le amministrazioni coinvolte sono circa 40, mentre i certificati di firma digitale emessi sono circa 20 mila, con previsioni di crescita di oltre 45 mila per la fine del 2006.

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