Internet governance, la Ue sposa il principio cooperativo: necessario un Forum che dia voce a governi e società civile

di Alessandra Talarico |

Europa


Vivian Reding

Il Commissario europeo per i media e la società dell’informazione, Viviane Reding, ha voluto ancora una volta intervenire in merito alla contrapposizione con gli Usa sulla delicata questione dell’Internet governance, che sarà al centro del dibattito del secondo Summit mondiale sulla società dell’informazione (WSIS), che si svolgerà a Tunisi dal 16 al 18 novembre.

 

Secondo la Reding, la questione è stata troppo semplificata dai media che, pur facendo un buon lavoro, hanno mancato di cogliere il vero senso della posizione della Ue che non vuole certo negare “che gli Usa hanno fatto un eccellente lavoro, nell’assicurare un’amministrazione equa ed efficiente”.

 

L’Europa, lontana dall’appoggiare posizioni estremiste, “…è a metà tra l’unilateralismo degli Usa e il multilateralismo” espresso da molti Paesi, che si stanno chiedendo se sia il caso di lasciare a un solo un governo la supervisione di una parte così importante di Internet.

 

L’approccio dell’unione europea è dunque “a favore dell’industria e della libertà di espressione, praticamente simile, o spesso identico, a quello degli Usa”.

 

“Apprezziamo il ruolo primario del settore privato nello sviluppo e nella diffusione delle tecnologie e dei servizi Internet e capiamo che i governi non debbano interferire nelle operazioni giornaliere che regolano la gestione della Rete. Supportiamo pienamente l’ICANN”.

 

La posizione della Ue, non è quindi un tentativo di trasferire il controllo di Internet ai governi, “come qualcuno ha suggerito”, ma è piuttosto un riconoscimento “dell’obbligo dei governi di aiutare Internet a rivelare e proteggere il suo potenziale”.

 

Internet, del resto, non è uno spazio senza regole – “tutto quello che è illegale nel mondo off-line, lo è anche online” – e i cittadini si aspettano “che i governi intervengano in materia di frodi, spam, hacking, violazione della privacy, e ogni tipo di crimine cibernetico”.  

I governi – aggiunge la Reding – “devono fare quello che possono per assicurare la stabilità e la sicurezza delle reti nazionali di comunicazione come Internet e devono poter collaborare a livello globale per adempiere a queste responsabilità”.

 

Per questo motivo la Ue ha proposto un nuovo modello di cooperazione internazionale la creazione di un forum basato su una serie di principi fondamentali.

Il forum non rimpiazzerebbe le istituzioni e i meccanismi esistenti, ma diverrebbe un loro complemento, riunendo tutti gli attori coinvolti, pubblici e privati, in adesione ai principi chiave di Internet: “interoperabilità, apertura e principio dell’end-to-end”.

 

Ecco perché il prossimo Summit di Tunisi fornirà “un’importante occasione per fare i primi passi verso la costruzione di un accordo globale su come raggiungere questo obiettivo per il beneficio delle aziende, dei cittadini e degli utenti di tutto il mondo”.

 

Prima di tutto – spiega la Reding – “il WSIS non sarà un incontro bilaterale Usa-Europa, ma un summit mondiale che coinvolgerà più di 100 paesi, il settore privato e la società civile”, e per questo difenderà lo spirito di partnership, armonia e apertura che è alla base di Internet.

 

“Il problema  è che il governo americano ha effettivamente il diritto di decidere che può gestire i Top Level Domain nazionali, come dot.jp, dot.kr or dot.cn, mentre i singoli governi sono solo indirettamente coinvolti attraverso una advisory committee che fa capo all’ICANN”.

 

Allo stesso modo, è sempre il governo americano ad avere il diritto di decidere circa l’introduzione nel cyberspazio di un nuovo Top Level Domain, sia esso un country-code o un TLD generico come .com o .net.

 

Quello che la Ue vuole ottenere è, dunque, che i governi riescano ad adottare lo stesso modello cooperativo, se vogliono continuare ad avere un ruolo positivo nel futuro di questa tecnologia.

 

Un esempio significativo è quello relativo all’introduzione del dominio .xxx, che indica i siti a contenuto per soli adulti. Diverse amministrazioni pubbliche hanno espresso perplessità riguardo questa iniziativa, ma a dover decidere se questo dominio debba o no entrare nel cyberspazio – e diventare visibile sui Pc di tutto il mondo – sono solo gli Stati Uniti.

 

Questi dubbi non sono una novità e la Ue aveva sollevato la questione già all’inizio degli anni ’90. nel 1998, l’amministrazione Clinton accolse le preoccupazioni dei governi (contenute nel White Paper on the Domain Name System) e venne così creato l’ICANN, “il cui scopo era, in parte, quello di ‘internazionalizzare’ la gestione di Internet”, ha spiegato la Reding.

La Ue ha sempre partecipato attivamente ai processi dell’ICANN, ma di fatto, “il governo americano non ha mai trasferito questo potere unilaterale e molti governi sono ora preoccupati che questo non avverrà mai”.

In particolare, a giugno, il governo Usa ha annunciato come se niente fosse, di aver deciso di mantenere “il suo storico ruolo nella gestione dei root server” di Internet.

 

Un atteggiamento che ha deluso l’Europa e tutti gli altri Paesi che hanno lavorato per raggiungere un approccio cooperativo dal 1998.

 

“Per ragioni storiche – ha spiegato la Reding – il governo americano ha esercitato un ruolo unilaterale nella supervisione degli aspetti fondamentali di Internet”.

All’inizio non aveva particolare importanza, perché a usare la Rete erano per lo più ricercatori e accademici, ma il successo del world wide web “che sono orgogliosa di dire è un’invenzione europea”, ha concluso la Reding, “ha reso Internet una parte centrale e strategicamente fondamentale per le comunicazioni di ogni singolo Paese”, visto anche “l’impatto diretto sulla crescita economica e lo sviluppo sociale”.

 

 

Per ulteriori approfondimenti, leggi:

 

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