Economia della rete e società della rete

di |

Italia



Riportiamo di seguito una sintesi della relazione che l”On Beatrice Magnolfi ha presentato al convegno dei DS su “Cittadinanza e sviluppo nella societ&#224 della conoscenza”, che si &#232 tenuto, oggi 17 gennaio 2005, a Roma.

di Beatrice Magnolfi

segretario di Presidenza Gruppo DS

Camera dei Deputati

Nel dibattito che finalmente si &#232 aperto in Italia sulla competitivit&#224 e l¿innovazione del Paese, occorre andare oltre la disillusione della new economy e guardare con maggiore fiducia allo sviluppo ICT come straordinaria occasione di crescita sociale e culturale.

Nella societ&#224 della conoscenza, la diffusione delle tecnologie della rete pu&#242 essere una fondamentale leva strategica, ma richiede coerenti politiche pubbliche e una visione di sistema.

In questi anni, il fallimento del centro-destra ha dimostrato che le trasformazioni in atto, se affidate alle sole spinte del mercato, non hanno n&#233 il dinamismo necessario, n&#233 l¿equit&#224 sufficiente a produrre vera modernizzazione.

Non ci d&#224 alcuna soddisfazione rilevare l¿ininfluenza di un ministro pomposamente denominate Ministro per l¿innovazione, che non pu&#242 disporre, nel governo delle ¿3 I¿, n&#233 dei poteri necessari per guidare un settore cos&#236 trasversale e pervasivo, n&#233 di risorse almeno lontanamente adeguate.

Se non fosse per la dote dell¿Ulivo (800 miliardi di vecchie lire), spalmata con il contagocce su 4 anni di legislatura, verrebbe ricordato solo per il numero di convegni e conferenze stampa.

Ci&#242 che &#232 davvero imperdonabile, quando le risorse scarseggiano, &#232 sprecarle in interventi spot inutili o culturalmente sbagliati.

Senza una strategia, senza una visione di insieme e con il fardello dei continui conflitti di competenza tra i vari ministeri.

La firma digitale ha subito un tale ritardo che molti investimenti dei certificatori sono risultati obsoleti; la Carta d¿identit&#224 elettronica, gestita dal Ministero degli Interni &#232 entrata in concorrenza con la Carta Nazione dei Servizi gestita dal Dipartimento Innovazione, con il risultato di una scarsissima diffusione di ambedue; l¿Archiviazione ottica dei documenti contabili &#232 stata a lungo bloccata da un conflitto fra Innovazione e Tesoro; dal 2001 siamo in attesa del regolamento per il Processo telematico, indispensabile per ridurre i tempi della giustizia civile; del Sistema informativo del personale non si parla pi&#249, forse perch&#233 l¿efficienza gestionale non &#232 pi&#249 nei programmi della Funzione Pubblica, pi&#249 interessata allo spoil system che alla riforma della PA.

Nel frattempo il CNIPA &#232 diventato un organismo di 160 dipendenti, a cui si sommano quasi altrettanti consulenti a vario titolo, e con l¿art. 24 della Finanziaria si avvia a diventare un potente centro acquisti, il che in parte preoccupa per la trasparenza, in parte fa temere per il futuro delle piccole imprese sul territorio: gi&#224 hanno subito la camicia di forza della Consip e guardano con apprensione alla nascita di una contro-Consip dell¿informatica.

Nelle leggi finanziarie della destra, gli unici investimenti veri sono andati verso gli incentivi al consumo individuale, una sorta di politica della mancia o dei saldi sugli acquisti: un po¿ di sconti ai sedicenni sull¿acquisto del computer, qualche portatile a basso costo agli insegnanti (con gli stipendi che si ritrovano, &#232 gi&#224 molto se comprano un desktop fisso, altro che portatile!), qualche abbonamento alle famiglie, senza limiti di reddito.

Si incentivano gli affari di Telecom, monopolista del cosiddetto ultimo miglio, ma non si fa niente per rendere accessibile a tutti le connessioni a banda larga e rendere adeguate, per costi e qualit&#224, agli altri Paesi europei.

In questo modo, circa diecimilioni di cittadini italiani, residenti in piccoli centri e aree disagiate non disporranno mai delle infrastrutture necessarie per i servizi a valore aggiunto, telemedicina, telesoccorso, formazione a distanza.

Investimento di gran lunga pi&#249 importante &#232 stato quello dei decoder alle famiglie, anche in questo caso senza limiti di reddito, circa 250 milioni di euro in due anni.

La manovra finanziaria taglier&#224 il Fondo per l¿Innovazione Tecnologica alle imprese, l¿applicazione del tetto del 2% comporter&#224 tagli per 57 milioni di euro per competenza e 74 milioni di euro per cassa all¿informatica dei ministeri.

Ma quasi 500 miliardi di vecchie lire verranno elargiti per gli sconti sui decoder a chi magari non ne ha bisogno e senza preoccuparsi della realizzazione dei servizi digitali a valore aggiunto, in assenza dei quali la T-Democracy rischia di favorire solo l¿interazione con l¿ ¿Isola dei Famosi¿, stando seduti sul divano di casa.

Siamo certi che sia questa la priorit&#224 per l¿innovazione del Paese?

Il risultato di queste politiche sbagliate &#232 l¿aggravarsi di tutti i fattori di criticit&#224: il divario digitale si &#232 allargato fino al punto che siamo ormai due Italie non necessariamente rappresentate nel tradizionale asse Nord-Sud; gli enti locali sono sempre pi&#249 poveri a spingere per l¿eGovernment; una miriade di operatori economici, coincidenti con le piccole imprese, rischiano l¿ ¿analfabetismo digitale¿ e dunque la marginalizzazione dal mercato. E il declino delle PMI &#232 un fattore di declino per tutto il Paese.

Il fatto &#232 che non si pu&#242 promuovere l¿economia della rete senza allargare la societ&#224 della rete; non si pu&#242 spingere lo sviluppo ICT senza assumere i principi e i diritti della cittadinanza digitale come paradigma per una moderna competitivit&#224.

Tutti i documenti del dopo-Lisbona parlano di societ&#224 della conoscenza ¿aperta, equa e partecipata¿: non sono attribuiti aggiuntivi, ma l¿essenza della sfida che abbiano davanti.

Se uno sviluppo asimmetrico provoca esclusioni per nuove fasce di cittadini e di piccole imprese, se vi sono rischi crescenti per la privacy, se la tendenza al protezionismo delle grandi software house minaccia la creativit&#224 dei piccoli programmatori open source, se il modello della brevettabilit&#224 del software insidia la tendenza di fondo della societ&#224 dell¿informazione, che o &#232 libera o, alla lunga, non &#232: tutto questo non &#232 preoccupante solo sul piano dei diritti, ma frena la crescita, moltiplica la sfiducia nelle nuove tecnologie e alza ostacoli alla condivisione del sapere, che &#232 il ¿bene comune¿ della societ&#224 della conoscenza.

Insomma, la diffusione delle tecnologie di rete pu&#242 offrire grandi opportunit&#224 a patto che si sappia definire un nuovo perimetro di diritti di rango universale e lo si salvaguardi con scelte coerenti. E¿ con un sfida culturale e politica di prima grandezza che si assegna un grande ruolo alla sinistra riformista, quella di governare la trasformazione verso uno sviluppo al tempo stesso dinamico e inclusivo, offrire al Paese una chance di crescita per tutti, creare cittadini digitali e non solo consumatori digitali. Che non &#232 affatto la stessa cosa.

© 2005 Key4biz.it