RFID: la FDA autorizza l’impianto di chip sottopelle per scopi medici

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VeriChip

La Food and Drug Administration americana ha autorizzato l’impianto sottopelle di microchip RFID per scopi medici.

 

Dopo un lungo dibattito circa la legalità di simili iniziative, la FDA ha infine deciso di dare il via libera all’inserimento di un chip che contenga tutti i dati clinici del paziente, in modo da fornire ai medici l’intera storia sanitaria e favorire l’intervento immediato, riducendo i rischi di errore medico.

Il progetto ha provocato le aspre critiche dei sostenitori della privacy, i quali sostengono che questo tipo di tecnologia potrebbe aprire la strada a un controllo eccessivo delle autorità sui comportamenti dei cittadini, soprattutto su quegli atteggiamenti che potrebbero provocare l’aumento dei costi sanitari.

Sono in molti, infatti, a sostenere che le tecnologie RFID siano una sorta di Grande Fratello Orwelliano, promosse per poter monitorare in modo più completo la vita della gente.

 

Si difende da queste accuse la Applied Digital Solutions, produttrice dei sistemi VeriChips concepiti non per spiare le persone ma per tentare di salvare loro la vita, grazie a interventi più rapidi e alla possibilità di ridurre al minimo il rischio di errore tecnico.

La diffusione dell’impianto sottopelle per scopi medici, poi, renderà più rapida l’approvazione di questo tipo di tecnologie anche in altri campi.

Il chip in sé, spiega il presidente di ADS Scott R. Silverman, non contiene nessun dato relativo al paziente. I riferimenti medici sono infatti ottenibili solo attraverso l’inserimento di un codice su un apposito scanner, grazie al quale il personale medico può ricevere immediatamente preziose informazioni sul gruppo sanguigno, eventuali allergie e altri dati essenziali per un intervento mirato.

 

Le etichette per l’identificazione tramite frequenze radio, o RFID, sono già ampiamente utilizzate in ambito veterinario, come metodo per il riconoscimento immediato dei nostri amici animali.

I VeriChip sono grandi come un chicco di riso e vengono inseriti sotto la pelle del braccio o della mano con una siringa.

  

Questo tipo di impianto è stato già utilizzato in Messico per controllare l’accesso ad ambienti e documenti ritenuti di fondamentale importanza per la lotta contro i narcotrafficanti.

Sempre in Messico, oltre 1.000 persone hanno già impiantato i chip e registrato i loro dati medici, mentre a Barcellona il Baja Beach Club ha offerto i chip ADS agli ospiti che preferivano così rinunciare ai tradizionali metodi di identificazione e alle carte di credito.

Il programma è stato esteso anche a un club di Rotterdam e circa 35 persone hanno firmato per l’impianto.

 

Le tecnologie VeriChip stanno insoma prendendo piede anche in Europa, grazie ad accordi di distribuzione con la britannica Surge IT Solutions, mentre in Italia, l’Istituto Nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, sta conducendo degli studi per stabilire il grado di praticità dei dispositivi in ambito ospedaliero.

 

La Applied Digital Solutions ha ricevuto anche il via libera per la vendita dei chip in ambiti al di fuori della medicina, ma la diffidenza verso questo tipo di tecnologia ha fatto sì che quello sanitario diventasse una priorità.

“Ho sempre creduto” dice Silverman “che le applicazioni mediche siano il campo migliore per le applicazioni RFID, seguite da applicazioni nel campo della sicurezza e finanziario”.

 

Ma cosa pensa Silverman degli attacchi giunti da più parti relativamente ai pericoli per la privacy di chi decide di impiantare uno di questi chip?

Molto spesso, spiega Silverman, le critiche vengono rivolte a funzionalità che questi chip non possiedono neanche, come la possibilità di monitorare gli individui attraverso il satellite.

La Applied ha spesso sottolineato che l’impianto è volontario e che nessuno mai potrà inserire un chip sotto la pelle di una persona che non lo vuole. Allo stesso modo, chi decide per l’impianto potrà scegliere quanti e quali dati inserire e i suoi spostamenti non potranno essere monitorati poiché il chip è ¿passivo¿: gli scanner preposti in pratica, possono leggere i dati solo quando la persona si trova in loro stretta prossimità.

Il punto è che la tecnologia potrebbe ad esempio essere adottata come metodo di identificazione militare e a questo punto non si tratterebbe più di libera scelta ma di imposizione governativa, mentre eventuali avanzamenti della tecnologia o una sorgente di alimentazione separata potrebbero espandere il raggio del chip e permettere il monitoraggio anche a distanza.

Questi dubbi riguardo la liceità della tecnologia stanno effettivamente creando seri problemi alla diffusione dei sistemi RFID in campi che potrebbero trarre seri vantaggi dalla loro applicazione.

Il dottor Richard Seeley, ad esempio, pone l’attenzione sui benefici di quest¿applicazione sui pazienti che soffrono di diabete o di Alzheimer, i quali sono costretti a continue visite.

Secondo alcuni studi, infatti, chi soffre di questi disturbi, accetterebbe l’impianto, nel momento in cui ne fossero tangibili i reali benefici.

Piccoli passi, insomma, verso l’accettazione di una tecnologia molto controversa e che divide sempre più l’opinione pubblica in favorevoli e contrari.

Al di la del campo medico, l’RFID trova già applicazioni interessanti sia in ambito commerciale (per la gestione dei magazzini), che nel settore aeroportuale, dove le esigenze di monitoraggio dei bagagli sono ormai diventate prioritarie.

Grazie alla riduzione di costi e dimensioni, i piccoli chip adesivi permetteranno comunque il controllo a distanza di ogni tipo di merce.

Ecco perché c’è chi non crede che il controllo si fermerà solo alle merci, ma verrà esteso anche a quello degli esseri umani.