Sistema della ricerca pubblica, della formazione universitaria e dell´innovazione industriale

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Italia



di Emilio Bartezzaghi, Mario Benassi, Maurizio D&#232cina,
Alfonso Fuggetta, Carlo Ghezzi,
Guido Vannucchi

ASSOCIAZIONE FUTURA MILANO

1. Premessa

Alcune delle proposte e delle suggestioni contenute in queste note possono essere interpretate come posizioni scomode e non comuni nel mondo del centro-sinistra. Esse riflettono tuttavia bisogni e urgenze ineludibili che devono essere affrontati in maniera decisa e convinta.

La competizione con il centro-destra non pu&#242 ridursi ad una mera difesa della situazione attuale in opposizione a chi ne vuole un cambiamento. Il vero terreno di sfida &#232 nella definizione di proposte che risultino realmente efficaci, e non solo facili slogan elettoralistici.

Ovviamente, una politica realmente interessata allo sviluppo del paese deve saper identificare, accanto ad azioni decise di cambiamento anche radicale, un insieme di strumenti che rendono socialmente sostenibili le riforme da attuare. &#200 su questo terreno che si deve competere e non su quello della sola ¿resistenza¿.

2. I temi dell¿innovazione e la situazione comunitaria e nazionale

I temi della ricerca pubblica, della formazione universitaria e dell¿innovazione industriale concorrono, in un intreccio organico e virtuoso, a definire la capacit&#224 d¿innovazione di un sistema paese nel suo complesso. Ai fini d¿alcune considerazioni successive, &#232 importante evidenziare che le tematiche d¿innovazione possono essere inquadrate secondo tre diverse prospettive:

  • attivit&#224 consapevolmente indirizzate a sviluppare l¿economia su una scala di tempo sia di breve sia di periodo medio-lungo (ad es. tutta la ricerca tecnologica);

  • attivit&#224 tese al miglioramento della qualit&#224 della vita (ad es. medicina, ambiente, ecc.) ed alla crescita culturale (ad es. ricerche umanistiche, artistiche, ecc.) che possono influenzare nel medio-lungo periodo alcuni aspetti dell¿economia di un paese anche se tale aspetto non &#232 il fine della relativa ricerca;

  • attivit&#224 che concorrono, in senso molto generale e nel lungo periodo, al miglioramento della conoscenza (es.astrofisica, particelle elementari, ecc.), non legate direttamente a possibili sviluppi economici di medio termine.

La classificazione anzidetta ha una sua validit&#224, in particolare quando si dovr&#224 accennare alla suddivisione delle risorse che l¿Italia assegna attualmente alle varie tematiche di ricerca pubblica ed alla capacit&#224 del nostro paese di riuscire a contribuire in modo significativo (a livello mondiale) alle tre direttrici sopra menzionate.

In chiave europea, va ricordato che, tra i molti temi che hanno affollato l¿agenda politica un significativo sforzo &#232 stato dedicato per affrontare in modo organico una politica comunitaria per la ricerca e l¿innovazione. Il Sesto Programma Quadro ha come missione proprio quella di creare un sistema europeo della ricerca, agendo sull¿armonizzazione delle tematiche e degli investimenti in ricerca, sulla cooperazione delle imprese e enti di ricerca europei, e sulla mobilit&#224 dei ricercatori nel territorio dell¿Unione.

Se la dimensione europea dovr&#224 rappresentare un elemento irrinunciabile, &#232 altrettanto essenziale che si sviluppi una strategia nazionale della ricerca che sappia raccordarsi con quanto fatto a livello comunitario, complementando i relativi sforzi e le azioni. Una strategia nazionale richiede un forte riorientamento – rispetto alle passate esperienze – di alcune filosofie di fondo, delle variabili su cui agire e dei criteri di valutazione adottati. Per esempio, &#232 necessario agire sulla cultura del finanziamento a ¿pioggia¿, ancora non superata del tutto. Va posto inoltre argine alla scarsa propensione ad iniziative miste. Devono essere introdotti criteri valutativi delle iniziative proposte e risulta importante coinvolgere le realt&#224 e le istituzioni locali.

Purtroppo l¿Italia &#232 da questo punto di vista in ritardo. Le azioni della maggioranza di governo relegano il tema della ricerca e dell¿innovazione in secondo ordine. I recenti sviluppi della finanziaria, anzi, sembrano addirittura orientati a cancellare nella sostanza ogni sforzo teso a dotare il paese di strumenti finanziari in grado di porre almeno un freno al progressivo deficit d¿innovazione e ricerca che da anni sta purtroppo caratterizzando il sistema Italia. Allo stesso tempo, appare insufficiente la sensibilit&#224, al riguardo, della stessa compagine del centro-sinistra.

Questo tema &#232 discusso nel seguito del documento.

3. Ricerca pubblica ed innovazione industriale in Italia fino ad oggi

I mali italiani attinenti ai problemi dell¿innovazione sono purtroppo d¿antica data. Le varie classi politiche che si sono avvicendate non hanno mai avuto la necessaria sensibilit&#224 e cultura sull¿importanza strategica del processo d¿innovazione. Anche l¿industria nazionale ed il mondo della cultura e della scienza sono stati altrettanto inattivi su questi temi. Conseguentemente non sono mai state portate avanti incisive politiche a tale riguardo, essenziali per un paese che desidera considerarsi allineato alla media dei paesi pi&#249 avanzati in campo industriale.


3.1 La situazione storica

Sulla ricerca ed innovazione industriale si &#232 dibattuto in Italia per decenni, arrivando sempre alla conclusione dell¿urgente necessit&#224 di aumentare sensibilmente lo sforzo, da un lato attraverso un adeguamento della relativa spesa – molto inferiore a quella d¿altri paesi industriali ¿ e dall¿altro per mezzo di una completa riorganizzazione della ricerca pubblica (insufficiente ed in ogni caso troppo sbilanciata sul secondo e, soprattutto, sul terzo tema menzionati nel punto 2).

L¿esito di tanti appelli e discussioni &#232 stato, tuttavia, veramente sconfortante: l¿Italia, a partire dal 1990, ha, infatti, costantemente peggiorato – in percentuale del PIL – la spesa in R&D e gli altri indici correlati, attestandosi oggi su valori che sono la met&#224 della media dei paesi industriali europei ed, al tempo stesso, la struttura organizzativa e operativa delle strutture pubbliche di ricerca &#232 rimasta totalmente ingessata per vari decenni, mentre l¿et&#224 media dei ricercatori pubblici &#232 aumentata vertiginosamente. Sensibile &#232 stato, in Italia, anche il calo delle risorse dedicate all¿innovazione industriale per spese in R&D – con conseguente calo dell¿occupazione nei settori avanzati ¿ con una sempre minor presenza dell¿Italia sul panorama internazionale.

Neppure i lampanti positivi esempi, a tale riguardo, di Finlandia e Irlanda (per non citare Israele od alcuni paesi asiatici) e le illuminate politiche di connessione tra innovazione, formazione e modello industriale perseguiti dai corrispondenti governi, sono serviti a cambiare l¿indirizzo italiano. Vale la pena ricordare che la piccola Finlandia possiede circa 120 aziende di livello internazionale – di cui il 75% nato negli ultimi sette anni – concentrate in settori ad alta tecnologia e con consistente diversificazione (telecomunicazioni, biotecnologie, farmaceutica, diagnostica, ecc.). Un successo sostenuto da una chiara politica governativa – e governato da un¿Agenzia Tecnologica nazionale con forte attenzione alla brevettazione ¿ con l¿obiettivo di puntare sull¿innovazione quale elemento fondamentale di sviluppo del Paese. Ancora pi&#249 incredibile, se si pensa al livello di partenza dell¿economia di un tale paese, &#232 il modello irlandese, basato essenzialmente sullo sviluppo delle tecnologie software e sulle condizioni d¿estremo favore concesse per nuovi insediamenti industriali.

Per miopia o incapacit&#224, in Italia si &#232 invece confuso tra innovazione industriale ed innovazione nei servizi, pensando che lo spazio e le novit&#224 di marketing introdotte in nuovi segmenti (quale, ad esempio, il radiomobile) avrebbero potuto di per s&#233 costituire un¿interessante politica d¿innovazione. Il risultato, nel caso delle reti mobili, &#232 stato quello di aprire il bacino di consumo italiano ad una serie di prodotti concepiti e costruiti in altri paesi (i telefoni e le tecnologie cellulari finlandesi e svedesi), senza che ci sia stato un reale tentativo di sviluppo di un¿adeguata industria interna in grado di godere delle notevoli dimensioni del mercato nazionale.

In sintesi, le aziende italiane si sono limitate a presidiare la fornitura dei servizi, riducendo nei fatti la competitivit&#224 del sistema d¿innovazione industriale del Paese nello scenario internazionale, perdendo opportunit&#224 d¿incremento dell¿occupazione.

In realt&#224, negli ultimissimi orientamenti dei precedenti governi – a fronte di una situazione sempre pi&#249 fallimentare ¿ significative risorse economiche erano state previste per la ricerca pubblica. In particolare, si prevedeva la costituzione di un fondo per il rafforzamento della Ricerca di Base (FIRB) al fine di sostenere Centri d¿Eccellenza e grandi progetti strategici per tecnologie pervasive e multisettoriali, con un conseguente aumento delle risorse assegnate, anche se, per com¿era stato formulato, &#232 dubbio che il fondo avrebbe potuto giocare un ruolo effettivo nel potenziamento della ricerca di base.

Per quanto riguarda gli indirizzi di ristrutturazione della ricerca pubblica, poco o niente &#232 stato fatto negli ultimi anni mentre, al tempo stesso, il progressivo e pesante processo d¿indebolimento della presenza industriale italiana nei settori ad alta tecnologia (e quindi ad alta intensit&#224 di Ricerca e Sviluppo) ha contribuito a diminuire in modo significativo le risorse spese in R&D dalle industrie private nazionali e multinazionali presenti nel nostro Paese.


3.2 Visione del nuovo governo di centro-destra ed attuale stato della situazione

La visione del nuovo governo sulle tematiche dell¿innovazione &#232 riassunta nel Documento: ¿Linee guida per la politica scientifica e tecnologica¿ del 12-4-2002.

L¿analisi del quadro di riferimento riportata nel documento citato &#232 largamente condivisibile, ma &#232 seguita da una diagnosi (punti di forza e debolezza del sistema nazionale) notevolmente deludente. Manca in larga misura la parte propositiva e non si capisce pertanto dove l¿esercizio svolto vuole condurre (forse &#232 stato deciso di rinviare ad un futuro momento – quale? – le scelte specifiche, l¿analisi degli incrementi di spesa proposti, le riorganizzazioni prospettate ed i meccanismi attuativi?).

Per quanto riguarda la spesa annuale nella ricerca pubblica, per la quale &#232 previsto un ¿trend¿ di crescita, si resta tuttavia ben lontani da un piano di rientro nell¿ambito dei paesi avanzati. Un errore strategico di tale piano &#232, inoltre, quello di non slegare dalla crescita del PIL nazionale l¿incremento di risorse economiche da assegnare alla ricerca pubblica. Viene cos&#236 a crearsi un circolo vizioso poich&#233, proprio, nei momenti economici pi&#249 difficili, l¿Innovazione va stimolata con maggiori risorse, in quanto potenzialmente in grado di contribuire in modo determinante – anche se con una scala di tempi non immediata ¿ al un maggior sviluppo economico del paese. &#200 ci&#242 che Finlandia ed Irlanda hanno deciso di perseguire, in momenti di difficolt&#224 economica, all¿inizio della loro trasformazione da paesi agricoli a paesi tecnologici.

Il documento citato sembra peraltro essere consapevole del fatto che non solo gli investimenti sono carenti, ma per di pi&#249 la loro efficacia &#232 ulteriormente compromessa dall¿inefficacia complessiva del sistema. Non solo si spende poco in ricerca, ma si spende male. Occorre dunque, da un lato, finalizzare e gestire in maniera efficiente i finanziamenti e, dall¿altro, riorganizzare gli enti di ricerca per migliorarne la produttivit&#224 e competitivit&#224. Per un¿influenza sul miglioramento economico del Paese &#232 anche necessario prevedere, oltre gli adeguati stanziamenti al capitolo della ricerca tecnologica, le opportune connessioni per facilitare il passaggio dei risultati della ricerca in innovazione di prodotti e processi, lubrificando l¿intera catena cha va dalla ricerca fondamentale di medio-lungo periodo a quella applicata di breve-medio termine fino al trasferimento tecnologico ed allo sfruttamento economico dei risultati.

Il documento governativo non fa tuttavia passi in avanti nella proposizione di possibili soluzioni.

Va invece dato atto al documento di riconoscere quanto sia cruciale il collegamento tra la ricerca pubblica e l¿innovazione industriale, e di lamentare la scarsa propensione dell¿imprenditoria nazionale ad investimenti di natura strategica in questa direzione. Il documento, peraltro, avverte non meglio identificati sintomi di un¿inversione di tendenza mentre stiamo assistendo ad una continua diminuzione degli investimenti in R&D nell¿industria. Anche i finanziamenti e gli incentivi pubblici ottenuti dalle industrie allo scopo sono spesso deviati al sostegno d¿attivit&#224 che poco o nulla hanno a che fare con la ricerca.

Nulla di rilevante dice il documento circa le modalit&#224 per attivare un ciclo virtuoso tra ricerca pubblica e politica industriale. La rituale denuncia che il documento governativo espone sulla ¿rigidit&#224 della legislazione del lavoro¿ quale fattore che incide negativamente sull¿espansione della ricerca e sviluppo industriale &#232 francamente inaccettabile, cos&#236 come lo &#232 l¿affermazione che la carenza d¿infrastrutture nazionali specializzate in ingegneria matematica e in ingegneria dei materiali sia una delle principali cause di debolezza del sistema.

Infine il documento ignora l¿importanza di definire strumenti e meccanismi trasparenti ed efficaci di valutazione e monitoraggio delle ricerche finanziate. In assenza di ci&#242 anche il piano con i migliori obiettivi rischia di fallire nei risultati conseguiti.

Dal punto di vista della regia e ¿governance¿ delle politiche dell¿innovazione, la situazione che si &#232 venuta a creare con l¿avvento del nuovo governo denota forti criticit&#224. L¿introduzione del ¿Dipartimento per l¿Innovazione e le Tecnologie¿, invece di essere un¿occasione di crescita e sviluppo, rischia, infatti, di introdurre ulteriore confusione e sovrapposizioni di competenze. Il Dipartimento nasce senza portafoglio e con deleghe generiche di coordinamento e indirizzo. In concreto, sul tema ¿eGovernment¿ e sul rinnovamento delle pubbliche amministrazioni, il Dipartimento non appare organicamente collegato al Ministero della Funzione Pubblica dove vengono definite le nuove normative alla base dell¿ipotetica trasformazione delle amministrazioni. Inoltre, l¿inclusione dell¿AIPA come agenzia del Dipartimento entra in conflitto con la creazione di una struttura interna al Dipartimento stesso che dovrebbe avere compiti simili se non addirittura sovrapposti. Per quanto infine riguarda il governo della ricerca e dell¿innovazione industriale, non &#232 chiara la relazione tra il Dipartimento ed i Ministeri della ricerca e delle attivit&#224 produttive. Sembra pertanto che sia stata avviata un¿operazione che non induce alcun sostanziale miglioramento nel governo dei processi d¿innovazione.

Per quanto riguarda la situazione dell¿industria nazionale vista in un contesto europeo, essa soffre fortemente delle criticit&#224 che sono state evidenziate in precedenza ed in particolare – per un problema culturale e soprattutto per il ridursi in Italia degli insediamenti industriali ad alta tecnologia – della scarsit&#224 d¿investimenti in ricerca applicata nonch&#233 di un completo scollegamento con la ricerca pubblica.

Peraltro non sono pochi i casi d¿imprese italiane nel campo delle PMI che, anche in condizioni ambientali non particolarmente favorevoli, hanno saputo affrontare i mercati facendo leva sull¿innovazione di prodotto. Tali esperienze vanno attentamente studiate e se possibile ¿riprodotte¿ nelle loro invarianti.

Nonostante la vivacit&#224 e la flessibilit&#224 delle PMI e dei distretti italiani, si rileva sempre pi&#249 la grave mancanza d¿imprese italiane, di dimensioni medio-grandi, in grado di investire adeguatamente in innovazione e ricerca ed in grado di affrontare con successo la sfida competitiva dei mercati internazionali in settori particolarmente critici quali, ad esempio, l¿ICT.

Ci&#242 premesso, lo stato attuale della situazione pu&#242 essere ricapitolato come accennato nel seguito.

Nel campo della ricerca pubblica va gestita, innanzi tutto, la protesta di una larga fascia di ricercatori che nutrono profonde riserve riguardo alla politica del nuovo Governo nei confronti della ricerca. Non si pu&#242 non affermare che in molti casi ci si trova di fronte a critiche eccessive e pregiudiziali (¿compromissione gravissima¿, ¿aggressione senza precedenti¿), formulate sulla base d¿alcuni pensieri governativi ed, in particolare, relative al documento sopra commentato. Le violente critiche del nutrito gruppo di ricercatori italiani si fondano piuttosto sul timore che la ricerca di base perda la tradizione d¿autogestione e di libert&#224 intellettuale – che n¿&#232 stata sempre una sua caratteristica essenziale ¿ nonch&#233 sul dubbio che si voglia tentare di effettuare operazioni di controllo politico-culturale della ricerca.

Le preoccupazioni, tuttavia, non devono tradursi in una sterile difesa della situazione attuale che non &#232 per nulla esente da problemi: la ricerca pubblica va assolutamente riconsiderata in modo sostanziale al fine di costruire un sistema che sia in grado di sostenere efficacemente i processi d¿innovazione del Paese.

Nel campo della formazione universitaria, la riforma varata dai governi precedenti ha proseguito il suo iter, ma &#232 indispensabile capire se tale riorganizzazione rappresenti un reale passo avanti o, quanto meno, debba essere associata ad una serie di azioni complementari per non degradare il buon livello di preparazione che l¿Universit&#224 italiana, pur con tempi di durata non accettabili, era precedentemente in grado di dare. L¿organizzazione universitaria rimane tuttavia impastoiata in una serie di problemi finanziari, gestionali e burocratici che non sono stati risolti e su cui non si vede un progetto adeguato e rapido nei tempi.

Nel campo dell¿innovazione industriale, non si &#232 percepito alcun segnale d¿inversione del processo d¿indebolimento dei settori ad alta tecnologia ed elevata intensit&#224 di ricerca, n&#233 un serio programma d¿impegno per far fronte ai mali del paese su questa tematica. Si continua a portare un sostanziale disinteresse per il destino delle imprese innovative italiane e, in molti casi significativi, si persiste ad accettare e a ritenere (specie da parte del sistema bancario) che l¿unica soluzione sia la cessione a societ&#224 straniere anzich&#233 validi piani di rilancio industriale basati sull¿innovazione dei prodotti.

Sistema della ricerca pubblica, della formazione universitaria e dell´innovazione industriale I PARTE

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