I diritti nell´era della convergenza e del multimediale

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Italia


Avv. Donatella Boccali

 

 

 

Il mercato dei ¿diritti di diffusione¿, comporta la necessità di affrontare una pluralità di temi, che investono non più e non soltanto i mezzi, quanto piuttosto i contenuti, ovvero l’oggetto della diffusione e della comunicazione. Si toccano diversi interessi tra loro contrapposti, a rilevanza costituzionale, tale da richiedere un adeguato bilanciamento.

Quando parliamo di mercato e quindi di circolazione dei contenuti, è inevitabile il richiamo alle libertà economiche. I contenuti rilevano sotto diversi profili, espressamente richiamati nella nostra Costituzione:

  • l’art. 21 Cost., per quanto riguarda la diffusione dei contenuti nella libera manifestazione del pensiero, così da investire tutte le questioni che riguardano l’informazione giornalistica e non, fino a comprendere il diritto di informare , informarsi e di essere informati;

  • l’art. 15 Cost., per quanto riguarda la comunicazione interpersonale;

  • l’art. 19 Cost., per quanto riguarda la diffusione del pensiero religioso;

  • l’art. 33 Cost., per la libertà della scienza e dell’arte;

  • la tutela del diritto di privacy attraverso gli artt. 13 e 14 Cost.;

  • la tutela della proprietà, di cui all’art. 42 Cost, che investe anche i prodotti intellettuali.

A livello europeo si deve riscontrare come tali diritti costituiscano il fondamento della CEDU, della Carta di Nizza, nonché dei testi in corso di formazione in sede comunitaria, esaminandone i contenuti ed i livelli di protezione proposti.

La Corte di Giustizia della UE ha già cominciato ad effettuare rilevanti interpretazioni di bilanciamento tra la tutela  delle 4 libertà fondamentali della comunità (le libertà di circolazione) ed i diritti fondamentali. I diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza e che a tal fine , quest¿ultima si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai Trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo a cui gli Stati mementi hanno cooperato o aderito.
 

I principi affermati e sviluppati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte Europea dei Diritti, sono stati riaffermati dal preambolo dell’Atto unico europeo, poi dall’art. F, n. 2, del Trattato sull’Unione Europea. Ed allora, ¿ poiché il rispetto dei diritti fondamentali si impone , in tal modo, sia alla Comunità che ai suoi Stati membri, la tutela di tali diritti rappresenta un legittimo interesse che giustifica, in linea di principio, una limitazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario, ancorché derivanti da una libertà fondamentale garantita dal Trattato, quale la libera circolazione delle merci¿ (così Corte di Giustizia in C-112/00, sent. 12 giugno 2003, punto 74). Quando è necessario conciliare le esigenze di tutela dei diritti fondamentali nella Comunità con quelle derivanti da una libertà fondamentale sancita dal Trattato è necessario verificare il contenuto dei diritti fondamentali che entrano in gioco secondo il livello di tutela e quindi bilanciarlo con le libertà fondamentali di circolazione, secondo un criterio di proporzionalità e di discrezionalità. Bisogna tenere conto del fatto che alcune libertà sono assolute e non possono essere soggette a restrizioni e costituiscono prerogative assolute (quali il diritto di ciascuno alla vita ovvero il della tortura, nonché delle pene o di trattamenti inumani o degradanti, che non tollerano alcuna restrizione, cfr. punto 80 Corte di Giustizia in C-112/00, sent. 12/06/2003).

Quindi si deve fare applicazione dei principi di necessità e proporzionalità, che tengono conto di obiettivi da realizzare ed ambiti di mercato, talora anche in relazione a fattispecie concrete.

 

La disponibilità delle reti è oggetto del servizio pubblico. Il diritto di accesso quale attività diretta ad assicurare ad ogni individuo l’accesso alle reti di trasmissione ha in sé le caratteristiche del servizio pubblico , e quindi può essere definito come tale. Affermare il diritto di accesso alla rete in sede europea assicura un ulteriore momento di dinamismo nel mercato, attraverso la valorizzazione della circolazione delle informazioni. Ciò da un lato , garantisce l’attuazione della libertà di espressione nel momento della scelta del mezzo attraverso il quale diffondere il pensiero, quindi assicura l’attuazione di conquiste di democrazia e libertà imprescindibili affermate nel nostro ordinamento, che trova fondamento ¿nell’imperativo costituzionale che vuole che il diritto all’informazione, garantito dall’art. 21 Cost., venga qualificato e caratterizzato, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie, sia dall’obiettività ed informazione erogata (cfr. Corte Cost. sent. n. 112 del 1993, richiamata anche dalla Corte Cost. sent. n. 155 del 2002).

 

l’obbligo di accesso alla struttura deve essere valutato in relazione alla predisposizione di un sistema concorrenziale (così considerando  n. 19, della direttiva 2002/19) e contestualmente del pluralismo delle voci. Il principio del pluralismo assume una maggiore rilevanza ai fini del bilanciamento quando parliamo d’informazioni. Inoltre bisogna tener conto della disciplina comunitaria delle apparecchiature terminali: Direttiva 1999/5 del 1999 (apparecchiature  radio, apparecchiature terminali di telecomunicazione e reciproco riconoscimento della loro conformità); Direttiva 2002/21 (apparecchiature utilizzate dagli utenti della televisione digitale).

Questa impostazione è sicuramente valida per quanto riguarda anche gli altri mezzi di diffusione delle informazioni.

La disponibilità della rete e quindi la possibilità di accesso alla rete viene a costituire il servizio pubblico. l’accesso alla rete deve essere assicurato in regime di concorrenza per la trasmissione di contenuti. Il mercato deve essere regolamentato nella misura in cui risulti  utile al fine di assicurare la realizzazione della reale concorrenza.

 

Per quanto concerne la diffusione dei contenuti, essa non costituisce in sé un servizio pubblico: sulla circolazione di questi può prevalere il diritto di proprietà di chi ha definito il contenuto. Tuttavia non si può dimenticare che i contenuti sono manifestazione della libertà di espressione, che include la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa  essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche, e costituisce un fondamento essenziale di una società democratica, una condizione primordiale se l suo progresso e dello sviluppo di ogni individuo.

Sotto altro punto di vista non si può escludere che diritti esclusivi di diffusione costituiscono una disciplina di limitazione della concorrenza, in quanto incidono sulla libera circolazione del bene, limitandola. Da un lato infatti, non si può omettere di riconoscere che il diritto di autore ed i diritti connessi abbiano la funzione di proteggere e stimolare lo sviluppo e la commercializzazione di nuovi prodotti e servizi nonché la creazione e lo  sfruttamento del loro contenuto creativo (cfr. Direttiva 2001/29, considerando n.2).
 

In tale materia, l’Unione Europea, con la direttiva 2001/29, propone un sistema di armonizzazione normativa, quale strumento per assicurare l’attuazione delle quatto libertà fondamentali e contestualmente la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, della libertà di espressione e del interesse generale.

Sotto questo profilo, evidenzia la necessità di assicurare comunque un livello di protezione dei diritti di autore ¿adeguato¿ rispetto alla finalità di stimolare e la creatività e la produzione   anche in considerazione dei costi per gli investimenti che la creatività e produzione intellettuale può richiedere. La direttiva comunitaria 2001/19 investe tutti i prodotti intellettuali, tenendo conto in particolare di quelli che richiedono notevoli investimenti, come ad esempio, le innovazioni tecnologiche, ma anche le riproduzioni fonografiche, pellicole o prodotti multimediali e sevizi di altra nature, quali ad esempio i sevizi su richiesta. Secondo l’impostazione comunitaria la diffusione della cultura non può essere promossa se non proteggendo rigorosamente i diritti e lottando contro forme illegali di  messa in circolazione di opere culturali contraffatte o riprodotte abusivamente.

Eccezioni o limitazioni alla protezione dei diritti di proprietà e di esclusiva sui prodotti intellettuali possono essere introdotti al fine di proteggere l’interesse del pubblico a fini educativi e di insegnamento (così, considerando n. 14 dir. 2001/29).

 

Un¿altra disciplina normativa che limita gli interventi, è costituita dia Trattati Internazionali del 1996, il cui contenuto è stato definito dalla Organizzazione Mondiale della Proprietà intellettuale: 1) il Trattato della WIPO sul diritto d’autore, relativo alla protezione degli autori; 2) il Trattato della WIPO sulle interpretazioni, le esecuzione e i fonogrammi, relativo alla protezione degli  interpreti o esecutori e dei produttori di riproduzioni fonografiche.

Nella disciplina della circolazione dei contenuti deve tenersi conto anche dell’esigenza di tutelare i diritti connessi alla circolazione dei contenuti e quindi delle informazioni. Si tratta dei diritti sulla diffamazione, la pubblicità menzognera o il mancato rispetto di marchi depositati. Su questo aspetto è già stata dettata una disciplina comunitaria, relativa ad alcuni aspetti giuridici dei servizi della società di informazione, compresi quelli riguardanti il commercio elettronico (Direttiva 2000/31).

Sulla problematica della diffamazione come limite alla diffusione delle informazioni, è necessario ricordare anche l’impostazione delle Corte Europea sui diritti dell’Uomo, che ha dato attuazione all’art. 10 della CEDU . ha sempre guardato con molta diffidenza le condanne dei giudici nazionali  per il reato di diffamazione affermando che ¿¿ bisogna evitare di scoraggiare i cittadini, con la paura delle sanzioni penali o altre, di pronunciarsi circa i problemi di¿interesse pubblico¿.

 

Tre sono le  condizioni richieste dall’art. 10 della Convenzione, per giustificare l’intervento limitativo dello Stato: l’ingerenza deve essere prevista dalla legge, deve perseguire un fine legittimo, quale la protezione della reputazione o dei diritti altrui ed infine deve essere necessaria in una società democratica.

La necessità esprime un rapporto di proporzionalità tra l’ingerenza ed i fini legittimi perseguiti e, se i motivi invocati dalle autorità nazionali per giustificarla apparivano  ¿ ragionevoli, pertinenti, e sufficiente¿, in quanto esista un ¿bisogno sociale imperioso¿.

È necessario che sia raggiunto un equilibrio tra diritti ed interessi delle varie categorie dei titolari e quelle degli utenti dei materiali protetti. La stessa direttiva 2001/31 individua quali motivi per cui gli stati possano prevedere eccezioni o limitazioni ai diritti di esclusiva e di proprietà :

  • utilizzo a scopo didattivo e scientifico,

  • utilizzo da parte di organismi pubblici quali biblioteche, archivi,

  • utilizzo per scopi di informazione giornalistica,

  • utilizzo per citazioni,

  • utilizzo da parte di portatori di handicap,

  • utilizzo per fini di sicurezza pubblica,

  • utilizzo in procedimenti amministrativi e giudiziari.

È previsto l’obbligo di consentire eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione materiale, sonoro, visivo e audiovisivo ad uso privato e con equo compenso.

l’applicazione dell’eccezione, per quanto riguarda le trasmissioni televisivi, va considerato tenuto conto che i servizi di una emittente comprendono anche quelli di persone che operano per conto o sotto la responsabilità di un organismo di diffusione radiotelevisiva.

Nell’interpretazione di queste restrizioni è necessario tenere conto del bilanciamento con la libertà di espressione, alla cui attuazione è intervenuta la normativa comunitaria.

Inoltre è importante rilevare l’esigenza di assicurare la tutela e la garanzia del diritto per la collettività di ricevere informazioni, peraltro affermato dalla Corte Europea dei diritti.

La libertà di ricevere informazioni, menzionata al paragrafo 2 dell’art. 10 della CEDU , vieta essenzialmente ad un governo di ostacolare  qualcuno nel ricevere informazioni che altri vogliano o possano permettere di fornirgli, senza tuttavia con ciò imporre allo Stato l’obbligo di raccogliere esso stesso informazioni.

 

Il Consiglio d’Europa vigila anche sulla concentrazione dei mezzi d’informazione nei vari paesi aderenti ed ha sempre invitato questi Stati a garantire il pluralismo.

A tal fine, il Consiglio d’Europa ha raccomandato l’adozione di una serie di misure, nel rispetto del principio fondamentale dell’indipendenza editoriale dei media.