#IoT.Week. ‘IoT: l’era delle ‘cose’ connesse’. Intervento di Mario Frullone e Samuela Persia (FUB)

di di Mario Frullone e Samuela Persia (Fondazione Ugo Bordoni) |

Intervento della Fondazione Bordoni per fotografare lo status odierno della nuova visione di Internet, Internet of Things - IoT, dal punto di vista sociale e tecnico.

#IoT.week è lo Speciale Key4biz dedicato all’Internet of Things, in cinque puntate con interviste, case history, approfondimenti, dati, analisi e opinioni di esperti.
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IoT


FUB

Con questo contributo, la Fondazione Bordoni si propone di fotografare lo status odierno della nuova visione di Internet, Internet of things – IoT, attraverso un duplice punto di vista: “sociale”, tramite il quale viene data un’analisi degli impatti causati dall’evoluzione verso l’Internet del Futuro, e “tecnico”, tramite il quale esporre aspetti di ricerca ad oggi ancora aperti e i possibili sviluppi. Questo quadro vuole offrire uno spunto sulle possibili direzioni da intraprendere affinché l’IoT non resti una “visione” ma diventi un concetto pioneristico di connessione globale.

 

Attraverso i progressi della tecnologia e la maggiore disponibilità di reti cablate e wireless, la società si sta muovendo verso un paradigma “sempre connesso” dove tutto ciò che opera nell’ambiente comunica. Cominciano quindi ad emergere concetti come “Future Internet” e  “Internet of Things-IoT” e si definisce la possibilità di connettere gli oggetti non solo da un punto di vista sensoriale (monitorare lo status dell’oggetto) ma anche dal punto di vista “intellettivo” (l’oggetto è in grado di prendere decisioni in base all’interazione che ha con il mondo circostante). La prospettiva è quella della fusione tra il mondo fisico e quello digitale attraverso la quale si prefigura una nuova era di Internet, dove anche il concetto di connettività viene rivoluzionato passando dalla connettività per ognuno, alla connettività per ogni cosa, in ogni momento e ovunque (Figura1). 

 

figura 1

Figura 1: Nuovo concetto di connettività (fonte ITU Internet Reports -IoT- 2005)

 

Il paradigma degli oggetti di uso quotidiano intelligenti e connessi (“smart-objects”) rende ineludibile la reale disponibilità di Internet ovunque, acuendo la separazione tra le “persone connesse” e quelle “non connesse”.

 

In Italia, e non solo, il problema del digital divide rimane pertanto una barriera non ancora completamente superata, e che risulterà ancora più ostativa in un futuro in cui svariate applicazioni richiederanno un sempre maggior numero di oggetti connessi per poter usufruire dei servizi.

 

Una sempre più capillare disponibilità di banda nel territorio appare quindi condizione necessaria per qualunque evoluzione, più o meno  prossima, di Internet.

 

Dal punto di vista tecnologico, il trend di sviluppo di IoT si basa su tre capisaldi: intelligenza embedded, connettività, interazione.

 

Introdurre intelligenza negli oggetti (intelligenza embedded) vuol dire che questi sono in grado di poter fare azioni automaticamente. Molte applicazioni già si muovono in questa direzione: i tag RFID negli imballaggi degli alimenti che registrano lo stato del cibo, i controller per automobili; i sistemi di guida inerziale, ecc. 

 

Tuttavia, sebbene questi dispositivi siano intelligenti, essi funzionano ancora in maniera isolata: non c’è niente che permetta loro di fare “rete”. Dunque, il passo successivo consiste nel fare in modo che ogni dispositivo intelligente possa essere collegato. Ciò può essere fatto attraverso tecnologie note come RFID, ZigBee, WPAN, WSN, DSL, UMTS, GPRS, WiFi, WiMax, LAN, WAN, 3G, ecc. Ma i sistemi di indirizzamento in rete, pensati per un’Internet di computer e non per un'”Internet delle cose”, non sono adeguati a gestire la mole smisurata di entità che dovranno comunicare. In tale contesto, trova una collocazione naturale il protocollo IPv6. Tra le tante evoluzioni rispetto al IPv4, infatti, vi è il sostanziale allargamento dello spazio di indirizzamento, proprio per andare nella direzione di creare reti di dispositivi; si passa da un campo di 32 bit (IPv4) ad un campo di 128 bit, consentendo di fatto la possibilità di dotare di indirizzi IP qualsivoglia dispositivo elettronico: solo a titolo di esempio, con IPv6 è possibile indirizzare più di un miliardo di “oggetti” elettronici a metro quadrato sull’intera superficie terrestre. Un primo accenno di semplificazione e adattamento del protocollo IPv6 verso l'”Internet delle cose” nasce in seno a IEFT con lo standard 6loWPAN (IPv6 over Low power WPAN); l’idea alla base del gruppo di lavoro è quella di creare degli spazi di indirizzamento ad hoc con l’obiettivo di gestire la transizione tra vecchio e nuovo protocollo IP per la gestione di piccoli dispositivi a radio frequenza.

 

Infine, collegare ogni cosa non significa che le cose possano comunicare da sole, pertanto è necessario stabilire una linea comune nella definizione dell’architettura IoT. Un modello semplice e consolidato è costituito da quattro layer: 

 

  1. Perception layer, che identifica gli oggetti e immagazzina le informazione del mondo reale;
  2. Network layer, che trasmette e processa l’informazione ottenuta dal perception layer attraverso le reti;
  3. Middleware e Framework, che permettono lo sviluppo di applicazioni e servizi che utilizzano i dati ricevuti dagli oggetti, permettendo cosi di “aggiungere” intelligenza a cose con conseguente miglioramento dei servizi;
  4. Application layer, che sviluppa diverse applicazioni caratteristiche delle IoT, quali trasporto intelligente, applicazione di logistica e tracking, indentificazione e autenticazione, sicurezza, ICT Green ecc.

Varie proposte su questa architettura sono state fatte negli ultimi anni. Un esempio è illustrato in Figura 2.

 

figura 2

Figura 2: Architettura IoT (fonte IST 2011 Conference Proceedings)

 

In realtà, affinché il paradigma IoT diventi globale, la tecnologia necessaria non è il principale vincolo. Piuttosto occorre definire nuove applicazioni e, contestualmente, sviluppare  modelli di business vincenti.

 

Ad oggi, il problema è che queste applicazioni non sono a loro volta connesse tra di loro. Le applicazioni che offrono l’IoT sono svariate (dalla telemedicina alla logistica, dalla casa intelligente alla gestione delle reti di distribuzione elettrica). Queste applicazioni sono già note attraverso l’impiego di reti di sensori. Rispetto ad esse, il valore aggiunto dell’IoT è la possibilità di far comunicare singole applicazioni in un contesto trasversale, al fine di poter ottenere un vantaggio dalla collaborazione delle stesse. Un’evoluzione prossima potrebbe proprio essere quella di considerare applicazioni connesse tra di loro al fine di migliorare la loro efficienza e finalità.

 

Affinché l’IoT possa diventare “virale” e si possa entrare effettivamente nell’era delle IoT, gli ambiti da considerare sono essenzialmente tre:

 

  1. 1.   Sicurezza e privacy: in un mondo dove tutte le cose sono connesse e comunicano informazioni sull’ambiente e le persone che ne fanno parte, aumentano le implicazioni relative alla tutela dei diritti: qualunque informazione trasmessa non dovrà avere alcun impatto negativo sul singolo individuo o sulla società. La fiducia nell’IoT è quindi un elemento fondamentale per poter iniziare a pensare alla sua adozione a livello globale. Il consenso informato, la confidenzialità dei dati e la sicurezza sono elementi che dovranno essere attentamente salvaguardati.
  2. Standard aperti e unificati: la standardizzazione delle tecnologie è importante per una sempre più reale e concreta interoperabilità. L’ITU si sta muovendo attraverso la IoT-GSI (Global Standards Initiative) per fornire delle linee guida finalizzate alla promozione di un approccio unificato dello standard IoT. Ad  oggi, vari manifatturieri stanno proponendo soluzioni verticali, introducendo soluzioni e rendendo così i servizi inaccessibili da parte di altre tecnologie. Standard aperti e non proprietari sono necessari per passare dall’attuale “Intranet delle cose” al più completo e globale “Internet delle cose”.
  3. Big Data: Un aspetto significativo dell’IoT è l’enorme quantità di cose connesse ad Internet, ognuna con i propri dati da trasmettere.  Decine di miliardi di oggetti saranno connessi alla rete generando problemi di immagazzinamento e mantenimento dei dati. La necessità di interpretare una massa sempre crescente di dati attraverso applicazioni scalabili è un aspetto imprescindibile per la reale implementazione dell’IoT.

 

figura 3

Figura 3: IoT application (fonte IERC – European Research Cluster on IoT 2013)

 

La Fondazione Bordoni è impegnata in attività di ricerca sulle IoT focalizzate, in particolare, su alcuni aspetti relativi all’interoperabilità. La necessità della definizione di uno standard interoperabile e la necessità di unico indirizzamento in rete, infatti, sono state riconosciute come elementi fondamentali, senza i quali non si può pensare ad uno sviluppo globale dell’IoT. In tale ambito, sono state effettuate analisi prestazionali di una rete costituita da oggetti eterogenei (smart environment costuito da telecamere, microfoni, sensori) con schemi di indirizzamento IPv6 e 6lowPan. Tali analisi prestazionali sono basate sulla QoS della rete espressa in termini di latenza al variare della quantità del traffico, multimediale e real-time, che può essere sostenuto dalla rete stessa. Ulteriori analisi verranno svolte valutando vari modelli di traffico, di carico e di qualità end-to-end, al fine di stabilire se i protocolli IP considerati siano soddisfacenti o se sia necessario definire nuovi protocolli ottimizzati per l’IoT, compatibili e interoperabili con i protocolli esistenti.

Nella definizione di quali siano i protocolli di comunicazione più efficienti da adottare, non si può non tener conto se siano necessarie o meno nuove architetture radio. L’allocazione dello spettro e la maschera di emissione dovranno essere adattati a nuove esigenze di banda e requisiti di canale. Approcci basati sull’uso dello spettro ispirati alla tecnologia della cognitive radio dovranno essere considerati soprattutto in ambienti di forte degrado di propagazione (harsenvironement). La Fondazione Bordoni, storicamente coinvolta in tematiche dello spettro, si sta interessando a questo aspetto approfondendo temi specifici quali: protocolli di comunicazione multi-frequenza per le IoT energeticamente efficienti (energy-aware), approccio cognitive radio per dispositivi low-power tipici delle IoT e comunicazioni wireless multi-radio.

 

Le soluzioni a questi temi aperti di ricerca/innovazione saranno gli indicatori di quanto l’IoT possa essere considerato il nuovo paradigma della “Future Internet” e ci diranno quando saremo davvero pronti ad entrare nella nuova era delle cose connesse.