Perché l’UE ha avviato un’indagine su Google Search per possibile violazione del DMA
La Commissione europea ha aperto un procedimento formale per verificare se Google stia rispettando la Legge sui Mercati Digitali (Digital Markets Act – DMA), il nuovo regolamento europeo che impone obblighi molto severi alle grandi piattaforme digitali considerate gatekeeper, ossia soggetti con un ruolo dominante nell’intermediazione tra imprese e utenti.
Al centro dell’indagine c’è la “politica di abuso della reputazione del sito” (site reputation abuse policy) applicata da Google nella gestione dei risultati del motore di ricerca. La Commissione sospetta che, in base a tale politica, Google stia retrocedendo nei risultati di ricerca i contenuti di editori e media che pubblicano sul proprio sito articoli o materiali prodotti da partner commerciali.
Secondo Bruxelles, questa pratica potrebbe violare gli obblighi del DMA che impongono a Google di garantire ai contenuti degli editori un trattamento equo, ragionevole e non discriminatorio su Google Search.
Virkkunen: “La nostra indagine mira a proteggere i finanziamenti degli editori, la libertà d’impresa, il pluralismo dei media e la democrazia“
“La legge sui mercati digitali garantisce mercati più equi e innovazione nell’UE, per le imprese e i consumatori. Alphabet deve rispettare gli obblighi di fornire agli editori condizioni generali di accesso a Google Search eque, ragionevoli e non discriminatorie. La nostra indagine mira a proteggere i finanziamenti degli editori, la loro libertà d’impresa e, in ultima analisi, il pluralismo dei media e la nostra democrazia”, ha dichiarato in una nota Henna Virkkunen, Vicepresidente esecutiva per la Sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia.
Come ha affermato Teresa Ribera, Vicepresidente esecutiva per una Transizione pulita, giusta e competitiva: “Stiamo adottando misure per garantire che i gatekeeper digitali non limitino ingiustamente le imprese che si affidano a loro dalla promozione dei propri prodotti e servizi. Siamo preoccupati che le politiche di Google non consentano agli editori di notizie di essere trattati in modo equo, ragionevole e non discriminatorio nei risultati di ricerca. Indagheremo per garantire che gli editori di notizie non perdano entrate importanti in un momento difficile per il settore e per garantire che Google rispetti il Digital Markets Act”.
Barachini: “Importante verificare se gli OTT diano il corretto spazio all’informazione giornalistica e di interesse pubblico”
Anche il Governo italiano ha commentato la notizia, con il sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini, che al Corriere della Sera ha detto: “Ritengo importante che l’Europa abbia aperto un procedimento per verificare se gli over-the-top diano il corretto spazio all’informazione professionale, giornalistica e di interesse pubblico. È un’istanza che abbiamo portato come governo italiano anche all’ultimo vertice di Copenaghen con i ministri dei media e della cultura europea“.
“Siamo sempre stati, dall’inizio del nostro mandato, dalla parte degli editori dell’informazione e dei giornalisti. Lo siamo adesso e lo saremo nel prosieguo della nostra attività di governo — ha spiegato il sottosegretario — perché abbiamo varato molti interventi per il sostegno alle copie distribuite, i contributi diretti per le fondazioni e per le edicole“.
Immediata la replica di Google che ha bollato l’indagine come “fuorviante” e “infondata” ed è tornata ad attaccare il Dma per aver reso “Search meno utile per le aziende e gli utenti europei“. L’indagine “rischia di danneggiare milioni di utenti europei” ha avvertito il colosso americano, ricordando che “un tribunale tedesco ha già respinto un ricorso simile, stabilendo che la nostra politica anti-spam era valida, ragionevole e applicata in modo coerente“.
Perché la Commissione europea è intervenuta
1. Possibile discriminazione nel ranking dei risultati di ricerca
Google afferma che la propria policy contro l’“abuso della reputazione del sito” serve a contrastare pratiche manipolative, come la pubblicazione di contenuti di bassa qualità con l’obiettivo artificiale di scalare le posizioni nella SERP (Search Engine Results Page).
La Commissione ritiene invece che tale politica possa colpire forme legittime di monetizzazione usate da tanti editori, come:
- la pubblicazione di contenuti sponsorizzati;
- l’uso di materiale prodotto in collaborazione con terzi;
- la collaborazione con piattaforme commerciali o provider di contenuti.
Se i siti degli editori vengono automaticamente retrocessi, ciò potrebbe limitare la loro capacità di:
- sviluppare modelli economici sostenibili;
- innovare;
- collaborare con partner esterni;
- raggiungere il pubblico tramite Google, che resta una porta d’accesso quasi obbligata all’informazione online.
2. Possibile violazione di due obblighi centrali del DMA
L’indagine riguarda in particolare:
- Art. 6(12) DMA – obbligo di garantire condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie nei servizi di intermediazione;
- Art. 6(5) DMA – obbligo di non favorire i propri servizi o contenuti a scapito di quelli degli altri operatori.
La Commissione vuole verificare se le retrocessioni effettuate da Google rientrino in una forma di trattamento discriminatorio non consentito.
3. Impatto sul pluralismo e sull’ecosistema dei media
Se i contenuti degli editori vengono penalizzati o resi meno visibili, l’effetto economico può essere rilevante:
- minori ricavi pubblicitari per le testate;
- minore visibilità di notizie verificate;
- indebolimento del pluralismo informativo.
Il DMA nasce proprio per evitare che i gatekeeper possano utilizzare la propria posizione dominante per influenzare in modo distorsivo l’accesso alle informazioni.
Che cos’è e come funziona Google Search
Google Search è un motore di ricerca avanzato e automatizzato, che permette agli utenti di effettuare ricerche online trovando informazioni su miliardi di pagine web tramite un sistema di web crawler che esplora internet e indicizza i contenuti. È il motore di ricerca più utilizzato al mondo e funziona in tre fasi principali: scansione, indicizzazione e pubblicazione dei risultati di ricerca.
Google è accusato di discriminare altri editori di media perché, tramite le sue pratiche di mercato, favorisce i propri contenuti e riduce la visibilità dei siti d’informazione esterni. In particolare, Google integra nelle risposte AI sintetiche basate sui contenuti di altri siti, senza che gli utenti debbano cliccare sulle fonti originali, comportando una riduzione del traffico e della visibilità per gli editori.
Lo scorso mese, la Federazione Italiana Editori Giornali ha presentato all’Agcom, in qualità di Coordinatore nazionale dei Servizi Digitali, un reclamo formale contro AI Overview, il nuovo sistema di risposte generate dall’intelligenza artificiale di Google.
Inoltre, Google avrebbe imposto agli editori di scegliere tra far usare i propri contenuti per l’addestramento e i riassunti dell’IA o rischiare di essere esclusi dai risultati di ricerca. Queste pratiche sono viste come abuso di posizione dominante e cause legali sono state avviate da gruppi editoriali e autorità antitrust negli USA e in Europa.
Come procede l’indagine
L’apertura dell’indagine della Commissione, nello specifico, non implica che vi sia già una violazione accertata. È un passo formale che permette alla Commissione di:
- raccogliere prove e analizzare documenti, dati e criteri usati da Google;
- intervistare editori, esperti e stakeholder per valutare l’impatto della policy;
- valutare il funzionamento tecnico dell’algoritmo di ranking in relazione alla policy contestata.
La Commissione si è impegnata a concludere entro 12 mesi.
Se emergeranno elementi di non conformità, Bruxelles invierà ad Alphabet/Google una comunicazione formale con le “constatazioni preliminari”, cioè le accuse specifiche e le misure che Google dovrebbe adottare.
Quali conseguenze rischia Google
Se la Commissione dovesse accertare una violazione del DMA, le sanzioni possono essere molto severe: multe fino al 10% del fatturato globale, che per Google, significherebbe potenzialmente decine di miliardi di euro; multe fino al 20% in caso di recidiva e se la violazione venisse ripetuta, la sanzione potrebbe raddoppiare.
In caso di violazioni sistematiche, la Commissione può imporre misure drastiche, come l’obbligo di cedere parti dell’attività e il divieto di acquisire nuovi servizi collegati alla violazione.
Si tratta delle misure più severe previste dal DMA, pensate per impedire ai gatekeeper di aggirare le regole.
Perché questa indagine è importante
Questa è una delle indagini più rilevanti da quando il DMA è entrato in vigore. Dimostra che la Commissione europea vuole far rispettare rigorosamente il DMA, soprattutto nel settore della ricerca online, cruciale per l’accesso all’informazione.
Ma anche che punta a tutelare il pluralismo e la sostenibilità economica degli editori, spesso penalizzati dal potere di mercato delle piattaforme digitali, e che intende impedire che Google usi criteri opachi nel ranking, soprattutto quando questi hanno un impatto diretto sul mercato dei media.
Se l’indagine confermerà le violazioni, potrebbe rappresentare uno dei casi più significativi nella storia dell’Antitrust europeo in ambito digitale.


