Il Digital Networks Act (DNA) slitta a gennaio. La proposta legislativa della Commissione Ue, attesa per il 15 dicembre di quest’anno, è stata spostata al 20 gennaio 2026. Dal decommissioning del rame alla gestione delle frequenze, alla creazione dei cosiddetti campioni europei ai rapporti con le Big Tech, sono molti gli aspetti controversi che ostacolano l’iter del pacchetto normativo fortemente voluto da Bruxelles per accelerare lo sviluppo della fibra e delle reti ultrabroadband in Europa, anche su impulso del Rapporto Draghi e del Rapporto Letta.
Il provvedimento ha sollevato diverse critiche da parte di regolatori e telco.
Incertezza anche per la possibile cancellazione del modello wholesale only e scarse misure, secondo alcuni esperti, a favore del digital single market, tanto che la riforma potrebbe anche slittare ulteriormente. Inoltre, molti a livello nazionale considerano il rischio di una centralizzazione dei poteri a Bruxelles, con un conseguente ridimensionamento delle autorità locali come l’Agcom e minor attenzione alle specificità dei singoli paesi.
E ancora, c’è il timore di un indebolimento della net neutrality in nome degli investimenti con il rischio di corsie preferenziali e minori tutele degli utenti.
Dettagli sul rinvio del Digital Networks Act
La Commissione Europea ha ufficialmente rinviato la sua proposta per concedere ai funzionari più tempo per affrontare le carenze individuate durante una revisione interna da parte del Regulatory Scrutiny Board. Il calendario originale prevedeva la pubblicazione della proposta DNA per il 16 dicembre 2025. La nuova data provvisoria per la proposta è il 20 gennaio 2026.
In seguito alla proposta ufficiale, il testo sarà sottoposto a esame legislativo e a negoziati a tre tra la Commissione, il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’UE, il che significa che non si prevede che entrerà pienamente in vigore prima del 2027, con potenziali periodi transitori che si estenderanno per diversi anni.
Ue spaccata su switch off obbligatorio del rame, spettro radio e gestione del BEREC
Le telco sostengono da tempo che la Commissione dovrebbe aggiornare le regole che hanno impedito loro di attrarre investimenti per le reti ad alta velocità. La Commissione è stata messa sotto pressione per alleggerire l’onere normativo a carico delle aziende dal Rapporto Draghi, secondo cui la regolamentazione dell’UE ha frenato le industrie e l’innovazione europee.
Il mese scorso, secondo quanto appreso da MLex, il Regulatory Scrutiny Board, un organo interno della Commissione che esamina le valutazioni a supporto delle prossime proposte legislative, ha respinto la valutazione d’impatto economico dell’esecutivo UE per la DNA.
Il parere negativo riguardava tre questioni principali:
- La proporzionalità dell’imposizione di una data limite per la disattivazione delle reti in rame.
- Il rapporto costi-benefici della modifica delle attuali norme sulla gestione dello spettro
- E le risorse e la governance del BEREC, l’organismo delle autorità europee di regolamentazione delle telecomunicazioni.
Cosa c’è in ballo
Secondo un report del Servizio Ricerca del Parlamento Europeo, gli aspetti salienti del Digital Networks Act, che sotto forma di regolamento dovrebbe sostituire il Codice delle Comunicazioni Elettroniche, riguardano l’accelerazione dello sviluppo della fibra, fissando una data certa per il decommissioning del rame. Un ribilanciamento degli interessi nazionali nell’allocazione dello spettro. La certezza della cybersecurity per le reti 5G e 6G. Il controllo e la protezione dei cavi sottomarini. Affrontare una volta per tutte il tema del contributo ai costi da parte delle Big Tech (‘fair share’).
Ma, come detto, non c’è una visione unanime.
Misure di dismissione del rame per un’implementazione completa della fibra
Definizione di date limite per le vecchie tecnologie in rame per accelerare l’implementazione della fibra. Dismissione del rame per l’80% degli abbonati entro il 2028 e per il restante 20% entro il 2030.
La scadenza del 2030 sarebbe allineata con l’obiettivo di connettività del 2030 per l’implementazione di reti Gigabit in tutte le famiglie dell’UE. La DG Reti di comunicazione, contenuti e tecnologie della Commissione (DG Connect) auspica una “procedura adeguata” per proteggere i consumatori da un passaggio improvviso alla fibra ottica.
Europa spaccata sullo switch off obbligatorio del rame
Non c’è una posizione univoca in Europa, diversi paesi hanno diverse posizioni a seconda della diffusione della fibra. Ad esempio, la Spagna non ha problemi, visto la capillare diffusione della fibra nel paese. Diversa la situazione in Germania, dove Deutsche Telekom ha una rete FTTC mista fibra-rame ancora molto diffusa, e lo stesso vale per l’Italia con FiberCop, che pur sta procedendo con il suo piano di decommissioning che secondo stime dell’FTTH Council non potrà arrivare prima del 2036.
Il Consiglio preferirebbe non proporre una scadenza specifica, sottolineando che è necessario tenere conto delle specificità degli Stati membri. Nella migrazione dal rame alla fibra, “la concorrenza e i diritti degli utenti finali dovrebbero essere salvaguardati”. In breve, la fretta di implementare la fibra e rimuovere il rame non dovrebbe compromettere un buon ambiente competitivo e gravare sui cittadini.
Gli operatori di 7 paesi dell’UE hanno pubblicato piani di dismissione del rame. In sei di essi (Danimarca, Francia, Lussemburgo, Norvegia, Spagna e Svezia) le società di telecomunicazioni hanno fissato una scadenza per la completa dismissione (Norvegia, 2025; Svezia, 2026; Francia e Lussemburgo, 2030; la Danimarca potrebbe approvare il 2030; la scadenza per la Spagna è il 2026, ma il processo di dismissione sarà quasi completato entro il 2025).

Armonizzazione UE sullo spettro per i casi d’uso futuri (satelliti e 6G)
Creazione di una politica UE sullo spettro più coordinata per gestire aspetti quali i processi di autorizzazione dello spettro (prezzo dello spettro), i tempi delle aste (coordinati a livello UE) e la durata delle licenze (prorogata). Per quanto riguarda lo spettro e la sua gestione, le diverse autority nazionali fanno fatica a cedere sovranità decisionale e questo ovviamente non aiuta ad una gestione armonizzata dello spettro.
La “consultazione sul futuro della connettività dell’UE” della Commissione del 2023 richiedeva un sistema comune di autorizzazione o licenza a livello UE per l’uso dello spettro in casi “ben giustificati” (ad esempio, copertura transfrontaliera o satellite). Il Libro bianco sulle telecomunicazioni rileva che i precedenti tentativi di aumentare la gestione dello spettro nell’UE “non hanno avuto pieno successo” e ha suggerito una pianificazione dello spettro a livello UE per i casi d’uso futuri (ad esempio, settori verticali, 6G, satelliti). La DG Connect ha deplorato le attuali differenze nella progettazione delle aste dello spettro e le differenze tra gli Stati membri nei termini minimi di durata delle licenze. Il Commissario Virkkunen sostiene un “miglioramento del coordinamento dello spettro ove opportuno”, nonché l’armonizzazione dello spettro.
Il Consiglio sembra più aperto a regimi di autorizzazione e/o licenze comuni a livello UE per i servizi transfrontalieri (ad esempio, quelli satellitari), ma sempre alla luce della regolamentazione vigente e tenendo conto delle circostanze nazionali.
C’è poi una grossa questione aperta che riguarda il futuro utilizzo della banda 6 Ghz. Il fronte globale è spaccato, gli Usa puntano sull’uso di questa banda per la nuova generazione del WiFi, mentre la GSMA e le telco puntano invece sull’uso di questa banda per il mobile e in particolare per il 6G. Qual è la posizione della Commissione Ue?
Misure di sicurezza informatica per le apparecchiature 5G e 6G nel Digital Networks Act
Fornitori ad alto rischio (HRV): la revisione pianificata del Cybersecurity Act potrebbe includere requisiti più rigorosi per limitare l’accesso dei fornitori di HRV alle reti di telecomunicazioni.
Quasi tutti gli Stati membri hanno adottato misure volte a limitare o vietare i fornitori ad alto rischio. In particolare, Germania, Estonia, Romania e Svezia hanno esplicitamente vietato i fornitori cinesi di apparecchiature 5G. Belgio, Cipro, Estonia, Francia, Germania, Italia, Lituania, Romania e Svezia richiedono agli operatori di ottenere l’autorizzazione governativa o dell’autorità nazionale competente prima di installare apparecchiature di rete 5G HRV, e questa soluzione è stata proposta in Croazia e Norvegia.
In Italia, le reti 4G e 5G sono state recentemente inserite nel novero degli asset nazionali critici. Ma sul fronte delle apparecchiature extra Ue, soprattutto cinesi, presenti nelle reti esistenti non c’è una posizione univoca degli Stati membri.
Cavi sottomarini
Proposta di un sistema di governance congiunto sulle infrastrutture dei cavi sottomarini e azioni per mitigare le minacce ibride con una proposta legislativa sulla resilienza dei cavi sottomarini.
Dibattito sul contributo ai costi di rete (‘fair share’) escluso dal Digital Networks Act
Istituire un meccanismo di risoluzione delle controversie tra i grandi generatori di traffico (LTG, ad esempio Netflix) e gli operatori di telecomunicazioni, in cui le autorità nazionali di regolamentazione (ANR) o l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) potrebbero intervenire laddove gli accordi commerciali non possano essere raggiunti in tempi rapidi, evitando così lunghi procedimenti giudiziari civili.
Il dibattito in corso sull’opportunità o meno che le grandi piattaforme online (come Netflix o Google) contribuiscano finanziariamente ai costi delle infrastrutture di rete delle telecomunicazioni è un importante punto di conflitto. I critici sostengono che un proposto “meccanismo di risoluzione delle controversie per le questioni di interconnessione IP” reintrodurrebbe questa idea di “equa ripartizione” “dalla porta di servizio”, cosa che una coalizione di associazioni di consumatori ha avvertito potrebbe minare la neutralità della rete.
Peraltro, anche sul fair share l’Europa è spaccata con diversi paesi contrari, a partire dall’Olanda.


