L’Intelligenza Artificiale di Meta approda su WhatsApp e fa subito discutere. In Italia, come in altri Paesi dell’Unione Europea, l’assistente virtuale installato senza preavviso potrebbe rappresentare una violazione del diritto alla concorrenza sancito dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). A puntare il dito contro il colosso guidato da Mark Zuckerberg è l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che ha annunciato l’apertura di un’istruttoria formale per presunto abuso di posizione dominante. Un’indagine condotta in collaborazione con gli uffici della Commissione Europea, che potrebbe avere effetti ben oltre i confini italiani.
L’icona AI che non si può rimuovere
Il nodo del contendere è l’integrazione forzata di Meta AI, l’assistente basato su intelligenza artificiale, all’interno dell’app di messaggistica WhatsApp. Apparso improvvisamente da marzo 2025, l’assistente ha occupato una posizione ben visibile nella schermata principale dell’app, integrato direttamente nella barra di ricerca. Ne avevamo già scritto. Nessun avviso, nessuna possibilità di rimozione: una presenza imposta agli utenti, che ha sollevato proteste e perplessità, anche sul piano della privacy.
Secondo quanto evidenziato dall’Antitrust, Meta avrebbe sfruttato la propria posizione dominante nel mercato dei servizi di comunicazione via app per promuovere in modo non competitivo i propri nuovi servizi basati su AI. Invece di lasciare agli utenti la possibilità di scegliere tra diverse soluzioni, Meta AI viene preinstallato e integrato di default, una strategia che, secondo l’Autorità, può danneggiare il mercato e soffocare la concorrenza.
“Meta AI è stato posto sulla schermata in una posizione prominente“, si legge nella nota ufficiale dell’AGCM, “con l’obiettivo di indirizzare in modo forzato l’adozione del servizio“.
Un rischio di dipendenza “funzionale”
L’Antitrust mette in guardia anche da un rischio più sottile, quello che gli utenti diventino progressivamente “bloccati” nell’ecosistema Meta. L’intelligenza artificiale, infatti, impara dalle interazioni, diventando via via più efficace nel fornire risposte personalizzate. Un effetto rete che potrebbe rendere sempre più difficile per gli utenti migrare verso altri servizi, rafforzando ulteriormente il dominio della piattaforma.
Il nodo privacy: messaggi usati per addestrare l’AI?
Accanto alla questione della concorrenza, c’è un’ombra che incombe sulla trasparenza delle policy di trattamento dati. Non è ancora chiaro, infatti, se, e in quale misura, le interazioni con Meta AI vengano utilizzate per l’addestramento del modello.
Nella prima chat con l’assistente, Meta dichiara di non utilizzare i messaggi degli utenti per migliorare l’AI. Tuttavia, spulciando i documenti ufficiali (“How Meta uses information for generative AI models and features” e “Your messages with AIs on WhatsApp”), emerge la possibilità di opporsi a questo utilizzo. In che modo? Solo compilando un modulo specifico. E proprio nel Privacy Centre di Meta, si legge che “[w]e also use your interactions with AI” e che “[w]e aren’t using people’s private messages with friends and family to train our AIs unless you or someone in the chat chooses to share those messages with our AIs”.
Una formulazione che lascia margini di ambiguità e dubbi su quanto siano effettivamente tutelati i dati degli utenti. Chissà se anche il Garante Privacy sceglierà di affiancare l’Antitrust, in coerenza con il protocollo di collaborazione appena siglato fra le due autorità.
Un caso destinato a fare scuola in Europa
L’istruttoria coinvolge tutte le società del gruppo Meta operanti sul territorio europeo: Meta Platforms Inc., Meta Platforms Ireland Limited, WhatsApp Ireland Limited e Facebook Italy S.r.l. Proprio ieri, i funzionari dell’Autorità, insieme al Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, hanno effettuato ispezioni presso la sede italiana della compagnia.
Un’azione che arriva a pochi mesi dal debutto della contestata funzionalità e che si preannuncia come un banco di prova importante per le regole europee sulla concorrenza digitale.
La palla ora passa a Bruxelles. Se la Commissione Europea non deciderà di avocare a sé la questione, il procedimento italiano potrebbe costituire un precedente valido in tutta l’Unione.
Nel frattempo, Meta risponde con tempestività, chiarendo fin da subito la propria posizione attraverso una breve dichiarazione:
“Offrire accesso gratuito alle nostre funzionalità di intelligenza artificiale su WhatsApp dà a milioni di italiani la possibilità di scegliere di usare l’IA in un ambiente che già conoscono, di cui si fidano e che comprendono. Stiamo collaborando pienamente con l’Autorità italiana garante della concorrenza”.