Qualche tempo fa il capo della Polizia Vittorio Pisani aveva reclamato un intervento normativo, a livello nazionale, oppure, meglio, europeo, che equiparasse le piattaforme di messaggistica – da Whatsapp a Telegram a X, fino alla messaggistica di Apple e Google– agli obblighi che hanno le compagnie telefoniche in caso di indagini della magistratura nel rendere disponibili i dati degli eventuali inquisiti.
L’annuncio di Piantedosi: “Una nuova autorità pubblica sotto il Ministero dell’Interno – in particolare presso la Polizia Postale – per vigilare sui servizi di messaggistica crittografata come WhatsApp, Signal e Telegram”
Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi annuncia, in una lunga intervista rilasciata a Barbara Carfagna in onda questa sera, attorno alle 24, su Rai 1 nella trasmissione Codice, che il governo sta predisponendo la proposta di una nuova Authority che dovrebbe proprio monitorare i comportamenti delle piattaforme digitali nella gestione dei dati, a partire dalla collocazione dei server dove vengono depositati. Il nuovo organismo, il cui profilo ancora non è stato definito, dovrebbe comunque essere allocato nell’ambito dello stesso Ministero dell’Interno, dando così un particolare profilo politico all’iniziativa.
Sarà anche interessante osservare come il nuovo ufficio si collocherà rispetto sia all’Agenzia per la Cybersecurity nazionale (ACN) che alle altre Authority della privacy e delle comunicazioni.
Si delinea un vero aggiornamento sia del quadro organizzativo che della visione teorica del fenomeno privacy.
Infatti, il ministro Piantedosi, parlando del progetto, ha molto insistito proprio sul carattere di risposta che uno Stato moderno deve dare alle forme di intrusione o comunque di interferenza che ormai si registrano quotidianamente nelle relazioni digitali.
La Cybersecurity è di fatto, dice il responsabile dell’ordine pubblico nel Paese, una variante di quella guerra ibrida che sta ridisegnando sia i tradizionali confini fra guerra e pace, riducendo ormai lo spazio della seconda a fronte di un’espansione della variante digitale della prima, ma anche degli equilibri fra le singole nazioni.
Il confronto nel Governo
In merito a questo snodo, abbiamo registrato un vivace confronto fra il ministro della Difesa Crosetto e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega ai servizi di sicurezza, Mantovano, proprio sul carattere e i ruoli che i diversi settori della sicurezza nazionale devono assumere nella strategia di contrasto alle incursioni hacker.
Crosetto ha infatti reclamato uno spazio maggiore per gli apparati militari in una materia che sempre più si salda con le strategie delle alleanze militari del paese. Mentre ora Piantedosi, raccogliendo la sollecitazioni del capo della polizia, tende a individuare un campo ulteriore su cui concentrare specificamente l’azione degli apparati di sicurezza interna: la gestione dei dati da parte delle piattaforme digitali. Si gioca su questo tema una partita fondamentale sia dell’autonomia nazionale, che deve essere tutelata con la massima capacità di monitorare tecnologie intrusive quali sono quelle dei social, che della capacità del paese di salvaguardare un patrimonio essenziale quale appunto gli stock di dati sensibili, pensiamo alla sanità o al fisco o ai trasporti.
Il dibattito che si è generato fra i diversi componenti del governo ci conferma come ormai questo aspetto delle relazioni sociali – la gestione dei dati e le competenze tecnologiche per contrastare interferenze – siano sempre più discriminanti per la qualità e capacità del governo.
Attorno ad ogni singola scelta, sia in materia di cybersecurity che di tecnologie di difesa, convergono strategie politiche nazionali ed internazionali che coinvolgono sia la politica industriale che le forme di assetto democratico del paese.
In particolare, siamo ad un salto della specie in tutte le attività, dalla comunicazione ai servizi sanitari, alle relazioni professionali, in cui proprio la capacità di raccogliere ed elaborare dati diventa essenziale per la transizione dalla tradizionale società di massa ad una nuova infrastruttura sociale basata sulla personalizzazione di ogni aspetto della vita di ogni singolo cittadino.
Assicurare la massima trasparenza e indipedenza degli apparati nazionale in questa evoluzione diventa presupposto e obbiettivo di ogni processo innovativo.
Come scrive in un fortunato saggio intitolato Tecnopolitica Asma Mhalla, citando Max Werber “gli algoritmi sono la burocrazia moderna e come tale rappresentano la gabbia d’acciaio che controllano e proteggono ogni cittadino“.