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DSA, prime applicazioni dello “scudo europeo di difesa” da fake news, hate speech e disinformazione

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Questa nuova stagione regolatoria spinge l’Europa a rivendicare una leadership etica nella governance digitale. È il passaggio da spettatrice a protagonista. Ecco perché.

La Commissione europea ha avviato un procedimento formale contro X (ex Twitter), accusata di aver violato il Digital Services Act (DSA). È la prima vera prova di forza della nuova normativa UE contro la disinformazione e l’odio online. Il caso nasce dalla circolazione di contenuti illegali e notizie false durante la crisi in Medio Oriente. X, che da agosto 2023 è classificata come “Very Large Online Platform” (VLOP), è tenuta a rispettare obblighi stringenti: secondo Bruxelles, non l’ha fatto.

Il DSA impone alle piattaforme digitali meccanismi trasparenti e tempestivi per rimuovere contenuti illegali, valutare e gestire i rischi sistemici legati alla disinformazione e contrastare i discorsi d’odio. È molto più che una norma tecnica: è un passaggio politico, un atto di regolazione dell’ecosistema digitale basato su valori democratici europei. Se il GDPR ha protetto la nostra privacy, il DSA vuole proteggere la nostra informazione. È la nuova frontiera dei diritti digitali

X rappresenta il primo vero test: dopo una lettera formale inviata da Thierry Breton a Elon Musk in ottobre, la Commissione ha aperto un’indagine. Le sanzioni possono arrivare fino al 6% del fatturato globale o, nei casi più gravi, alla sospensione temporanea del servizio in Europa. Musk, noto per la sua visione libertaria della libertà d’espressione, si trova ora davanti a una sfida politica più che tecnologica.

Ma X non è sola. Anche TikTok, Meta, YouTube e Google sono nel mirino della Commissione, che ha già richiesto informazioni su trasparenza algoritmica, contenuti pubblicitari e strategie contro la disinformazione. Il DSA mira a trasformare l’autoregolazione volontaria del passato in una forma concreta di accountability, fondata sul diritto europeo.

Questa nuova stagione regolatoria spinge l’Europa a rivendicare una leadership etica nella governance digitale. È il passaggio da spettatrice a protagonista. Il DSA è il suo strumento per definire un equilibrio tra diritti e responsabilità, libertà d’espressione e tutela della dignità umana.

Da osservatore dei fenomeni di odio online, ritengo che l’azione su X sia un punto di svolta necessario. L’Europa passa finalmente dalle dichiarazioni ai fatti, dalle linee guida alle sanzioni. Ma attenzione: questo “scudo” normativo va gestito con lucidità e trasparenza. Il rischio che si trasformi in uno strumento di controllo sproporzionato non è da escludere.

Il DSA può diventare un alleato della qualità informativa, se le piattaforme accetteranno di competere anche sul terreno dell’affidabilità e non solo del profitto. È una sfida, ma anche un’opportunità per costruire uno spazio digitale europeo più libero, sicuro e plurale. In una parola: democratico.

La responsabilità non è solo delle istituzioni o dei colossi tech: è anche nostra, della società civile, dei professionisti dell’informazione, dei cittadini digitali. Perché i diritti online si difendono anche esercitandoli con coscienza. E questo nuovo patto europeo, se vogliamo, comincia proprio da qui.

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