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Botta e risposta tra il Consiglio nazionale degli utenti e la Rai sul canone. L’organismo dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha sostenuto che “l’aumento del canone porterà nelle casse della Rai 24 milioni di euro. Una manovra, a carico degli italiani, che si sarebbe potuta evitare se solo si fosse verificata a fondo l’attendibilità dei dati sulla contabilità separata predisposti dalla Rai”.
Remigio Del Grosso, vicepresidente del Cnu, ha precisato: “…Il sottosegretario Romani, mentre ha consentito il blocco del progetto di miglioramento della qualità della programmazione Rai concede l’aumento del canone di abbonamento senza verificare a fondo l’attendibilità dei dati sulla contabilità separata predisposti dalla Rai”.
Dalla Rai hanno replicato che “…la contabilità separata è predisposta su uno schema, conforme ai principi contabili nazionali e internazionali, stabilito dall’Agcom e che l’attendibilità dei dati della stessa è certificata dalla società internazionale di revisione Deloitte & Touche Spa, la cui selezione è avvenuta al termine di un confronto competitivo ed è stata approvata dall’Autorità per le Comunicazioni”.
Nella nota, la Tv pubblica ha sottolineato che “…l’Azienda si riserva ogni azione legale a tutela della propria immagine rispetto a dichiarazioni che mettano in dubbio la correttezza della stesura del suo bilancio”.
Intervistato in merito a quanto successo, Del Grosso ha detto a Key4biz che “Nessuno mette in dubbio la correttezza delle modalità di stesura dei bilanci Rai. Il Cnu fa soltanto notare che la Rai si è sempre opposta a qualsiasi richiesta di trasparenza, avanzata anche da alcune associazioni di consumatori, mirata a rendere noto all’opinione pubblica come vengono utilizzate dal servizio pubblico radiotelevisivo le risorse che le pervengono dalla tassa sul possesso dell’apparecchio Tv”.
Per il vicepresidente del Cnu, gli aumenti sistematici richiesti annualmente dalla Rai sulla base del deficit risultante dalla contabilità separata, dovrebbero essere opportunamente giustificati nei confronti dei contribuenti, mediante la diffusione dei dati analitici relativi ai costi delle singole trasmissioni definite di servizio pubblico.
“I contribuenti italiani – ha ribadito – hanno tutto il diritto di sapere se – dopo essersi sorbiti trasmissioni del servizio pubblico non proprio edificanti – hanno anche dovuto pagare le sanzioni comminate alla Rai dall’Autorità, nonché le spese legali sostenute dalla concessionaria per i relativi ricorsi proposti dinanzi al Tribunale Amministrativo”.
Per quanto concerne la trasparenza, ha detto ancora Del Grosso, che dovrebbe essere il motivo ispiratore della politica aziendale di un impresa pubblica, “duole rilevare che la Rai è inadempiente anche per l’applicazione della legge 244/2007, poiché non ha ancora pubblicato sul proprio sito web i nomi ed i relativi importi percepiti da consulenti e professionisti esterni“.
“La mancata pubblicazione degli estremi dei contratti di consulenza – ha concluso Del Grosso – comporta l’illegittimità dei relativi pagamenti e la norma prevede che, in caso di violazione, la Rai e gli stessi consulenti sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare delle somme illegittimamente erogate. Anche in questo caso, a pagare saranno i contribuenti?”.