i numeri

Un italiano su 4 passerà al 5G, ecco con quali prestazioni

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Saranno almeno 510 milioni i consumatori che pensano di sottoscrivere un abbonamento per il 5G nei prossimi 12 mesi, il 30% del totale; in Italia siamo al 25%, ovvero un consumatore su 4.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

C’è un momento impercettibile in cui una tecnologia passa dall’essere futuribile a diventare ben nota, adottata e, quasi, storia vecchia; è successo di recente con gli smartphone pieghevoli, sta succedendo con il 5G, che quasi senza che la maggior parte delle persone ci abbia dato peso da noi è diventato alla portata di tutti. In Italia ormai tutti i principali operatori sono in grado di offrire la nuova tecnologia mobile ai propri clienti, da TIM a Vodafone, da Iliad a WindTre, passando per Fastweb (su SOSTariffe.it si possono toccare con mano le attuali tariffe proposte), e ormai più del 95% della popolazione è potenzialmente raggiunto dal 5G.

Secondo l’ultimo rapporto di Ericsson, 5G: The Next Wave, basato su intervistati di 37 mercati diversi, saranno almeno 510 milioni i consumatori che pensano di sottoscrivere un abbonamento per il 5G nei prossimi 12 mesi, il 30% del totale; in Italia siamo al 25%, ovvero un consumatore su 4. In più, sempre secondo l’indagine di Ericsson, il 40% degli utenti italiani possiede un dispositivo con capacità di 5G ma non ha ancora effettuato l’upgrade. Ma qual è oggi lo stato della (non più così) nuova tecnologia nel mondo?

Il 5G rallenta, ma è tutto previsto

Questa volta ci viene in aiuto l’ultimo report di Ookla, The State of Worldwide 5G in 2022, secondo il quale in media la rete 5G a livello mondiale ha registrato una velocità in download pari a 167,27 Mbps nel terzo trimestre del 2022, l’1% più veloce rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (166,13 Mbps). Le performance per l’upload medio, invece, sono addirittura peggiorate: il risultato del Q3, ovvero 18,71 Mbps, è del 12% più lento del 2021 (21,08 Mbps). Una frenata che conferma il trend dell’anno scorso, quando, rispetto al 2020, la velocità in download era stata più lenta del 13% e in upload del 39%: le invidiabili velocità di due anni fa erano infatti di 206,22 Mbps per il download e 29,52 Mbps per l’upload.

Che succede, quindi? Il 5G invece di migliorare fa marcia indietro? In realtà, è una situazione che è stata ampiamente prevista da tutti gli analisti (anche perché è capitato più o meno lo stesso con il 3G e con il 4G): man mano che l’accesso al 5G si espande a livello planetario, la velocità media globale diminuisce. Il fatto è che anche le nazioni con infrastrutture non ottimali stanno cominciando a offrire il 5G ai propri clienti, e la condivisione dinamica dello spettro a cui si è fatto ricorso per aumentare la copertura del segnale fa sentire i suoi effetti. Per la verità, Ookla aveva previsto un nuovo aumento della velocità nel 2022 grazie all’ampliamento delle frequenze e a miglioramenti tecnologici; così non è stato, ma perlomeno la discesa si è fermata, raggiungendo un compromesso necessario tra prestazioni e diffusione della nuova rete mobile. Oggi i Paesi con accesso al 5G sono 128, rispetto ai 112 di un anno fa.

La penisola arabica fa il pieno, ma la sorpresa è la Bulgaria

Per quanto riguarda le singole nazioni, a guidare la classifica, proprio come un anno fa, c’è la Corea del Sud, con una velocità media di download di ben 516,15 Mbps (per capirci, più del doppio di una connessione in fibra ottica FTTC, e la metà della FTTH più comuni); subito dietro ci sono gli Emirati Arabi Uniti (511,70 Mbps). Impressionante il salto della Bulgaria, che non compariva nemmeno tra i primi dieci un anno fa e ora è al terzo posto come velocità mediana; migliorato anche il Qatar (quarto, era quinto), il che non stupisce, visto il lavoro sulle infrastrutture portato avanti anche nell’ultimo anno per i Mondiali di calcio. Chi crolla è invece la Norvegia, seconda l’anno scorso e ora uscita dalla top ten.

Dietro il Qatar, l’Arabia Saudita, Singapore, il Kuwait, la Nuova Zelanda, il Barhein e il Brasile; cinque Stati su dieci appartengono quindi alla penisola arabica. Sono però gli USA a guidare la classifica se si prende in esame la disponibilità del 5G, con il 54,3%: più di uno statunitense su due utilizza lo speed test di Ookla connettendosi con un dispositivo di ultima generazione. Gli Emirati Arabi Uniti, per fare un confronto, sono fermi ad appena l’8,3%, a dimostrazione degli squilibri tra le diverse classi sociali nel Paese e forse anche di un’offerta di tariffe mobili che deve essere ricalibrata per offrire un incentivo sufficiente ai potenziali clienti. Molto bene anche Cipro (47,7%), bene la Corea del Sud (34,5%), insieme all’Olanda (34,2%) e all’Australia (33,3%), tutte sopra il 30%; sotto il 20%, invece, Francia (19,3%), Germania (18%) e Regno Unito (16,8%).

Chi rimane ancora con 2G e 3G

Infine c’è chi rimane indietro, e che rischia di vedere aumentare il gap tecnologico con i Paesi più industrializzati, considerando quando il 5G sia ormai indispensabile per gli utilizzi legati alla realtà aumentata e al metaverso. Ookla ha rilevato che in 29 Paesi più del 20% delle connessione al proprio speed test è arrivata da connessioni 2G e 3G; qui non solo il 5G è un miraggio, ma anche il 4G è tutt’altro che scontato. È di consolazione apprendere che la lista l’anno scorso contava ben 70 Paesi, ma la presenza di così tante connessioni 2G e 3G ha anche l’effetto di impedire agli operatori di rendere le reti 4G e 5G più efficienti. In questo circolo vizioso ricadono la Repubblica Centroafricana (dove la percentuale di collegamenti con le tecnologie più superate è addirittura del 76,2%), il Turkmenistan (58,5%), le isole Kiribati (51,6%), la Micronesia (47,4%), il Ruanda (41,1%), la Bielorussia (39,7%), la Guinea Equatoriale (37,7%), l’Afghanistan (36,7%) e così via, mostrando da una parte la predominanza di nazioni poverissime dell’Africa, in particolare centrale, e dall’altra le difficoltà degli Stati insulari, che hanno problemi logistici evidenti al di là della situazione economica. Poi c’è anche chi, come ad esempio la Palestina, compare nella lista ma ha fatto passi di gigante rispetto all’anno scorso. Tra i Paesi che invece sono usciti da questa classifica rispetto all’anno scorso Algeria, Ecuador, Etiopia, Namibia e anche l’Ucraina