Consultazione Agcom

Fibercop, per gli operatori non è coinvestimento come dice il codice europeo delle comunicazioni

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Pubblicato l'esito della consultazione Agcom sulla proposta di coinvestimento di Fibercop. Per gli operatori non è coinvestimento come prevede L'articolo 76 del Codice europeo delle comunicazioni elettroniche. Dario Denni (Europio Consulting): 'Coinvestimento non può ridursi a mera offerta commerciale'.

Pubblicato sul sito di Agcom l’esito della consultazione pubblica rivolta agli operatori in merito alla proposta di coinvestimento di Fibercop, la società della rete secondaria di Tim che detiene il 58%, partecipata al 37% da KKR e al 4,5% da Fastweb. In sintesi, tutti gli operatori che hanno risposto alla consultazione sono concordi nel dire che la proposta di Tim non è un coinvestimento in linea con l’articolo 76 del Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche. L’esito della consultazione – che ha visto la partecipazione fra gli altri di Fastweb, Vodafone, Colt, Irideos, Retelit – rispecchia di fatto la posizione critica del commissario Elisa Giomi, che pochi giorni fa ha espresso una posizione critica, in polemica con il parere favorevole espresso pochi giorni prima dal Consiglio dell’Autorità sulla proposta di coinvestimento di Fibercop. Inoltre, secondo gli operatori, il coinvestimento dovrebbe riguardare soltanto la realizzazione di nuove reti, oltre all’ex incumbent gli altri coinvestitori devono poter partecipare sì accollandosi il rischio d’impresa, ma anche potendo contare sulla codeterminazione della rete. Cosa che di fatto non è prevista nemmeno per Fastweb, che pur partecipa direttamente a Fibercop.

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Dario Denni (Europio Consulting): ‘Coinvestimento non può ridursi a mera offerta commerciale’

Dario Denni, fondatore di Europio Consulting ha dichiarato: “La vicenda del coinvestimento non può ridursi ad un’offerta commerciale ed è ancora lunga la strada perché si possano considerare come impegni vincolanti, gli obblighi regolamentari a cui già oggi Fibercop, in quanto controllata da TIM, dovrebbe a tutti gli effetti essere soggetta – ha detto Denni – Per questo il regolatore deve prendere atto delle proteste degli operatori, così ben documentato dagli atti del procedimento, e si dovrebbe rispondere alle eccezioni che sono state sollevate. Ad esempio: C’è vera codeterminazione si o no? Come si garantisce un’equa distribuzione del rischio? Chi e quando convoca il comitato dei coinvestitori? Come sono tutelati gli access seeker? E’ da non sottovalutare la vicenda dei veicoli societari che non può più rimanere sulla carta come un caso di scuola dal momento che molti operatori hanno pubblicato piani di sviluppo infrastrutture ottiche territoriali e la recente normativa antitrust ha introdotto forme di coordinamento. Quindi la sfida è scrivere bene gli impegni, e non lasciare che un manuale di antitrust redatto ad uso interno, realizzi una sicurezza fittizia, che non tutela la parità di accesso, la confidenzialità delle informazioni commerciali degli operatori concorrenti, e la vivacità imprenditoriale che potrebbe tornare a spegnersi a fronte di una recrudescenza delle regole del mercato”.

Motivazioni di Fastweb

Per Fastweb, “…l’obiettivo del co-investimento è incentivare la realizzazione di reti in aree in cui c’è incertezza sulla domanda, quindi esclusivamente in aree grigie e non in aree nere come è invece previsto dalla proposta di impegni presentata da TIM. Si ritiene pertanto che l’inclusione dell’infrastruttura già realizzata da Flash Fiber, l’infrastruttura FTTH realizzata da TIM al di fuori del perimetro di Flash Fiber ed in generale l’inclusione nel perimetro di aree nere dove è presente l’infrastruttura alternativa FTTH realizzata da parte di altri soggetti (ad esempio, Open Fiber o altri operatori) nel perimetro renda la proposta di impegni di TIM inidonea a qualificarsi per l’applicazione del trattamento normativo previsto dall’art. 76 EECC in quanto contraria sia a quanto previsto dal paragrafo 1 dell’art. 76 del Codice Europeo, sia alle indicazioni presenti nelle Linee Guida del BEREC…”.   E ancora, “…l’attuale riserva a favore di TIM per le attività di attivazione e manutenzione delle linee di accesso renda la proposta di Impegni non idonea a qualificarsi come coinvestimento ai sensi dell’art. 76 del Codice Europeo…”.

In conclusione, Fastweb ritiene che la proposta di Impegni di coinvestimento presentata da TIM in data 29 gennaio u.s. e integrata in data 21 aprile u.s. non rispetti i requisiti per qualificarsi per il trattamento normativo previsto dal paragrafo 2 dell’art. 76 EECC in quanto non rispetta le condizioni elencate dal paragrafo 1 dell’art. 76 e dall’Allegato IV al Codice Europeo, nonché le Linee Guida del BEREC BoR (20) 232 in merito ai seguenti aspetti:

· Inclusione nel perimetro della proposta di Impegni di coinvestimento della copertura Flash Fiber e dell’infrastruttura già realizzata da TIM in aggiunta a Flash Fiber stessa, infrastrutture già realizzate dove non è riscontrabile alcun nuovo e significativo rischio di deployment;

· Ingiustificata deroga per operatori di piccole dimensioni, in quanto non commisurata al rischio che tali operatori sopportano (lo sconto economico deve essere sempre commisurato al rischio sopportato);

· Deroga per frazioni di Comune, che comporta distorsioni competitive tra coinvestitori che investono su tutto il Comune ed eventuali coinvestitori che investono solo in una porzione di esso, in quanto entrambi potrebbero accedere al medesimo sconto pur assumendo un rischio differente;

· Assenza di condizioni economiche note a priori per i non coinvestitori;

· Limitato grado di co-determinazione da parte dei coinvestitori nelle strategie di investimento di FiberCop, in quanto i coinvestitori possono esprimere solo pareri non vincolanti in merito alle strategie di investimento nell’ambito di un Comitato che può riunirsi anche solo ogni semestre;

· Ricorso da parte di FiberCop al solo personale di TIM per l’attivazione e la manutenzione dei servizi di accesso”.

Motivazioni di Vodafone

Per Vodafone, ad esempio, “…Non sussistono adeguate garanzie di autonomia e di indipendenza finanziaria di Fibercop, ovvero il veicolo attraverso il quale si realizza il suddetto coinvestimento, tenuto conto che Tim mantiene una quota di controllo del 58%, nomina il CEO, il CTO e previo consenso di KKR, l’Antitrust and Regulation Chief Officer nonché 5 membri del Cda, cioè la maggioranza rispetto ai 9 membri…”.

Prosegue Vodafone: “…Per quanto riguarda l’articolo 76 del Codice Europeo delle Comunicazioni elettroniche l’offerta di Fibercop non rispetta numerose (se non tutte) le condizioni previste dal quadro europeo.

Tra quelle di maggior rilevanza:

L’assenza di diritti strutturali in relazione alle infrastrutture oggetto del co-investimento.

L’insostenibilità economica dell’offerta pubblicata da Tim, con la conseguente incapacità dell’offerta di garantire un’adeguata e sostenibile concorrenza di lungo periodo sui mercati al dettaglio.

L’assenza di qualsivoglia co-determinazione da parte dei co-investitori…”.

Per Colt, l’offerta di Tim “non incentiva il livello di infrastrutturazione in reti VHC” e ha “un impatto negativo” sulla concorrenza nei mercati a valle.