Spettro radio

700 Mhz alle telco, l’Italia chiede più tempo alla Ue. Ma il 5G?

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L’Italia chiede alla Ue di ritardare fino al 2022 la migrazione dei broadcaster dalla banda 700 Mhz a favore della banda larga mobile e del 5G. Ma ce lo possiamo permettere?

Frequenze 700 Mhz, l’Italia prende posizione e chiede più tempo (due anni) rispetto all’accelerazione impressa dalla Commissione Ue, che spinge gli Stati membri ad anticipare appunto di due anni, al 2020, il processo di liberazione della banda da parte dei broadcaster a favore della banda larga mobile 4G e in prospettiva del 5G. Il nostro paese, in una nota inviata a Bruxelles, ha chiesto ufficialmente di concedere due anni in più, fino al 2022, per la liberazione della banda 700 Mhz che la Ue vuole destinare al più presto all’Internet mobile, fissando a giungo 2017 la presentazione di un piano nazionale di migrazione al 2020, e per dicembre 2017 la chiusura del coordinamento internazionale delle frequenze.

Ma come la mettiamo con il 5G, il business del futuro dell’Internet of Things e delle connected cars, su cui la Ue punta per rinverdire il primato europeo nella telefonia mobile e i fasti europei del 2G e del 3G?

L’Italia può permettersi di schierarsi così apertamente a favore dei broadcaster televisivi mentre l’Europa va in tutt’altra direzione?

La posizione dei broadcaster

 

Anche i broadcaster di casa nostra, attraverso Confindustria Radio Televisioni ieri in audizione al Senato, hanno chiesto di rimandare almeno al 2022 i termini per il rilascio dei 700 Mhz, “garantendo alla piattaforma terrestre un orizzonte certo fino al 2030 per la banda sub 700, con una rivalutazione tecnologica e di mercato nel 2025. Avviare, su impulso del Mise e di Agcom, il processo di elaborazione di un percorso di transizione con gli operatori e la relazione operosa con i paesi confinanti (in particolare la Francia, molto avanti con il processo di transizione), attivando fin da subito un tavolo di confronto politico in grado di governare il processo, salvaguardando le esigenze dei cittadini e delle imprese del settore”.

Nel mirino dell’associazione anche la proposta della Commissione Ue di stabilire fin da subito un uso flessibile della banda sub 700: “Stabilire oggi che la banda sub 700 potrà essere utilizzata in maniera flessibile significa compromettere il futuro della piattaforma terrestre poiché si andrebbero a toccare le uniche frequenze rimaste già attribuite a questa piattaforma”.

La situazione dei digitale terrestre in Italia è peculiare, secondo l’associazione confindustriale, con 18 milioni di famiglie su 24 che si affidano a questa piattaforma per fruire della tv in chiaro. Inoltre, l’associazione sottolinea che per il passaggio all’Hd e Ultra Hd saranno necessari nuovi standard di trasmissione (DvbT2) e compressione (Hevc), i broadcaster hanno bisogno di più banda e di più tempo (almeno fino al 2025) per sostituire i 70 milioni di ricevitori (televisori e decoder) presenti nel nostro paese.

La banda 700 è occupata al 60% da emittenti nazionali e locali, tutti con diritti d’uso in scadenza nel 2032 (nel 2034 per Cairo ndr).

La richiesta dell’Italia

 

Intanto, la richiesta di dilazione italiana è stata sottoposta alla Ue in vista del passaggio cruciale sull’uso delle frequenze 470-790 Mhz nell’Unione in Parlamento e in Consiglio, chiamati a esprimersi sulla linea più intransigente impressa dal Commissario Ue alla Digital Economy Gunther Oettinger, grande sponsor europeo del 5G e fautore di un rapido passaggio ‘armonizzato’ della banda all’internet mobile in tutti gli stati membri. Una posizione, quella di Oettinger, in linea con i desiderata di Francia e Germania, dove l’asta per i 700 Mhz c’è già stata.

La posizione italiana, ribadita ieri dal sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli in VIII Commissione Lavori pubblici, comunicazioni al Senato – che ieri ha approvato una risoluzione ad hoc in linea con il Governo – è invece quella di una transizione più morbida, di un ritorno ai termini meno serrati del Rapporto Lamy, voluto dalla precedente Commissione Ue, che fissava sì al 2020 il trasloco del digitale terrestre dalla banda 700, ma con una flessibilità di due anni prima o dopo (2018 o 2022). Una posizione condivisa anche dal parere dell’RSPG, il gruppo che a livello europeo governa lo spettro radio, dedicato a una strategia a lungo termine sul futuro utilizzo della banda UHF nell’Unione europea.

Anche gli operatori Tlc, destinatari naturali delle frequenze della banda 700 Mhz liberate dai servizi Tv, segnalano la necessità di allungare la scadenza del passaggio almeno fino al 2022, dovendosi risolvere preventivamente tutte le questioni ancora aperte in Italia in materia di frequenze, poiché in caso contrario non sarebbe garantita la piena disponibilità delle nuove risorse spettrali, rendendo così non conveniente l’acquisto delle stesse ed i relativi investimenti.

Il nostro paese chiede inoltre di prevedere forme di compensazione per i costi per l’acquisito di set top box da parte delle persone economicamente svantaggiate e per le spese per cui saranno soggette le emittenti, in conformità con le norme sugli aiuti di Stato nella UE.

Sulla stessa linea italiana (transizione non prima del 2022) sono anche Spagna e Regno Unito. La decisione finale, come detto, passa per Parlamento e Consiglio europeo, quindi in definitiva saranno i governi Ue a decidere.

Rischio interferenze

Il problema è che in alcuni paesi Ue, come la Germania e in particolare la Francia, il processo di liberazione dei 700 Mhz è già in fase avanzata. In Francia l’asta per i 700 Mhz c’è già stata e gli operatori intendono accendere gli impianti per il 4G già nel 2017 in Corsica e Costa Azzurra. Se l’Italia manterrà i 700 Mhz per il digitale terrestre, il rischio di interferenze delle nostre emittenti ai danni del segnale mobile in Francia è certo, con il rischio di procedure di infrazione della Ue per il mancato coordinamento internazionale dello spettro.

Inoltre, diverse frequenze assegnate in passato alla Tv locali sui 700 Mhz in Italia non sono coordinate a livello internazionale e per questo il nostro paese è da tempo sotto osservazione.

Il tema sarà al centro del convegno ‘700 MHz. Lo stato attuale in Italia e le spinte europee’ che si terrà lunedì prossimo, 14 marzo, organizzato dalla Fondazione Ugo Bordoni (FUB).