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5G, un’occasione d’oro da non lasciare soltanto agli esperti

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Dai nuovi sindaci attendiamo una risposta adeguata che renda il comune un driver, un motore che pretenda più efficienza e maggiore attenzione alle nuove ambizioni e necessità di città.

L’occasione offerta dal 5G è troppo importante e pervasiva per lasciarla solo agli esperti. L’adeguamento della feroce battuta del premier francese Georges Clemenceau sulla guerra che non andava lasciata ai militari, forse ratifica che il nuovo standard di connettività mobile è ormai diventato maggiorenne. Domani al Politecnico di Milano sarà presentato il nuovo report sul mercato del settore dal titolo esaustivo ‘5G è il momento di investire’. Ma forse è anche il momento di programmare.

Provider trainanti finora

Fino ad oggi abbiamo avuto una fase tutta trainata dai provider, che dopo aver pagato a caro prezzo le licenze hanno a testa bassa iniziato a cablare le città. Siamo oggi al 95 % della popolazione raggiunta da potenziali servizi in 5G, anche se per la grande maggioranza si tratta ancora di modalità in Dynamic spectrum Sharing che ancora sfrutta la rete in 4G, riducendo le prestazioni della nuova banda. Ora si sta passando, da quello che il report del Politecnico di Milano ci fa intendere, ad una fase tutta protesa alle aziende come principali user.

Siamo nello stadio della crescita. Dal 20% siamo passati al 34% delle imprese che sono alle prese con il nuovo standard e stanno cercando di capire come sfruttare l’opportunità. La modalità 5G si sta allargando al settore industriale, dove già si ristrutturano apparati produttivi sulla base delle nuove connessioni a bassissima latenza di segnale. Perfino nella sanità si stanno segnalando prime sperimentazioni.

Mancano all’appello ancora le comunità, i cittadini, e soprattutto le istituzioni locali.

5G, dove sono le istituzioni locali?

Il 5G è innanzitutto una forma di relazione sociale, come lo è stata Internet e poi il mobile. Senza avere un’anima territoriale che adotti e performi il sistema alle necessità della moltitudine di utenti potenziali, rischiamo di ridimensionare di molto il nuovo standard che già soffre dell’attesa per il prossimo livello, il 6G, già in fase di prototipazione. In varie città, per la verità, sono in corso delle sperimentazioni pilota come a Milano con un primo filobus a 5G, o a Venezia dove si sta allestendo una vera cabina di regia per il monitoraggio territoriale.

Ma sono tutte progettazioni guidate dai provider che cercano di mettere in vetrina il nuovo sistema. I comuni, soprattutto quelli delle grandi città, come Milano, Roma, Napoli e Torino, sono solo partner accessori. Non a caso, nella recente campagna elettorale fra i molti temi dibattuti è rimasto del tutto assente proprio la strategia di sviluppo della connettività territoriale.

Reti vitali per la sopravvivenza

La caratteristica del 5G, peraltro, è proprio quella di adeguarsi ai livelli di utenza, disegnando automaticamente le portanti sul profilo della domanda di trasporto dei segnali. In sostanza, sapere e capire quali siano gli utenti e per quali necessità sarebbe fondamentale per dare più efficienza e funzionalità al servizio.

 Ed oggi dobbiamo constatare che siamo in uno snodo in cui le forme di collegamento virtuali sono essenziali per la sopravvivenza. La pandemia ci ha reso sempre più dipendenti da questo modo di relazionarci, di produrre, di imparare e comunicare. Ma in concreto nulla si muove. Qualche tempo fa, per iniziativa dei sindacati confederali, in particolare della camera del lavoro della CGIL, a Milano e Napoli era stata abbozzato un tavolo di confronto per discutere di un piano regolatore della connettività. Ma poi tutto si è fermato alla soglia della campagna elettorale.

Serve programmazione

Ora con il rilancio dell’intero mercato della connessione mobile, si tratta di riprendere il discorso. La domanda è sempre la stessa: chi sa come e quando un ospedale, un museo o una scuola di quella città sarà connessa al 5G e con quale struttura e forma di collegamento?

Connettività sia basilare

Proprio le nuove esigenza delle strategia di contrasto al contagio richiedono nuova capacità di collegamento diretto fra ospedale, farmacie e medici di base e il 5G sarebbe indispensabile per una nuova filosofia di sanità territoriale. Lo stesso vale per gli apparati culturali: musei, mostre, festival che oggi devono combinare un’offerta in presenza con nuove procedure virtuali che rendano il contenuto fruibile anche a distanza. A Milano e Napoli il sistema museale è un polmone ormai irrinunciabile dell’economia locale. Non parliamo poi della rete scolastica o degli snodi professionali, dove la combinazione reale e virtuale diventa sempre più centrale per assicurare efficienza e competitività. La decisione di trasferire a Roma la nuova centrale operativa delle borse europee sollecita dalla città un’offerta di servizi adeguati, di cui la connettività nei nuovi formati è una condizione basic e non più un premium. Come poter combinare una disponibilità di immobili con la certezza che quella zona sarà quanto prima coperta dal nuovo sistema di connessione mobile?

Diversi profili di utenza

Insomma, siamo alla fase della maturità sociale che richiede una partecipazione dei diversi profili di utente, non solo dei grandi fruitori professionali e d’impresa ma anche della moltitudine di cittadini che come studenti, pazienti, o turisti devono poter godere di quelle opportunità. Dai nuovi sindaci attendiamo una risposta adeguata che renda il comune un driver, un motore che pretenda più efficienza e maggiore attenzione alle nuove ambizioni e necessità di città che sono ormai quartieri di un mondo in evoluzione.