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5G, il ‘piano Colao’ effetto boomerang sulle nuove reti?

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Il piano Colao per l’accelerazione del 5G, che propone al Governo di innalzare i limiti di emissione elettromagnetica e tacitare i sindaci che bloccano le nuove antenne 5G, rischia se accolto di provocare non pochi “effetti indesiderati” per lo sviluppo delle nuove reti, emersi in nuce ieri subito dopo la diffusione del documento. Effetti collaterali che riguardano in primo luogo l’attività dei sindaci alle prese con la crescente ondata di comitati ‘No 5G’ sul territorio. Proporre di alzare le soglie di emissione getta nuova benzina sul fuoco del conflitto nemmeno troppo latente in essere fra operatori e Comuni, che negli ultimi mesi stanno faticosamente cercando di trovare un dialogo per superare l’impasse.  

L’allarme di Antonio Decaro (Anci)

A dare l’allarme è stato Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, che chiamato a commentare il piano del Comitato tecnico scientifico presieduto da Vittorio Colao ha detto che “Ci sono degli elementi che un po’ mi inquietano. Come sul 5G, innovazione tecnologica che io ritengo importante ma sulla quale non siamo ancora partiti – ha detto Antonio Decaro intervenuto a “Mattino di Radio 1”Ci si chiede ora di superare la norma in vigore, che prevede la limitazione delle emissioni sino a dieci volte più basse rispetto al resto d’Europa – aggiunge Decaro – e questo, per me amministratore locale che mi interfaccio ogni giorno con i comitati, con i cittadini che comunque sono spaventati e vanno accompagnati verso questa novità, un po’ mi inquieta.” Tuttavia – prosegue il presidente dell’Anci- “credo ci siano spunti interessanti, a partire dalla semplificazione, alla sburocratizzazione, elementi fondamentali per la ripartenza”.

“Viviamo in una situazione d’emergenza sociale ed economica, dopo l’emergenza sanitaria, che per fortuna sembra essere passata. Occorrono risposte d’emergenza. In questo senso la semplificazione è la prima risposta da dare alla necessità del Paese di ripartire”. 

Il contesto già conflittuale fra Comuni e Telco

Le parole di Decaro, in realtà, non sono una novità ma rispecchiano una situazione che va avanti da tempo. Il conflitto fra telco e amministrazioni comunali è certamente uno dei problemi principali per la realizzazione delle nuove reti 5G. Un conflitto che va avanti da tempo e che si ripresenta ogni volta che arriva una nuova generazione di telefonia cellulare 3G, 4G e oggi 5G. Un conflitto che con l’avvento del 5G è peggiorato a causa delle fake news, assolutamente infondate dal punto di vista scientifico, che tuttavia negli ultimi mesi hanno seminato sui social il seme maligno del falso legame fra 5G e diffusione del virus. Un legame inesistente smentito da tutti i principali organismi scientifici, a partire dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Cern.

Una falsa teoria fantasiosa

Una falsa teoria fantasiosa, adottata da complottisti e gruppi cospirazionisti che proliferano in rete e che con la pandemia stanno facendo proseliti nella popolazione. Ed è anche cavalcando queste leggende metropolitane che i comitati ‘No 5G’ si stanno diffondendo sempre più negli ultimi tempi. Sono più di 400 i comuni che in un modo o nell’altro hanno detto no al nuovo standard di comunicazione mobile.  E così siamo nella paradossale situazione che da un lato i sindaci sono costretti dalla cittadinanza a dire no alle antenne 5G per timori infondati di danni alla salute per quanto negati in tutti i modi dal mondo scientifico. Mentre dall’altro lato i cittadini (gli stessi che non vogliono le antenne nel loro territorio) si lamentano per il digital divide, che gli impedisce di fare smart working o didattica online durante il lockdown. Ma tant’è questo è il quadro.

Il contesto già conflittuale fra Comuni e Telco

Ora, in un contesto difficile come questo per i sindaci che vivono sul territorio la proposta del Comitato scientifico dell’ex Ceo di Vodafone Vittorio Colao non va certo verso la facilitazione di un dialogo pacato e costruttivo fra le parti, basato sulla moral suasion fondata su argomentazioni scientifiche. Ma, al contrario, sembra ricalcare una “vecchia” agenda delle telco. Vecchia perché da anni le telco chiedono di innalzare i limiti di emissione in Italia, fra i più conservativi del mondo (limite di 20 V/m e soglia di attenzione a 6 V/m). E da anni la politica non interviene, essendo l’argomento alquanto impopolare.

Il problema è che ripresentare oggi questa proposta toglie ai sindaci e alle telco stesse il principale argomento valido in difesa della legittima volontà di realizzare le nuove antenne 5G. L’argomento che l’Italia ha i limiti più severi della Ue è il più forte contro i detrattori delle nuove antenne.

Innalzare le soglie per decreto, invece, darebbe nuovo ossigeno al partito dei “No 5G” e rischierebbe di accelerare la saldatura delle frange più estreme degli attivisti (quelli per intenderci che un po’ in tutta Europa bruciano le antenne) con i numerosi comitati cittadini più moderati e dialoganti, seppur critici e più sensibili ai temi legati ai rischi per la salute derivanti dalle emissioni delle nuove reti. Nuove reti che, com’è noto, non superano affatto i livelli di emissione imposti dalla legge per il 2G, 3G e 4G e che anzi, essendo più densamente diffuse e ravvicinate sul territorio, sprigionano un segnale meno potente delle procedenti generazioni di telefonia cellulare.    

I problemi delle telco

Ma c’è di più. Leggendo attentamente quanto proposto nel piano Colao per accelerare le reti 5G, si legge che a fondamento della proposta di innalzare le soglie di emissione elettromagnetica ci sono “Gli alti costi delle frequenze in Italia sono ulteriormente aggravati da una normativa specifica italiana sulle emissioni radiomagnetiche. Tale normativa impone limiti (pari a 20Volt/metro e 6Volt/metro nelle zone ad alta presenza umana) molto più restrittivi di quelli in vigore nella maggior parte degli altri paesi Europei, a loro volta molto al di sotto dei limiti di nocività ipotizzati. Poiché il 5G si basa su frequenze più elevate (che si propagano a minor distanza) il mantenimento degli attuali limiti implica che una completa copertura 5G richiederà un numero molto più elevato di stazioni radio di quello attualmente in uso per 3/4G, con implicazioni di costo e ambientali estremamente sfavorevoli e un lento sviluppo del servizio”.

Alzare le soglie per non fare il 5G?

In altre parole, pare di capire che se i limiti di emissione resteranno quelli in vigore la rete 5G si svilupperà molto lentamente, con un lento sviluppo del servizio. Servizio che peraltro sarà certamente più vantaggioso per i nuovi player dell’ecosistema del 5G, protagonisti dei vari Verticals (Trasporti, Energia, Sanità, media) che trarranno maggiori vantaggi dal 5G rispetto alle telco, chiamate ad altissimi investimenti a fronte di un ROI alquanto incerto.

A ben vedere, leggendo fra le righe del documento, sembra quindi in soldoni che gli operatori non avrebbero i soldi per realizzare le nuove reti sviluppandole nel modo distribuito previsto dall’architettura del 5G (tantissime microcelle fatte da tantissime antenne, densamente diffuse sul territorio). E che quindi, per risparmiare, lo scopo reale sarebbe di mantenere le nuove reti concentrate sui siti e nella struttura esistente del 3G e del 4G, veicolando le nuove frequenze 5G tramite gli impianti esistenti. Il tutto previo innalzamento delle soglie di emissione.   

E’ davvero così?

Le telco chiedono di alzare i limiti e in cambio, per risparmiare, vogliono continuare ad usare gli impianti 3G e 4G esistenti anche per il 5G?

Se così fosse non si potrebbe parlare di nuove reti 5G ma di reti 3G e 4G con segnale potenziato su cui viaggiano, eventualmente, le frequenze previste per il 5G.

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