Spettro radio

5G, Europa e Italia sono in linea con le policy globali dello spettro?

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Storicamente l’assegnazione di nuove bande di spettro è sempre andata di pari passo con il lancio di una nuova generazione wireless, ma con il 5G questa situazione potrebbe in qualche modo cambiare. Ecco perché.

Storicamente l’assegnazione di nuove bande spettro è sempre stata l’elemento catalizzatore per il lancio di una nuova generazione nel mondo del wireless, ma con il 5G questa situazione potrebbe in qualche modo cambiare.

In passato, l’allocazione della banda 2,1 Ghz ha coinciso con il decollo del 3G e la banda 800 Mhz ha coinciso con il lancio del 4G.

La domanda da porsi oggi, alla vigilia della nuova era del 5G, è se l’Europa, compresa l’Italia, sia in linea con la policy globale dello spettro 5G.

La premessa è che dagli Stati Uniti e dal resto del mondo si guarda con attenzione alla Ue per capire se ce la farà a lanciare il 5G nei tempi prefissati dalla Commissione Ue (2020-2022).

Ad oggi, i regolatori europei hanno individuato tre bande di spettro per l’introduzione sul mercato fra il 2020 e il 2022 di nuove licenze per la quinta generazione di reti mobili (5G), ma per il momento queste porzioni di spettro non sono ancora armonizzate e non sono disponibili ovunque nel Vecchio Continente.

Da sempre l’allocazione dello spettro è un fattore critico per gli operatori di rete mobile (Mno). Secondo l’analisi di William Webb, direttore della statunitense Webb Search Consulting nonché Ceo di  Weightless SIG, ente di standardizzazione per il M2M, il controllo dello spettro va di pari passo con la capacità di rete.

Al momento, sono tre le bande dello spettro radio individuate a livello europeo dal Radio Spectrum Policy Group (RSPG) e dalla Commissione Europea per il deployment inziale del 5G.

  1. La banda 700MHz che fornisce una buona copertura.
  2. La banda 3.4-3.8GHz adatta per fornire capacità in aree densamente popolate.
  3. La banda 24-28GHz per fornire capacità ultraveloce e bassissima latenza.

A livello internazionale c’è una posizione per lo più condivisa sull’utilizzo di queste bande di spettro radio per il 5G, a parte per le onde millimetriche sui 28Ghz individuate dagli Usa e su cui si potrà presumibilmente raggiungere un accordo globale che oggi ancora non c’è.

Ci sono rischi e vantaggi nell’associare nuove frequenze ad una nuova generazione wireless. Storicamente, nuove bande frequenziali sono state destinate ad una nuova generazione quando le bande esistenti non erano sufficienti a coprire i fabbisogni di capacità trasmissiva.

In realtà, un numero piuttosto limitato di frequenze destinate alle passate generazioni wireless ha permesso ai produttori di apparati di concentrarsi su una porzione limitata di spettro radio, assicurando una diffusione e una disponibilità piuttosto rapida e capillare di reti e di cellulari in tempi stretti.

Oggi il problema riguarda la mancata disponibilità delle nuove bande di frequenza per il 5G, che in alcuni paesi della Ue, fra cui l’Italia, potrebbe rallentare non poco l’avvento del 5G.

Secondo l’analista americano, già in passato un certo ritardo nel deployment del 4G in Europa è stato dovuto ai ritardi nell’organizzazione delle aste per gli 800 Mhz in seguito ai tempi lunghi per la liberazione delle frequenze.

C’è da dire, e lo precisa anche Willia Webb, che nel caso specifico del 4G questo ritardo non ha causato danni evidenti, visto che tutti i paesi Ue si sono messi al passo in tempi stretti una volta reso disponibile lo spettro necessario.

Nel caso del 5G, secondo Webb, associare il lancio della nuova generazione con nuove bande di frequenza potrebbe rivelarsi tanto “rischioso” quanto “non necessario”, perché “la necessità di liberare nuovo spettro per consentire il lancio di una nuova generazione wireless si è indebolita”.

Secondo l’analista Usa, gli operatori dispongono già di un’ampia gamma di frequenze che peraltro stanno in larga parte aggiornando in ottica di refarming di bande che oggi sono destinate a generazioni passate: ad esempio, la banda 2.1 Hhz potrebbe saltare direttamente dal 3G al 5G. Una mossa del cavallo che potrebbe consentire il lancio del 5G in maniera più indolore, visto che per esempio, limitandosi all’Italia, sui 700 Mhz la liberazione dello spettro dai broadcaster al mobile broadband non potrà avvenire prima del 2022.

Inoltre, è previsto che inizialmente il 5G venga realizzato in modalità “non standalone”, come un’evoluzione del 4G e di conseguenza all’interno dello spettro riservato al 4G.

Insomma, il rischio di creare dei ritardi nel lancio del 5G nella Ue, viste le tabelle di marcia in ordine sparso per la liberazione delle bande individuate dalla Ue, è concreto. Questo discorso vale in primo luogo per i 700 Mhz, che in Francia e Germania sono già stati assegnati all’asta con tecnologie 4G che saranno utilizzate in una prima fase per l’Lte.

Ma altri paesi europei, Italia in testa, hanno bisogno di più tempo per liberare i 700 Mhz dalla Tv e lo stesso discorso vale per la banda 3.4 Ghz-3.8 Ghz per le quali non c’è ancora una roadmap condivisa nella Ue e nemmeno una posizione univoca sul fatto se utilizzare soltanto la porzione dei 3.4-3.6 Ghz oppure raddoppiare l’ampiezza di banda disponibile per il 5G a 400 Mhz destinando tutta la banda dai 3.4 ai 3.8 Ghz.

Tanto più che la banda 3.4 Ghz è stata assegnata in diversi paesi, fra cui l’Italia (vedi Tiscali) al Fixed wireless access (Fwa) e liberare le bande in tempi stretti non sarà certo semplice, a meno che gli operatori Fwa potrebbero trovare interessante l’ipotesi di vendere le frequenze alle telco.

A quanto pare, per il 5G non si vedrà la sfilza di aste per l’assegnazione di spettro radio cui abbiamo assistito ai tempi del 3 G (Umts) e del 4G (Lte). Non sembra che le telco Ue siano troppo ansiose di assaltare la diligenza del 5G e probabilmente in una prima fase sfrutteranno le frequenze individuate per il 5G per far fruttare al massimo il 4G, in attesa di vedere i veri vantaggi del 5G sul campo.

Visto il quadro attuale, vista la crescente fame di spettro per il 4G, prima che il 5G diventi realmente di attualità, secondo Webb sarebbe forse il caso di muoversi per gradi, considerando quanto segue:

  1. Ogni porzione di spettro venga messa all’asta appena disponibile senza però legare la sua assegnazione ad una generazione piuttosto che ad un’altra. In altre parole, se necessario, gli operatori dovrebbero poter utilizzare frequenze anche il 4G se ne hanno bisogno.
  2. Il 5G sarà sviluppato di pari passo con il 4G e quindi non servono porzioni dedicate di spettro perché il 5G può partire su un numero svariato di bande di frequenza (purché compatibili a livello internazionale).
  3. Se i grandi carrier troveranno preferibile che sia il mercato a mettere insieme le frequenze per il 5G, in definitiva non sarà più necessario considerare la modalità dell’asta come l’unica per partire con la nuova generazione. Di certo sarà necessario ripensare le modalità di assegnazione dello spettro.