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5G e fibra, allo studio un fondo Ue finanziato dalle Big Tech. Target del Digital Compass a rischio?

L’Unione Europea sta studiando un fondo per contribuire ai costi della fibra e del 5G, fondo finanziato dalle Big Tech.

Da anni Bruxelles sta meditando se far partecipare anche le Big Tech americane ai costi per il rollout delle nuove reti a banda ultralarga. La consultazione avviata un anno fa per vagliare il mercato sta arrivando al termine.

Bloomberg ha visionato un documento che rientra nella consultazione della Commissione Ue.

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Dibattito sui grandi generatori di traffico

Il documento contiene il suggerimento che alle grandi aziende tecnologiche potrebbe essere chiesto di versare in un fondo centrale che servirebbe da fondo per compensare il costo della costruzione di reti mobili 5G e infrastrutture in fibra. Questo fondo sarebbe aggiuntivo rispetto ai pagamenti obbligatori dai giganti della tecnologia agli operatori di telecomunicazioni per pagare il loro utilizzo della rete.

La consultazione fa anche emergere l’idea che esista una soglia oltre la quale un’azienda potrebbe essere designata come “grande generatore di traffico”, fra questi di Google Alphabet e Netflix.

La consultazione rimarrà aperta ancora per due o tre mesi e servirà come primo vero passo concreto per addebitare agli OTT l’accesso alla rete.

Non è certo la prima volta che si sente parlare di un’ipotesi del genere. Da anni le telco chiedono un equo contributo (fair share) di investimenti da parte delle Big Tech, che producono la gran parte del traffico di rete. Ad oggi l’unica cosa che è cambiata rispetto ad una decina di anni fa è che la situazione economica della industry delle Tlc è di molto peggiorata.

Le istanze delle Telco Ue

I principali operatori dell’UE, tra cui Deutsche Telekom, Orange, Telefonica e Telecom Italia, sostengono che i sei maggiori fornitori di contenuti rappresentano oltre la metà del traffico dati Internet e dovrebbero contribuire con la loro giusta quota. I fornitori indicano anche Netflix, Apple e Microsoft.

I giganti della tecnologia affermano che l’idea equivale a una tassa sul traffico Internet che potrebbe interferire con le regole europee di neutralità della rete che trattano tutti gli utenti allo stesso modo.

La domanda della commissione fa parte di un documento di 19 pagine che l’esecutivo dell’UE ha redatto prima di proporre la legislazione.

L’esecutivo dell’UE dovrebbe pubblicare il documento la prossima settimana per raccogliere feedback dagli operatori di telecomunicazioni e Big Tech, anche se i tempi potrebbero cambiare. Il passo successivo è un accordo con i paesi e i legislatori dell’UE per finalizzare la legislazione.

“Alcune parti interessate hanno suggerito un meccanismo obbligatorio di pagamenti diretti da CAP (fornitori di applicazioni di contenuto)/LTG (grandi generatori di traffico) per contribuire a finanziare l’implementazione della rete. Sostieni tale suggerimento e, in caso affermativo, perché? In caso negativo, perché no?” il questionario chiesto.

Il questionario in arrivo

Il questionario chiede anche a chi deve applicarsi il meccanismo; se avrebbe un impatto negativo sull’innovazione, sull’ecosistema di Internet e sui consumatori; e se l’UE debba creare un prelievo o un fondo continentale o digitale.

L’UE interrogherà anche la spesa per gli investimenti e gli sviluppi futuri di Big Tech e dei fornitori di telecomunicazioni, confermando una storia di Reuters questo mese.

“Il questionario della Commissione pone fondamentalmente domande che cercano di giustificare la narrativa della ‘condivisione equa’ promossa dalle grandi società di telecomunicazioni. Inoltre, sembra ignorare l’impatto sui consumatori e le protezioni fondamentali della neutralità della rete”, ha affermato una fonte del settore.

La Commissione chiede anche informazioni commerciali dettagliate, come i contratti di peering, che di solito sono riservate. Ciò esclude di fatto le principali parti interessate dalla partecipazione.

Etno: A rischio target Ue per rete gigabit, servono più investimenti

L’Unione europea rischia di non raggiungere l’obiettivo di collegare tutte le famiglie europee a una rete gigabit entro il 2030, facendo emergere la necessità di maggiori investimenti. È quanto risulta in uno studio commissionato da Etno, l’associazione che rappresenta le principali telco europee.

Secondo Deutsche Telekom, Orange, Telefonica, Telecom Italia e i loro concorrenti dovrebbe esserci un equo contributo da parte dei sei content provider che rappresentano più della metà del traffico internet di dati. Le Big Tech la considerano una tassa sul traffico internet in contrasto con le norme Ue sulla neutralità della rete e sull’uguale trattamento di tutti gli utenti, affermando di investire anche nelle proprie reti di distribuzione dei contenuti.

In base al rapporto, gli investimenti totali nelle telecomunicazioni in Europa hanno raggiunto un picco di 56,3 miliardi di euro nel 2021, il più alto dal 2016, ma ancora in ritardo rispetto ad altre aree “L’Europa continua a rimanere indietro rispetto agli altri Paesi in termini di investimenti nelle telecomunicazioni. Gli investimenti pro capite adeguati al Pil sono stati di 104 euro in Europa nel 2021, rispetto ai 260 del Giappone, ai 150 degli Stati Uniti e ai 110 della Cina”, si legge nello studio.

“È necessaria una maggiore capacità di investimento per accelerare l’innovazione, ma le tendenze attuali consolidate esercitano ulteriori pressioni su molti operatori affinché vendano o separino gli asset legati ai servizi e all’innovazione”.

Lo studio ha inoltre evidenziato il forte divario tra i ricavi sugli investimenti degli operatori di telecomunicazioni e quelli delle Big Tech. “Esiste una forte discrepanza tra i rendimenti degli investimenti nell’infrastruttura di telecomunicazione europea e i rendimenti degli investimenti dei servizi più importanti che si avvalgono di questa infrastruttura”, si legge.

“Quando si tratta di accesso a Internet, sono gli operatori di telecomunicazioni a sostenere l’onere degli investimenti, mentre in termini di creazione di nuovo valore sono le aziende tech a trarre i maggiori benefici”, ha aggiunto lo studio. 

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