LE RASSICURAZIONI

5G, Di Maio agli Usa: ‘Il ministero controllerà i dispositivi di tutti gli operatori’

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Nel colloquio a Palazzo Chigi, Luigi Di Maio ha riferito all’ambasciatore americano Lewis Eisenberg della nascita di una struttura presso il Mise per assicurare il controllo della sicurezza di tutti gli apparecchi, software ed operatori che operano nel settore delle comunicazioni: quindi non solo Huawei, ma tutti gli operatori.

Questa volta è Luigi Di Maio a spegnere gli allarmismi degli Usa sui rischi legati dall’accesso dell’operatore cinese Huawei alle frequenze 5G italiane. Nel colloquio a Palazzo Chigi, il ministro dello Sviluppo economico ha riferito all’ambasciatore americano Lewis Eisenberg di aver firmato, venerdì scorso, un decreto ministeriale con cui si istituisce una struttura presso il Mise per assicurare il controllo della sicurezza di tutti gli apparecchi, software ed operatori che operano nel settore delle comunicazioni. Quindi non solo Huawei, ma tutti gli operatori.

Il faccia a faccia tra i due rientra sia nel tema della cybersecurity sia per organizzare la visita del ministro negli Stati Uniti: la trasferta ci sarà ad inizio aprile, durerà tre giorni, comprenderà le tappe di New York e Washington. 

Dunque dopo la bufala dei giorni scorsi, secondo cui il governo era pronto a ‘bannare’ dall’Italia Huawei e ZTE, società delle telecomunicazioni cinesi, in vista dell’adozione della tecnologia 5G (immediata è stata la smentita del Mise), è arrivato il chiarimento di Di Maio che tra l’altro ha precisato al suo ospite che la gara per l’assegnazione delle frequenze 5G è già conclusa e che Huawei è tra l’altro protagonista in Italia nella sperimentazione 5G a Milano, Bari e Matera.

La delegazione americana ha garantito che non ci sono interessi economici dietro l’ostilità americana verso Huawei, ma solo preoccupazioni legati al tema della sicurezza. Ci sarà uno scambio costante di informazione tra Roma e Washington e il capo politico M5s ha sottolineato che il governo non utilizzerà alcuna arma contro Huawei, tantomeno la golden power, lo strumento con cui è si possono recedere contratti già firmati perché legati a strutture considerate strategiche per il Paese.

L’obiettivo italiano, ha concluso Di Maio, è solo quello di non far perdere competitività alle imprese italiane rispetto a quelle di altri partner che firmano accordi con la Cina.

Il fondatore di Huawei agli Usa: ‘Non c’è modo per schiacciarci’

Oltre a Di Maio, agli Usa si è rivolto, con parole di sfida, Ren Zhengfei, fondatore del colosso cinese della telefonia Huawei, in risposta agli attacchi di Washington: “Non c’è modo che gli Stati Uniti ci possano schiacciare”. Intervistato dalla Bbc, Ren ha replicato a 360 gradi, denunciando fra l’altro l’arresto in Canada su mandato americano di sua figlia, Meng Wanzhou, responsabile finanziaria della holding, come politicamente motivato. Nel frattempo la Tlc, da lui fondata nel 1987, continua la sua corsa inarrestabile: tra pochi giorni al Mobile World Congress di Barcellona presenterà il primo smartphone 5G pieghevole.