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Rete unica, le ‘interferenze’ di Conte su Tim. Silenzio Consob? Interrogazione di Fratelli d’Italia

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Interrogazione a firma di Alessio Butti, Marco Silvestroni e Mauro Rotelli di Fratelli d’Italia su presunto incontro fra Giuseppe Conte e Arnaud De Puyfontaine: ‘No interferenze di Conte su affari interni di società private’.

Interrogazione di Fratelli d’Italia al Governo sul presunto colloquio fra il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i vertici di Vivendi per discutere fra le altre cose del ruolo del gruppo francese nel dossier rete unica in qualità di primo socio di Tim e della disputa in atto con Mediaset. Lo dichiarano in una nota i deputati di Fratelli d’Italia Alessio Butti, Marco Silvestroni e Mauro Rotelli: “Fratelli d’Italia chiede al governo di chiarire se corrisponde al vero quanto riportato il 7 gennaio dal quotidiano “Il Messaggero” circa un presunto colloquio tra il presidente Giuseppe Conte e Arnaldo de Puyfontaine, CEO di Vivendi. Secondo l’articolo, durante questo colloquio il Presidente del Consiglio avrebbe interferito nel rinnovo del Cda di Tim. Non essendo ancora arrivata nessuna smentita da Palazzo Chigi, qualora fosse vero si configurerebbe come una vera e propria intromissione indebita del governo in affari interni di società private e quotate in borsa, alterando così le regole di mercato. Stando all’articolo, viene inoltre da domandarsi se non si prefiguri il tentativo da parte del governo di sottrarre l’eventuale fusione tra TIM e Open Fiber al controllo dell’antitrust europeo. Sarebbe opportuno a nostro avviso informare d’ufficio la CONSOB perché eserciti le competenze che gli sono proprie a tutela del risparmio degli italiani”.

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L’interrogazione

“In data 7 Gennaio 2021 il quotidiano “Il Messaggero” pubblicava, a firma Rosario Dimito, un articolo recante il titolo “Conte a Vivendi: pace in TIM e Mediaset” nel quale si dava conto di un colloquio, avvenuto a Palazzo Chigi, tra il presidente Giuseppe Conte e Arnaldo de Puyfontaine, CEO di Vivendi.

Secondo “Il Messaggero”, Giuseppe Conte “…avrebbe avanzato suggerimenti finalizzati a una convivenza societaria funzionale alla crescita dei business nel rispetto degli interessi…l’emissario di Vincent Bollorè avrebbe avuto colloqui anche al Tesoro, ricevendone più o meno le stesse considerazioni…”

L’articolo prosegue con un passaggio inquietante “…in poche parole, in TIM, dove Vivendi è dal 2015 primo azionista con il 23,9%, il governo gradirebbe che sia il CdA uscente a preparare una lista per il rinnovo del board, come avviene in molte public company, su cui potrebbe convergere la CDP…e il governo avrebbe suggerito a Vivendi, che nel consiglio attuale esprime 5 membri, di sostenere questa procedura, contribuendo alla formazione della lista attraverso le proposte di una head hunter”. 

Il Messaggero conclude “…Quindi il primo socio dovrebbe rinunciare a una presa manu militari del gruppo, perché il governo considera TIM una public company, non una società a controllo francese come asseverato dalla CONSOB…”

Le affermazioni, riprese dal quotidiano romano, sono gravi soprattutto perché non risultano essere state smentite dal governo.

Innanzitutto TIM non è una public company, è quotata in borsa ed ha un primo azionista come Vivendi, che detiene il 23,9% delle azioni ordinarie

Di fatto “Il Messaggero” accusa il governo di interferire nel rinnovo del CdA di una società privata e quotata in borsa, arrivando a indicare metodi attraverso i quali determinare la composizione del Consiglio stesso.

Se risponde al vero quanto riportato da “Il Messaggero” o, in caso contrario, perché non vi sia stata una smentita da parte della Presidenza del Consiglio e del MEF sulle intromissioni indebite in affari interni di società quotate denunciate dal quotidiano romano.

Se sia davvero possibile considerare TIM una public company, come sembrerebbe essere nelle convinzioni del governo e se sia ritenuta prassi, da parte del governo, visti anche i precedenti, intervenire con disinvoltura negli affari di società private e quotate in Borsa rischiando di alterare le regole di mercato.

Se, stando all’articolo, non si prefiguri il tentativo da parte del governo di sottrarre l’eventuale fusione tra TIM e Open Fiber al controllo dell’antitrust europeo.

 Se non sia il caso di informare d’ufficio la CONSOB perché eserciti le competenze che gli sono proprie a tutela del risparmio degli italiani”.