Banda ultralarga

Rete unica, il dossier riprende quota con i fondi infrastrutturali?

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L'offerta del fondo infrastrutturale australiano Macquarie per il 50% di Open Fiber in mano a Enel potrebbe contribuire a sbloccare lo stallo del dossier rete unica. Macquarie è stato associato alla britannica Openreach.

Il dossier “rete unica” potrebbe riprendere quota, dopo che il Cda di Enel ha confermato di aver ricevuto un’offerta non vincolante per la cessione della quota del 50% detenuta in Open Fiber da parte del fondo infrastrutturale australiano Macquarie.

Non ci sono stati dettagli sull’offerta, giunta sul tavolo dell’Enel il 10 giugno scorso da parte del fondo d’investimenti australiano. Secondo quanto trapelato, si tratterebbe di un’offerta non vincolante compresa fra 1,5 e 3 miliardi di euro.

Secondo stime di analisti riportate della Reuters, il valore di Open Fiber potrebbe variare in una forbice compresa fra 3 e 6 miliardi di euro.

Il nodo della governance

Un eventuale investimento in Open Fiber da parte di Macquarie potrebbe rilanciare il progetto di rete unica, secondo il broker Fidentiis.

Resta il nodo della governance di un’eventuale società unica della rete per sbloccare lo stallo, visti i contrasti di vedute fra Tim (che vorrebbe mantenere il controllo) e Open Fiber (promotrice di un modello ‘wholesale only’ super partes e contraria al controllo da parte di Tim, operatore verticalmente integrato).

Il governo spinge

Il governo da tempo spinge Telecom Italia e Open Fiber a sposare questa soluzione che vada verso la creazione di un operatore di rete unico ed è aperto a sostenere l’offerta di Macquarie, secondo una fonte politica citata da Reuters. Non più tardi di ieri il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli ha detto che “Non possiamo pensare di arrivare al 2023 per realizzare il piano banda ultralarga, serve una rete unica nazionale che consenta a cittadini e imprese un accesso rapido ai servizi”.

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Enel e Cdp

Ma Francesco Starace, amministratore delegato di Enel, non ha fretta di cedere la sua quota in Open Fiber, che controlla pariteticamente con Cdp (Cassa Depositi e Prestiti) che detiene una quota vicina al 10% anche in Tim e potrebbe fungere da ago della bilancia accrescendo le sue quote per un eventuale merger (il cui perimetro è tutto da definire).

Tim e Kkr

Dal canto suo, Tim ha annunciato che sta selezionando uno o più fondi infrastrutturali per una “possibile operazione condivisa su Open Fiber”. Il negoziato in esclusiva con il fondo infrastrutturale americano Kkr per la cessione di una quota intorno al 40% della sua rete secondaria in rame è avviato da qualche tempo, il che potrebbe preludere ad un ingresso di Kkr nella compagine di Tim.

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Macquarie associata a Openreach

Quel che è certo è che per il fondo Macquarie le reti di accesso in fibra sono asset su cui potenzialmente investire a lungo termine: il nome del fondo è stato associato il mese scorso dal Financial Times ad un possibile interessamento per l’acquisizione di Openreach, la società della rete di BT nel Regno Unito.

Reti fanno gola

Negli ultimi tre anni fondi infrastrutturali come Macquarie, KKR, M&G Prudential e Goldman Sachs hanno rilevato quote nelle telco britanniche a caro prezzo. La fibra è un business affidabile con ritorni di lungo periodo. Tra l’altro, Kkr è lo stesso investitore che starebbe trattando in Italia con Tim per l’acquisizione di una quota nella rete secondaria in rame e fibra dell’ex incumbent di casa nostra.