La proposta

PAdigitale. Dall’età del carbone alla società dell’informazione: ecco il kit per l’esodo

di Donato Limone, Ordinario di informatica giuridica e Direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche ed economiche, Università degli studi di Roma Unitelma Sapienza |

Gli otto punti per una buona amministrazione digitale sono legati indissolubilmente fra loro: senza integrazione si resta nel guado che costa miliardi al contribuente

La rubrica PAdigitale, a cura di Donato A. Limone, Ordinario di informatica giuridica e Direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche ed economiche, Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza. Analisi e approfondimenti sul processo di attuazione della Riforma della PA. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

L’Agid ha dato notizia della sperimentazione del nuovo modello di Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), ottima notizia, ma senza lo Spid (Sistema Pubblico di Identità Digitale), come è stato rilevato in questo giornale elettronico in data 23 ottobre 2015, l’accesso e la condivisione dei dati pubblici sarà di difficile attuazione (ci sono le norme e le regole tecniche, con i tre livelli di sicurezza, ma  mancano  alcune indicazioni e decisioni operative concrete). Banche dati pubbliche, ANPR, SPID, ecc. tutto funziona se è chiaro il quadro generale di riferimento. Il tema di fondo è quello di sempre: come transitare verso un’amministrazione digitale. Proviamo, come abbiamo già altre volte rilevato in questa rubrica, a definire un kit per l’esodo.

Gli elementi del kit

Gli elementi del kit per una “buona amministrazione digitale” sono:

  1. sito che opera per informare e per erogare servizi
  2. sistema di identità digitale per avere certezza di chi opera in rete
  3. sistema documentale digitale (nativamente digitale) che comprende tutta la filiera del sistema documentale: istanze digitali, protocollo informatico, responsabile della richiesta o del procedimento, conclusione della istruttoria, provvedimento finale, pubblicazione del provvedimento sul sito e comunicazione dello stesso ai soggetti interessati, conservazione a norma degli atti del procedimento
  4. l’amministrazione ha provveduto prima di tutto a semplificare l’azione amministrativo per poi formare i dati nativamente digitali  con la riduzione degli oneri diretti ed indiretti

5.acquisizione di tecnologie ict adeguate

  1. condivisione dei dati dentro le singole amministrazioni e tra PA (banche dati)
  2. la formazione dei dirigenti e dei dipendenti pubblici sull’amministrazione digitale
  3. profili professionali per l’amministrazione digitale

Se i pezzi del kit non ci sono tutti e non sono tutti integrati allora il sistema non parte e si resta nella situazione peggiore: nel “guado amministrativo” che costa al contribuente alcuni miliardi di euro l’anno (buttati al vento e non ce lo possiamo permettere!)

Il Kit per l’amministrazione moderna

I decreti legislativi di attuazione di quanto stabilito dall’art.1 della legge 124/2015 (Carta della Cittadinanza digitale) servono a costruire i “pezzi” del kit e se i decreti sono “astratti” o troppo presi da soluzioni tecniche non chiare (come avvenuto in alcune situazioni finora) allora il kit (ma anche l’amministrazione digitale) resterà un oggetto da “mercatino della domenica”.

  1. Il sito web: il biglietto da visita delle amministrazioni

Il primo pezzo del kit è il sito, senza di questo non si avvia nessun processo di digitalizzazione. Progettare e realizzare i siti delle PA per i cittadini con lo scopo di informare cittadini ed imprese ma soprattutto per erogare servizi in rete. Oggi i siti sono fatti per le burocrazie senza tenere conto dei requisiti stabiliti all’art. 53 del Codice dell’Amministrazione digitale. I siti nella maggior parte dei casi non servono ad attivare un sistema di istanze digitali (art. 65 CAD). E quindi non servono a niente!

  1. Il sistema pubblico di identità digitale (SPID)

Senza autenticarsi (ed in modo certo e valido) non si possono attivare istanze digitali valide e non si possono erogare servizi e fruire degli stessi servizi. A che punto siamo? C’è un decreto per le regole tecniche. E poi: oggi a che punto siamo se vogliamo avere accesso a banche dati, condividere dati, firmare documenti, ecc.? Proposta: perché la carta sanitaria elettronica che hanno tutti i cittadini non viene definita come strumento Spid valido? (art. 65 del CAD).Forse è una soluzione “molto semplice” e alla portata di tutti? E’ necessario passare sempre da soluzioni complicate e complesse, sempre provvisorie, poco chiare?

  1. Il sistema documentale ‘nativamente’ digitale

Il sistema documentale amministrativo oggi è misto (analogico/digitale) e dovrebbe essere (dal 2005) solo nativamente digitale. Proposta: le amministrazioni devono stabilire che il 5% del bilancio (una tantum) viene destinato ai processi di semplificazione e digitalizzazione. I comuni possono associarsi per semplificare e digitalizzare i procedimenti. Le amministrazioni che non procedono alla semplificazione e digitalizzazione entro giugno 2016 non possono partecipare a finanziamenti pubblici di qualsiasi tipo.

  1. Il processo di semplificazione

Prima di tutto semplificare: una amministrazione piena di carte, di iter tortuosi ed inutili, di fasi procedurali lunghe, di richieste assurde. Nessuna norma dell’ordinamento italiano stabilisce di “complicare” le cose burocratiche; anzi stabilisce il contrario (legge 241/1990). Certo spesso le complicazioni burocratiche sono l’anticamera della corruzione. Per questo punto del kit vale quanto detto per il punto precedente (penalizzazioni comprese).

  1. Le tecnologie

Di tecnologie spesso si rischia di abbondare o di morire per overdose. E in tutti i casi oggi sono il problema minore. Basta collocare adeguatamente le tecnologie in un processo corretto di semplificazione e di digitalizzazione. Le tecnologie non si comprano a chilo!

  1. Condivisione dei dati

Esiste già la norma che stabilisce la condivisione dei dati senza oneri per le PA. Ma quale è la situazione? semplicemente quella di potere utilizzare solo qualche banca dati a livello nazionale e certamente di fare scarso uso di dati (addirittura) all’interno delle stesse amministrazioni. La condivisione segue la strada di quanto scritto ai punti 3 e 4.

  1. La formazione sull’amministrazione digitale

La dirigenza (strategica nei processi innovativi delle PA) deve perdere la “boria” di sapere quando non conosce e quindi con “umiltà” (parola sconosciuta oggi) deve formarsi su come si semplifica e digitalizza l’azione amministrativa. Da 25 anni la dirigenza pubblica (o i responsabili apicali non dirigenti) non procede a semplificare i procedimenti: non ci sono più alibi. Gli organi devono rimuovere (ne hanno già da oggi il potere) la dirigenza e gli apicali che non hanno semplificato niente nella loro burocrazia di competenza. Non semplificare e non digitalizzare costituisce grave inadempimento contrattuale oltre che grave responsabilità per non applicare le norme; vi è anche una responsabilità per danno erariale per aggravare il sistema amministrativo in quanto deve essere gestito oggi sia in modalità digitale sia in modalità analogica. Il costo di ridondanze amministrative (per doppioni di dati, processi, procedimenti, ecc.) è pari a 20 miliardi di euro/anno. Di qualcuno è la responsabilità!

  1. Nuovi profili e competenze digitali

Nelle PA i profili professionali sono veramente “vetusti” come non ci sono competenze digitali in linea con quanto stabilito dal Codice dell’Amministrazione digitale e dalle indicazioni contenuti in documenti della UE. Certo è difficile fare le nozze con i fichi secchi! E senza competenze adeguate non si va da nessuna parte. Allora, la politica deve intervenire (proprio con la riforma in corso) per modificare dalle fondamenta questa pubblica amministrazione.