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Mibac, previste 2mila assunzioni entro 2 anni. In anteprima le linee guida del ministero

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Key4biz pubblica in anteprima le linee-guida volute dal ministro Bonisoli: la riforma del Ministero della Cultura rafforza il Segretariato Generale, con due nuove direzioni deputate alla Digitalizzazione ed alla Comunicazione. Creata una Direzione Generale per l’Economia della Cultura.

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Come è noto, il titolare del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il grillino Alberto Bonisoli, ha messo in moto le procedure sostanziali e formali che dovrebbero portare prima dell’estate all’approvazione di una riforma organizzativa del dicastero.

Si tratta di una riforma assimilabile, per radicalità, a quella prevista dal “piano industriale” della Rai (nel passaggio da un assetto “per reti” ad uno “per generi”)? Certamente no, ma, al tempo stesso, non si tratta certo di un intervento marginale.

L’intervento è basato su una logica di razionalizzazione organizzativa, ed interviene su un organismo che definire “elefantiaco” non è retorica (basti ricordare che i dipendenti del dicastero erano 25mila nell’anno 2000 ed erano scesi a 20mila nel 2010, a 16mila nel 2018, con un “turn-over” del personale sostanzialmente bloccato).

Si tratta dell’ennesima “riforma della riforma”, dato che il dicastero ne ha vissute molte e variegate, ultima quella promossa nel 2014 dal predecessore, il piddino Dario Franceschini (che ha retto il dicastero dal febbraio 2014 al maggio 2018, titolare più longevo nella storia della Repubblica), contestata da più parti perché ha radicalmente modificato l’assetto policentrico delle sovrintendenze.

A fine gennaio, è stata formalizzata la costituzione di una commissione di studio in cui lavori si sono conclusi pochi giorni fa. La commissione è stata presieduta dal Segretario Generale del ministero, Giovanni Panebianco (nominato nell’agosto 2018, è subentrato a Carla Di Francesco), e ne fanno parte due consiglieri del Ministro, Alfredo Moliterni (consigliere giuridico) e Maurizio Decastri (consigliere per l’analisi, l’identificazione delle direttrici dello sviluppo organizzativo del Mibac), nonché gli interni Giorgio Giorgi, a capo della Comunicazione del Mibac, Lorenzo D’Ascia, a capo del Legislativo, ed il Direttore Generale Organizzazione del Ministero, Marina Giuseppone. Un ruolo particolare l’ha svolto il professor Decastri, accademico della Bocconi, che il Ministro stima da decenni come esperto dei sistemi di motivazione professionale: uno dei punti deboli delle risorse umane del dicastero è giustappunto la diffusa frustrazione dei lavoratori.

La Commissione, istituita con un decreto ministeriale del 31 gennaio 2019, ha operato “una condensata ricognizione delle criticità e delle specificità Mibac, al fine di elaborare una piattaforma organica per la razionale impostazione e il progressivo sviluppo delle valutazioni di riordino della struttura ministeriale”.

Un lavoro ambizioso, portato a termine in un lasso temporale incredibilmente breve (poche settimane), degno di una pubblica amministrazione… scandinava. Il 7 marzo la Commissione ha illustrato al Ministro i risultati dei propri lavori, il 14 marzo c’è stato un incontro con un gruppo di parlamentari, il 20 e 21 marzo con una schiera di associazioni, ed il 28 marzo è prevista la discussione con i dirigenti del Ministero, il 4 aprile con i rappresentanti sindacali.

Entro fine aprile, la definizione dello schema di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; dal 2 maggio, l’iter del Dpcm, che dovrebbe concludersi entro il 30 giugno: questa la “road map” cui sta lavorando lo staff del Ministro. Tutto dovrebbe essere pronto per settembre, con l’avvio della prossima “legge di Stabilità”.

Il testo della riforma non è ancora noto nella sua interezza, ma il Ministro ha ritenuto di anticiparne i tratti essenziali attraverso una serie di incontri di “condivisione” con esponenti politici, della società civile e, infine, con i sindacati: una apprezzabile dinamica dialogica con gli “stakeholder”, e va dato atto al Ministro di aver messo in atto una procedura trasparente. Si tratta di un “cantiere aperto”, ha detto Bonisoli.

Abbiamo avuto il piacere e l’onore di poter partecipare ad una di queste riunioni (giovedì 21 marzo), insieme a una eletta schiera formata – tra gli altri – da rappresentanti del Fondo Ambiente Italiano (Fai), di Italia Nostra, di Lega Ambiente, del Club Alpino Italiano (Cai), di Mecenate 90, dell’Associazione “Bianchi Bandinelli”, dell’Associazione per l’Economia della Cultura (Aec).

La notizia realmente significativa, e per alcuni aspetti… esplosiva, è che il Ministro ha assicurato che l’assunzione di nuove risorse umane è ormai un atto concreto, e che nell’arco di pochi mesi verranno banditi i concorsi per acquisire ben 2mila nuovi dipendenti (a regime entro 15/18 mesi), per integrare il sottodimensionato organico del dicastero (si stima di quasi 4mila lavoratori) e soprattutto per ringiovanirlo (l’età media dei dipendenti Mibac è infatti di 54 anni). Più esattamente, si prevedono 800/900 pensionamenti all’anno, l’innesto a breve di 1.500 lavoratori (già autorizzati dal bilancio dello Stato), di 560 funzionari… e quindi l’assunzione di almeno 2mila dipendenti entro due anni (dovrebbero divenire quasi 4mila in tre anni). I primi concorsi prima dell’estate (si ricordi che dal 1980 a oggi solo il 32 % delle assunzioni Mibac è avvenuta tramite concorso…).

Già questa decisione ha carattere sensazionale e finanche rivoluzionario, dopo anni ed anni di politiche pubbliche vincolate dalle logiche repressive e regressive di una mal interpretata “spending review”. 

La mini-riforma tratteggiata da Bonisoli prevede, in un’ottica di razionalizzazione, un rafforzamento notevole del ruolo del Segretariato Generale e la creazione di una nuova direzione focalizzata sulla comunicazione, nella cui economia dovrebbe rientrare anche il potenziamento dei processi di digitalizzazione di tutto il ministero.

La principale novità della riforma è infatti rappresentata dal rafforzamento del ruolo di “governance” del Segretariato Generale, quale autorità di vertice cui è rimesso il coordinamento di tutti i livelli dirigenziali generali dell’Amministrazione. Questo nuovo potente Segretariato Generale vede al proprio interno due nuove Direzioni: una deputata alla Digitalizzazione e all’Innovazione, ed una deputata alla Comunicazione.

La quantità di Soprintendenze uniche è destinata ad aumentare. Viene potenziato il ruolo della Direzione Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. La “Direzione Generale Architettura, Arte Contemporanea e Periferie” dovrebbe essere ridenominata “Direzione Generale Creatività Contemporanea e Rigenerazione Urbana”. Restano i “musei autonomi” e nasceranno 11 reti museali interregionali, con un riequilibrio delle risorse dei “poli museali”. Ridotti numericamente e accorpati i Segretariati Regionali. È previsto l’innesto nell’organico ministeriale di professionisti dell’informatica, nonché di economisti e giuristi (“non ne abbiamo abbastanza”, ha dichiarato in varie occasioni il Ministro). Il paventato rischio di inversione della rotta tracciata da Dario Franceschini, ovvero una riduzione del processo di autonomizzazione dei musei, non sembra essere in agguato: qualche giorno fa, il predecessore (in un’intervista al quotidiano “la Repubblica”) ha dichiarato che “fino a quattro anni fa i musei dello Stato, Uffizi compresi, erano gli uffici delle Soprintendenze, diretti da funzionari. Non avevano statuto, bilancio, comitato scientifico, autonomia. Tornare indietro sarebbe un delitto”. Non ci sembra che la riforma annunciata da Bonisoli vada in questa direzione.

Si prospetta l’istituzione di una nuova struttura di livello dirigenziale generale specializzata nelle diverse fattispecie in cui si articola la contrattualistica pubblica nel settore dei beni culturali: la nuova Direzione Generale Contratti ed Economia della Cultura dovrebbe curare la gestione diretta di tutte le gare dell’amministrazione centrale per lavori, servizi, forniture, nonché la gestione diretta, con riguardo agli appalti di lavori, di gare “strategiche” per il sistema nazionale dei beni culturali, ed infine la gestione diretta, con riguardo ai servizi aggiuntivi, delle gare di maggiore rilevanza per il sistema museale. Questa Dg diventerebbe senza dubbio la più potente del Ministero…

Nessuna modifica invece, almeno per ora, per quanto riguarda la Direzione Generale Cinema del Ministero, che pure dovrebbe essere modificata – a parer nostro – almeno in Direzione Cinema Audiovisivo e Multimedialità, o per la Direzione Generale Spettacolo dal Vivo, allorquando una lungimirante razionalizzazione potrebbe invece prevedere una Direzione unica, tra spettacolo “riprodotto” e spettacolo “dal vivo”, in una prospettiva multimediale e digitale.

Il carattere informale dell’incontro del 21 marzo ha consentito di apprezzare la indubbia buona volontà di un ministro dal piglio evidentemente più manageriale che politico.

Alberto Bonisoli ha dichiarato di aver scoperto poche settimane dopo il suo insediamento di avere a che fare con risorse umane demotivate e spesso frustrate. Inoltre, ha osservato come “il mondo esterno” percepisca il Ministero e, in particolare le Soprintendenze, come soggetti policentrici, eccessivamente plurali, non in grado di fornire al cittadino e all’utente risposte univoche.

L’esigenza di processi di razionalizzazione dell’organizzazione è sorta quindi naturale.

Altra criticità del ministero è l’avanzata età media dei dipendenti, cui si associa il problema della formazione professionale dei dipendenti che verranno assunti. Per quanto riguarda questo specifico aspetto, Bonisoli ha annunciato anche il potenziamento della Scuola del Patrimonio, ovvero della Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività Culturali.  

È emerso nei commenti del Ministro, a margine dell’illustrazione delle linee-guida, illustrate dal Segretario Generale Panebianco, un approccio manageriale ma non impostato alla redditività economica.

Bonisoli, a differenza del suo predecessore, non sembra puntare a rendere i musei e i beni culturali in generale “macchine economiche” (governate prevalentemente da logiche di efficienza ed efficacia), bensì luoghi di promozione civile del patrimonio culturale. Grande attenzione nei confronti dei servizi al cittadino (ovvero della necessità di dare risposte adeguate ai bisogni della comunità), così come rispetto al benessere organizzativo (la qualità del lavoro dei dipendenti).

Particolarmente interessante una affermazione di principio manifestata da Bonisoli: “lo Stato non deve orientare l’offerta culturale, ma predisporre le condizioni per stimolare una proposta ampia, plurale, variegata. Deve consentire agli artisti di esprimersi ma non deve influenzare l’offerta”. La mano pubblica non deve proporre “algoritmi selettivi”, ha precisato. In linea di principio, il concetto è assolutamente condivisibile, ma alla fin fine, se lo Stato rinuncia a minimamente orientare, non può che subordinarsi alla logica del mercato. Che è il principio stesso della grande retorica del “tax credit”, ovvero, la mano pubblica rinuncia a scegliere e lascia decidere di fatto agli imprenditori, agevolandoli fiscalmente. Di fatto, riteniamo si tratti di un approccio sostanzialmente neo-liberista, che sancisce la rinuncia ad un ruolo di indirizzo dell’intervento pubblico.

L’occasione ci ha consentito di segnalare al Ministro il perdurante ed enorme deficit cognitivo-informativo del dicastero, che non dispone ancora di un sistema organico di dati ed analisi, e soprattutto di valutazione di impatto del proprio intervento, su ogni fronte.

Infatti, nel corso degli ultimi decenni le strutture preposte del Ministero sono state depotenziate e definanziate, al punto tale che sia l’Ufficio Studi che l’Osservatorio dello Spettacolo sono divenute scatole vuote. Il Ministro ha riconosciuto l’esigenza di disporre di strumentazioni adeguate all’elaborazione di una strategia di medio-lungo periodo, ma abbiamo maturato l’impressione che non la ritenga esattamente una priorità. Il Segretario Generale ha tenuto a rimarcare che “esiste già” un Ufficio Studi del ministero, ma, a fronte della nostra rinnovata critica, ha riconosciuto che, non essendo dotato delle risorse adeguate, effettivamente a ben poco serve. Ha riconosciuto, nell’economia di questo discorso, che non esiste nemmeno più una linea editoriale del ministero, dato che non viene più pubblicato il già semi-clandestino “Notiziario” del Mibac, né vengono pubblicati in modo minimamente organico gli esiti delle ricerche che pure il dicastero in modo frammentario e discontinuo continua a realizzare. Queste attività – ricerca e studio e pubblicazioni – potrebbero in verità essere concentrate nel nuovo “Servizio V” del rafforzato Segretariato Generale, che è denominato “Progetti Strategici e Project Management”.

Abbiamo ricordato al Ministro che, a fronte di questo deserto di conoscenza, non a caso il suo predecessore Dario Franceschini ha sentito l’esigenza di prevedere, nella legge di riforma del settore cinematografico e audiovisivo, finalmente una “valutazione d’impatto”, per quanto di impostazione eccessivamente economica invece che sociologica (come dovrebbe essere, per una visione olistica). Anche se – come abbiamo denunciato anche da queste colonne (vedi, da ultimo, “Key4biz” del 19 marzo, “‘Moviement’, ennesima iniziativa per tamponare la crisi del cinema italiano”) – il risultato della prima valutazione di impatto promossa dalla Dg Cinema si è rivelato evanescente, e si attende l’esito della gara che porterà all’identificazione del soggetto che andrà a realizzare la “valutazione” per l’anno 2018. 

Questa logica della “valutazione di impatto”, introdotta dalla legge Franceschini, è purtroppo sostanzialmente assente in tutte le altre aree di intervento del ministero.

Basti pensare che non esiste una seria indagine sociologica minimamente valida sui visitatori museali o sul pubblico delle mostre ovvero del teatro e del cinema.

Il Ministero soffre, in tutte le sue strutture, di un profondo e grave deficit di ricerca.

Il quesito naturale è: come si può ragionare su una riorganizzazione del Ministero e sulla elaborazione di una strategia di politica culturale, se non si dispone di un dataset minimamente valido, sia per quanto riguarda l’offerta ma soprattutto per quanto riguarda la domanda dei cittadini?!

Il Ministro si è dichiarato disponibile a recepire osservazioni in itinere che emergeranno durante la fase di ulteriori presentazioni delle linee-guida della riforma, tra pochi giorni ai rappresentanti sindacali e successivamente in una kermesse aperta che è stata denominata “Stati Generali del Mibac” (il Ministro, sorridendo con autoironia, ha riconosciuto che è una formula un po’ abusata e rotorica, ma non ne è venuta in mente una migliore).

Si segnala che tra il 2 ed il 4 aprile si terranno le elezioni dei rappresentanti del personale al Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici, e si rimanda al documento proposto dalla Cgil Funzione Pubblica, ovvero la “piattaforma elettorale”, per avere un’idea delle tesi di una parte dei lavoratori del Ministero.

Conclusivamente: abbiamo a che fare con una riforma rivoluzionaria?! No. Si tratta di una riforma radicale?! No. In effetti, peraltro, la commissione di studio promossa da Alberto Bonisoli aveva ben chiari nello stesso “naming” la propria funzione: “sviluppo e assestamento organizzativo” del Ministero.

Riteniamo che, su tutto, riforma o mini-riforma che sia, debba prevalere l’apprezzamento per la decisione del Governo di rafforzare l’organico del Ministero, con una iniezione importante e consistente di forza-lavoro qualificata e giovane. Ci piace pensare ad un Governo che sappia usare la leva keynesiana: serve un robusto stimolo pubblico alla crescita, non politica regressiva di mero contenimento della spesa.

I maligni sostengono che questa tabella di marcia potrebbe rivelarsi una effimera dichiarazione di belle intenzioni, dopo l’esito delle elezioni europee, con il rischio di una crisi di governo e di un impantanamento sia del processo di riforma ministeriale sia delle procedure per i concorsi per le nuove assunzioni. Non resta che augurare che questi profeti di sventura vengano contraddetti dalla realtà dei fatti.

Key4biz” ha il piacere di pubblicare in anteprima assoluta il documento di lavoro che il Ministro Bonisoli ha presentato alle associazioni il 20 e 21 marzo scorso, ovvero le linee-guida della riforma ministeriale: data la ribadita volontà di “condivisione” con la comunità professionale e la collettività tutta, riteniamo che si tratti di un contributo utile per il funzionamento del “cantiere aperto” annunciato dal Ministro, nelle more degli “Stati Generali”.

Clicca qui, per leggere gli “Spunti di discussione” elaborati dalla “Commissione di Studio per lo Sviluppo e l’Assestamento Organizzativo del Mibac”, presentati dal Ministro Alberto Bonisoli alle associazioni del settore il 20 e 21 marzo 2019.