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eSIM, che cosa c’è da sapere sulle nuove SIM virtuali

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Dopo i vari interventi dell’Agcom, TIM e Wind 3 sono i primi operatori che si preparano a lanciare anche in Italia l’eSIM.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

In principio erano grandi più o meno come un francobollo; poi, dopo le SIM tradizionali per la telefonia mobile, sono arrivate le mini-SIM e le micro-SIM, tanto minuscole da perdersi in cassetti e borsellini a ogni cambio di smartphone. Ora – che non cambiamo più i telefonini come un tempo – sono addirittura scomparse, o meglio, sono diventate virtuali.

Dopo i vari interventi dell’Agcom, TIM e Wind 3 sono i primi operatori che si preparano a lanciare anche in Italia l’eSIM, che non è più una tesserina di plastica ma un codice da caricare nella memoria dello smartphone; nel 2020 arriverà anche Vodafone, che è stata però pioniera per altri versi perché con l’arrivo del Samsung Gear S2 e dell’Apple Watch Series 4, l’anno scorso, ha lanciato l’eSIM per gli smartwatch, dipendente però da un abbonamento tradizionale per la telefonia mobile. Ma si tratta solo di una questione di semplice comodità dietro all’introduzione dell’eSIM o c’è anche altro?

eSIm: unica scelta possibile per i nuovi pieghevoli

In un mondo – quello del telefoni cellulari – in cui si fa fatica a trovare una vera grande innovazione che motivi una spesa di circa 1.000 euro per un top di gamma, la speranza è affidata agli smartphone pieghevoli. Che sì, per ora sembrano i classici prototipi un po’ goffi di cui tutti rideremo in capo a dieci anni, ma che senza dubbio rappresentano il futuro.

In questo futuro per le SIM fisiche (piccole, piccolissime, ma che comunque richiedono un alloggiamento che impone delle limitazioni alla struttura del telefono) non c’è posto. A sancirlo definitivamente è stato il Motorola Razr, lo smartphone pieghevole presentato qualche settimana fa e che sarà il primo del suo genere a non avere, proprio per motivi di ingegneria hardware, alcun tipo di alloggiamento per la SIM fisica. Ma anche l’iPhone e il nuovo Google Pixel – e in futuro tutti i telefoni che vorranno stare al passo – possono avere un secondo numero attivo, solo in modalità virtuale. Insomma, il mercato ha parlato.

A questo punto, per gli operatori non c’è altra scelta, a meno di non voler perdere tutti i clienti che passeranno ai fornitori in grado di adeguarsi alla nuova tecnologia (su SosTariffe.it è sempre disponibile il motore di comparazione per trovare l’offerta più conveniente). Tra le prime proposte c’è quella di Wind 3, che a 4,99 euro al mese offre l’eSIM con 50 GB di traffico dati, minuti e SMS illimitati, ma solo per una clientela selezionata e contattata direttamente.

I vantaggi della eSIM

Avere una SIM virtuale non vuol dire soltanto non correre più il rischio di perderla. La smaterializzazione dei servizi è una delle grandi correnti degli ultimi anni: abbiamo rinunciato a CD e vinili (fan del suono analogico a parte) in favore della “musica liquida” degli Mp3 o di Spotify, i DVD e i blu-ray prendono polvere mentre Netflix e Amazon Prime Video sfornano nuovi titoli uno dopo l’altro.

Era destino che prima o poi capitasse anche agli smartphone, con vantaggi sia per i fornitori, che vedono così del tutto abbattuti i costi per la creazione e la distribuzione della SIM (meno irrilevanti di quanto si potrebbe pensare, e in parte coperti dai costi di attivazione), che per gli utenti. In particolare, la portabilità diventerà molto più semplice, visto che non sarà più necessario sostituire la SIM ma basterà gestire da remoto la eSIM.

In altre parole: si firma il contratto con il nuovo operatore e, nel giro di poche ore – diventeranno poi minuti – in linea teorica sarebbe possibile chiamare con il nuovo operatore.

Addio a giorni senza connessione o senza telefonate, quindi, e una velocità di passaggio da un fornitore all’altro che probabilmente ha finito con lo spaventare gli operatori stessi, che se da un lato potrebbero vedersi arrivare nuovi abbonati con più agio dall’altro rischiano anche di vederne altrettanti scegliere altri lidi.

E poi c’è quello che per molte utenze business (ma anche per chi ha un telefono di lavoro e uno personale) è forse il vantaggio più grande di tutti: la possibilità di avere 2 o 3 numeri sullo stesso dispositivo, senza doverne acquistare un altro e senza moltiplicare le possibilità di perdere il telefono. Non solo: sarà possibile, in teoria, perfino affiancare due diversi piani dati (pensate a chi viaggia molto all’estero e quindi ha bisogno di un abbonamento in Italia e uno per le trasferte) o avere un piano dati e un piano telefonico di operatori diversi, a seconda della maggior convenienza.

Infine un altro piccolo vantaggio (ma non tanto piccolo, per chi ha centinaia di contatti): gestendo il passaggio da un’operatore all’altro semplicemente attraverso il call center, non si perderanno nemmeno i numeri di telefono normalmente salvati sulla SIM.

Cosa cambia per la sicurezza

Con l’aumentare dei costi degli smartphone, come detto ormai tranquillamente paragonabili a quelli di un laptop di media-alta gamma, è cresciuta anche la preoccupazione relativa ai possibili furti. Se perdere un telefonino da 50 euro un tempo era una scocciatura, perderne uno da ottocento o da mille e più – magari acquistato da poco – è decisamente un brutto colpo.

Per questo sono spuntate tante assicurazioni ad hoc su beni di questo tipo (molto diffuse, in particolare, quelle che sono comprese nei tier a pagamento delle nuove carte-conto in stile Revolut o N26), ma anche le eSIM possono fare la loro parte, e quindi diventare ancora più appetibili per gli utenti.

Fino ad oggi infatti il modus operandi di chi ruba uno smartphone o ne trova uno e non ha intenzione di restituirlo è sempre stato quello di rimuovere la SIM e poi di resettarlo con metodi più o meno sofisticati, ma con la SIM virtuale non sarà più possibile: gli operatori e quindi i loro clienti avranno molta più possibilità di monitorare la situazione e scoprire dove si trova il dispositivo sottratto.

A tutto questo si ricollega la vera e propria spinta data agli apparecchi IoT e alla loro tracciabilità, anche per quelli più piccoli e capaci di dialogare con Internet. Ci vorrà ancora un po’ di pazienza, ma la strada è quella giusta.