il parere

Distopia del Governo, la società unica della rete è in mano allo straniero

di Martin Lutero |

Fibercop, una società privata che gestisce un frammento di rete controllata da un ex monopolista (TIM avrà il 50,1% della newco della rete unica), ed intralciata da altri soggetti stranieri.

La narrazione sulla rete unica porta a dire che “lo Stato torna centrale nel dibattito sulla banda ultralarga”?

Niente di più sbagliato. 

Siamo di fronte alla più grande finzione della storia delle telecomunicazioni dove si dice che “il Governo dà il disco verdealla rete unica.

Invece c’è solo un accordo privato tra TIM ed il fondo KKR, ossia tra un operatore a guida francese ed un fondo americano (che ha ed ha avuto come senior advisor Diego Piacentini, ex vicepresidente di Amazon ed ex Commissario al digitale del governo italiano, e Lewis Michael Eisenberg, attuale ambasciatore USA a Roma, che per KKR si è sempre occupato di infrastrutture pubbliche).

Tra i due, secondo i desiderata suggeriti al governo, prova ad ingerirsi Cassa Depositi e Prestiti (CDP) esibendo dei semplici fogli di carta: un memorandum dove le parti si danno un orizzonte temporale di altri 3 mesi, per incaricare qualcuno (non sappiamo ancora chi) di trovare la giusta quadratura del cerchio.

I sindacati, appena svegliati dal torpore, ovviamente temono che i 44mila lavoratori siano il prezzo dell’affare (100mila compreso l’indotto) e che chiedono di conoscere meglio i dettagli.

TIM ha ottenuto che l’accordo con KKR sia aperto a molteplici possibili incastri futuri. 

Le variabili sono l’intervento in un secondo momento di CDP ed il placet di Bruxelles che – secondo i media – controlla da lontano le operazioni, ma non interviene adesso visto che finora sono tutte ipotesi non ancora operative.

Questa strana ricetta sembra cucinata ai provini di Masterchef, dove i giudici capiscono subito che l’impasto non può funzionare perché gli ingredienti sono sbagliati. 

Da un lato c’è la rete secondaria di TIM (tutta in rame) che viene mescolata con la porzione di fibra di Fiberflash e dall’altro lato ci sono le risorse del fondo KKR che andranno ad alleggerire il debito di TIM, un po’ come chi vende i gioielli della nonna per pagare le rate del mutuo. 

Una distopica realtà ha portato un ministro pesante come Stefano Patuanelli, diretto controllore del mercato delle TLC, a dire in pieno agosto che “la rete unica la fa lo Stato”.

Ma dopo solo pochi giorni ci ritroviamo con l’esatto opposto, Fibercop: una società privata che gestisce un frammento di rete controllata da un ex monopolista (TIM avrà il 50,1% della società della rete unica), ed intralciata da altri soggetti stranieri.

Altro che rete italiana.

In tutto questo, lo Stato vuole provare ad aggiungere altri pezzi ma di un puzzle diverso.

Nessuno infatti riesce a spiegare perché mai Open Fiber dovrebbe unirsi all’impasto dello Chef Luigi Gubitosi, contaminandosi di rame e di fastidiosi investitori stranieri e perdendo soprattutto la sua virtù principale: quella di essere un operatore Wholesale Only, non verticalmente integrato.

Sarebbe come portare un celiaco in cucina e panarlo con la farina doppio zero.

Di certo non conviene a nessuno, ad un passo dalle elezioni, far notare al Governo che “la birra è calda”.

Conviene piuttosto aspettare l’inverno, quando i 3 mesi saranno passati, e forse anche l’antitrust europea avrà voglia di vederci finalmente chiaro. 

L’ipotesi di cui si sta discutendo oggi, poggia sul presupposto di una fusione tra TIM e OF, o meglio tra Fibercop e Openfiber. Nei limiti della premessa, l’analisi è piuttosto semplice, nel senso che se ci fosse FUSIONE sicuramente l’antitrust europeo avrebbe più di qualcosa da dire.

Nella fusione infatti, 1+1 fa 2. Nella società unica di cui si parla invece si applica il “politichese italiano” dove 1+1 fa 3. È una cosa terza rispetto alle unità che la compongono, che continuano ad esistere.

Di fatto, i limiti antitrust potrebbero essere aggirati con una Joint-venture, perché anche se in Italia non è prevista dal codice civile, abbiamo però un precedente specifico dove l’antitrust italiano non ha fatto la differenza.

Siccome non poniamo limiti alla fantasia di chi ci legge, un sistema di conferimento ad una società terza che fa salva l’esistenza di chi la compone, potrebbe essere la straordinaria conclusione a cui potrebbe giungere il comitato di tecnici che sarà chiamato a sbrogliare la matassa imbrogliata dal Governo sotto gli ultimi raggi di questa stracalda estate. Non sembra tuttavia questa la trama pensata dagli sceneggiatori dell’episodio in corso.

E poi, potrebbe anche saltar tutto.