Società civile

Democrazia Futura. Lo Stato della sorveglianza in Cina

di Giuseppe Richeri, Professore emerito all’Università ed esperto di politica ed economia dei media |

Una delle caratteristiche interessanti di Internet in Cina sta nel fatto che il suo sviluppo rapido e a vasto raggio fu il risultato di precise scelte politiche in previsione dell’impatto economico che avrebbe potuto avere, ma il suo impatto sociale all’inizio fu sottovalutato. Internet avrebbe infatti offerto ben presto un potente supporto alla circolazione di idee e punti di vista.

Pubblichiamo di seguito il contributo di Giuseppe Richeri, Professore emerito all’Università ed esperto di politica ed economia dei media, alla rivista DEMOCRAZIA FUTURA, promossa dal gruppo di “Infocivica 4.0” e diretta da Giampiero Gramaglia, a cui seguirà quotidianamente la pubblicazione di tutti gli altri articoli.

Introduzione

La rapida modernizzazione della Cina negli ultimi due decenni ha coinvolto tutti i settori della società e dell’economie. In particolare il campo delle tecnologie digitali, insieme a quello dell’industria militare (di cui qui non ci occupiamo), hanno registrato le trasformazioni più rapide e profonde portando il Paese ad alcuni primati nello scenario mondiale. L’adozione sempre più diffusa dei mezzi digitali di trattamento, trasmissione e accesso alle informazioni ha riguardato sia le attività di lavoro che del tempo libero. Ciò ha rafforzato la spinta della società e dell’economia cinesi verso modelli più vicini a quelli dei paesi occidentali, anche se grandi differenze permangono soprattutto sul terreno politico e del ruolo dello Stato nell’economia. Bastano pochi dati che riguardano Internet per avere la misura di quanto è accaduto in uno dei settori portanti dell’innovazione digitale.

Nel corso del 2020 le persone che utilizzano Internet in Cina hanno superato la soglia dei 940 milioni. Di questi il 97,5% ha un accesso mobile (soprattutto via smartphone), la penetrazione di Internet nel paese supera così il 67% degli abitanti. Inoltre la diffusione del commercio online e dei pagamenti via telefonia mobilesono ai primi posti della classifica mondiale così come alcune imprese che producono reti, apparecchi e servizi di comunicazione. Una crescita di dimensioni imprevedibili se si pensa che nel 2007 il numero di persone con accesso a Internet era 137 milioni e la penetrazione era il 10,5%.

Nel corso del 2020 è continuato un forte trend espansivo che ha ancora ampi margini per proseguire nei prossimi anni. Finora si è trattato però di una crescita alquanto squilibrata se si guarda il divario tra zone urbane e zone rurali e tra regioni amministrative.  Nel 2017 la penetrazione di Internet nelle zone urbane era il 69% e in quelle rurali il 33%; nella regione metropolitana di Pechino la penetrazione era quasi l’80% mentre nello Yunnan era intorno al 40% (fonte: China Internet Network Information Center, Ministero dell’Industria dell’Informazione cinese).

La penetrazione di Internet è uno dei dati che ben rappresentano i risultati della politica del Governo cinese nel campo delle nuove tecnologie digitali. Fin dagli ultimi anni del secolo scorso, quando gli utenti di Internet erano solo 2 milioni il Governo e il Partito Comunista al potere puntarono sul suo sviluppo perché attribuirono alle tecnologie e, in particolare a quelle dell’informazione e della comunicazione, una funzione trainante nella crescita economica e, più in generale, nella modernizzazione della Cina. Il “Progetto di informatizzazione del Paese” risale al 1997 quando capo dello Stato e segretario generale del Partito Comunista era Jiang Zemin (1993-2003) che, convinto dell’importanza economica di Internet, decise che la politica nazionale doveva destinare allo sviluppo delle reti di telecomunicazione un posto centrale.

Seguirono allora grandi investimenti nelle infrastrutture necessarie allo sviluppo di Internet pur sapendo il rischio di instabilità che ciò avrebbe comportato. Fino ad allora la circolazione delle informazioni era gestita dai mass media soggetti al controllo politico nazionale e locale. Offrire ai cittadini l’accesso e lo scambio di informazioni “sensibili” prodotte nel paese e all’estero fuori da tale controllo era un rischio senza precedenti. In realtà la misura di questo rischio non era allora prevedibile ma in seguito fu tanto evidente che il Governo cercò in vari modi di regolare l’uso di Internet per correre al riparo (1).

Società civile e opinione pubblica

Per valutare le dimensioni del problema basta riportare i risultati di uno studio realizzato dall’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, uno dei più importanti centri di ricerca del paese, sulla crescita della conflittualità sociale. Tra il 1993 e il 2005 il numero di conflitti registrati ogni anno (scioperi, contestazioni di massa, scontri con le forze dell’ordine, ecc.) si moltiplicarono passando da 8.700 a oltre 80 mila. Nello studio si affermava che il ruolo di Internet in questa crescita era stato determinante: la rapidità e l’interattività delle comunicazioni via Internet permetteva un’informazione a grande dimensione su problemi, inadempienze, soprusi di rilevanza sociale e incoraggiava le persone a partecipare alla mobilitazione che in tal modo poteva raggiungere dimensioni di massa ed estendersi in un ampio raggio geografico (2).

In sostanza possiamo dire che una delle caratteristiche interessanti di Internet in Cina sta nel fatto che il suo sviluppo rapido e a vasto raggio fu il risultato di precise scelte politiche in previsione dell’impatto economico che avrebbe potuto avere, ma il suo impatto sociale all’inizio fu sottovalutato. Internet avrebbe infatti offerto ben presto un potente supporto alla circolazione di idee e punti di vista, aggregando e rendendo più visibile un’opinione pubblica indipendente e critica.

Riassumendo, il processo riformatore avviato da Deng Xiaoping, successore di Mao Zedong, all’inizio degli anni ottanta del secolo scorso migliora le condizioni di vita dei cinesi e rafforza la società civile che è sempre più in grado di prender le distanze, se necessario, dal potere politico e dalle istituzioni pubbliche a livello nazionale e locale.

Si forma così un’opinione pubblica più vasta e diffusa esclusa dai media ufficiali controllati dallo Stato e dal Partito che lo guida e Internet diventa il mezzo più facilmente accessibile per esprimere critiche, denunce, rivendicazioni e forme di contestazione verso il potere politico e amministrativo. Il Governo e il Partito comunista cinese a livello nazionale e locale devono tener conto di quanto succede sul web, di quanto esprime l’opinione pubblica online e devono dare risposte che non possono essere soltanto repressive (3).

I casi in cui denunce e contestazioni via Internet (blog e altre forme di social network) che hanno come oggetto comportamenti illegali, soprusi, occultamento di informazioni e altro da parte dell’amministrazione pubblica o di strutture del Partito si moltiplicano e c’è un’ampia letteratura che ne descrive i contenuti, le dimensioni partecipative, gli effetti e le reazioni dei responsabili (4).

Molte proteste e denunce sono state circoscritte in una dimensione comunicativa coinvolgendo in alcuni casi anche milioni di persone, in altri casi dalla mobilitazione in rete si è passati all’organizzazione di manifestazioni di strada, non sempre pacifiche, simili a quelle segnalate nella ricerca dell’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, già citata.

Va osservato però che raramente in rete si tratta di critiche all’assetto istituzionale del Paese, alla leadership politica, ma quasi sempre le critiche sono rivolte a fatti e comportamenti specifici. Le cause possono essere varie come per esempio comportamenti illegali e impuniti di autorità politiche o di loro protetti, soprusi della polizia contro cittadini innocenti, espropri arbitrari di terreni e abitazioni, casi di corruzione di pubblici ufficiali o dirigenti di partito, occultamento di informazioni da parte delle istituzioni su gravi incidenti di massa (epidemie, cibi adulterati, incidenti ferroviari, terremoti, ecc.).

Il fenomeno, diventato rilevante e problematico, ha spinto il Governo cinese a intervenire in modo sempre più sistematico e articolato per evitare che lo sviluppo di Internet diventasse un elemento di disordine sociale e politico e potesse mettere in crisi gli equilibri che dovevano garantire lo sviluppo “armonioso” del paese sotto il controllo di un regime autoritario.

I sistemi di controllo adottati del Governo cinese al fine di prevenire o punire comportamenti individuali e sociali considerati illegali (dalla delinquenza comune alla dissidenza politica) da allora hanno fatto molta strada e oggi utilizzano un ampio ventaglio di strumenti digitali. Tra i più diffusi ci sono droni equipaggiati con apparecchiature molto evolute e camuffati da colombe per passare possibilmente inosservati, un esercito di 200 milioni di telecamere sparse nelle città, sistemi di riconoscimento facciale connessi a un archivio di 1,3 miliardi di foto segnaletiche che in 3 secondi riescono a individuare l’identità di persone con il 90% di precisione (fonte: South China Morning Post, 2018).

Ma l’attività di sorveglianza e controllo più sistematica e capillare promossa e gestita dalle autorità pubbliche cinesi è quella rivolta a Internet che ha avuto un’evoluzione emblematica.

Controllare, censurare, orientare

Gli strumenti adottati dal governo cinese per tenere sotto osservazione e controllo l’uso di Internet ed eventualmente intervenire sono di vario tipo e sono stati messi a punto e rinnovati nel tempo. In sintesi si possono mettere in evidenza tre modalità d’intervento.

La prima e la più autoritaria è la censura che riguarda argomenti politicamente “sensibili” regolarmente filtrati e bloccati attraverso appositi software e che hanno come conseguenze gravi la chiusura dei siti web “colpevoli”, la denuncia e, in casi estremi, la carcerazione degli autori delle informazioni e dei messaggi incriminati. I termini da non usare sono per esempio “democrazia”, “dittatura”, “diritti umani”, oppure nomi che riguardano persone, eventi, luoghi non graditi al potere come “Tienanmen”, “Dalai Lama”, discussioni sull’indipendenza del Tibet o dello Xinjiang. Oggetto di censura sono anche i contenuti sessuali e pornografici, violenti, volgari, contro le minoranze etniche o contenuti legati al gioco d’azzardo. Oppure tutti i contenuti che sono considerati sensibili per la sicurezza dello Stato.

Uno dei passaggi fondamentali su questa strada è stata la regola che impone agli utenti di Internet di registrarsi con il loro nome reale in modo da poter essere rintracciati facilmente in caso di comunicazioni “illegali”. Alla censura si aggiunge un’altra forma di “protezione” dei cittadini che impedisce loro di accedere a siti web o di utilizzare motori di ricerca e social network esterni al paese. Molte di queste misure non hanno ottenuto i risultati attesi: per esempio in Cina è facile trovare un software illegale che permette di aggirare la barriera (great firewall) per accedere a siti web stranieri. In molti casi gli utenti del web sostituiscono le parole proibite con altri termini convenzionali che non sono bloccati automaticamente dagli appositi software perché non previste. Inoltre la campagna per imporre la registrazione del nome reale finora non ha dato i risultati attesi. La seconda modalità, promossa in una serie di documenti e direttive, richiama le autorità pubblica alla necessità di manifestare attenzione ai bisogni e alle critiche dei cittadini espresse via Internet e, nello stesso tempo, di gestire l’opinione pubblica in modo da assicurare che l’ordine pubblico non sia disturbato e che la supremazia del Partito Comunista Cinese non sia messa in discussione (5).

Su Chinese Youth Daiy, influente quotidianoedito dal Partito Comunista, un articolo del 2009 offre dieci raccomandazioni per le autorità locali su come gestire le comunicazioni online. L’articolo consiglia di trattare gli utenti del web come gruppi di pressione più interessati alla comunicazione che all’azione e suggerisce che il miglior modo di comportarsi è di comunicare con loro presto, spesso e in modo onesto. Le amministrazioni locali sono incoraggiate a riportare i fatti (ma non le causa) online qualsiasi cosa succeda e di indirizzare l’opinione pubblica attraverso intermediari in modo da guidarla invece di essere guidate nella loro interazione con gli utenti della rete.

Questo modo di gestire la comunicazione online è di tre tipi: a) i problemi devono essere definiti come sociali e non come problemi politici; b) tutti i problemi devo essere rappresentati come problemi locali e non nazionali; c) il governo centrale deve sempre apparire come molto attento alle proteste dei cittadini. Il risultato finale desiderato è una diffusa fiducia popolare in un governo centrale benevolo che agisce rapidamente per aiutare i cittadini ogni volta che si accorge dei problemi sorti a livello locale.

In realtà ciò che emerge dai vari documenti è che il Governo centrale indica Internet come lo strumento più aperto e diretto che i cittadini hanno per denunciare e contestare difetti, limiti, errori degli amministratori e dei politici locali e permettere al Governo centrale o agli organi centrali del Partito di intervenire per punire i colpevoli e per risolvere i problemi. Quindi l’obiettivo è quello di preservare la credibilità e la stabilità del Governo centrale che non deve essere mai messo in discussione e di aprire le porte alle critiche scaricando le responsabilità sul piano locale. La terza modalità che chiarisce i limiti di questa grande apertura a Internet come strumento di partecipazione e di controllo dal basso del potere politico è quella della formazione della cosiddetta “armata dei 50 centesimi”.

Come gestire l’opinione pubblica online

Le istituzioni pubbliche e gli organi del Partito Comunista hanno dovuto confrontarsi, come si è detto, con le sfide di un’opinione pubblica che ha trovato con Internet il campo dove esprimersi, rendersi visibile ed esercitare critiche, denunce e pressioni nei confronti dei centri di potere pubblici. Ma nello stesso tempo Internet ha offerto loro gli strumenti per influenzare a loro volta la pubblica opinione online. La spinta su questa strada è dovuta al fatto che i mezzi e le forme tradizionali di propaganda usati dal potere politico in Cina, come si è detto, hanno dimostrato di essere sempre più inefficaci. Anche se il loro abbandono è considerato prematuro, sono disponibili da tempo varie ricerche che mettono in evidenza quanto i cittadini si fidano poco o niente della propaganda politica (6).

La propaganda online nelle forme tradizionali non migliora la situazione e anche in questo caso ci sono ricerche che dimostrano come lo Stato non sia in grado di controllare i comportamenti online di una parte crescente della società civile politicizzata e critica. Se i media ufficiali, tradizionali strumenti di propaganda, hanno perso la fiducia del pubblico, almeno della parte più avvertita, Internet può offrire allo Stato nuove forme di promozione della sua azione abbandonando il concetto di propaganda per adottare quello più aggiornato di “relazioni con il pubblico”.

 L’impegno dello Stato nello sviluppo delle proprie relazioni pubbliche via Internet comprende varie attività tra cui quella di individuare i temi e i dibattiti su cui l’opinione pubblica è impegnata online, di analizzarli e poi elaborare gli argomenti adatti da usare per inserirsi nel dibattito per poi guidarlo in direzione favorevole al governo. L’introduzione di “commentatori” via Internet (si tratta di migliaia di persone dette “armata dei 50 centesimi” perché sono pagate 50 centesimi per ogni intervento), a cui è affidato il compito, rappresenta un nuovo fronte su cui lo Stato ha preso l’iniziativa con l’obiettivo di influenzare, indirizzare e determinare gli orientamenti prevalenti nei dibattiti online verso atteggiamenti positivi nei confronti del Governo o quantomeno, non conflittuali. Il lavoro dei commentatori non è lasciato all’iniziativa dei singoli, alla loro capacità interpretativa o al loro intuito, ma le loro scelte sono decise da responsabili politici che comunicano l’agenda, i temi da trattare e le argomentazioni da usare attraverso il telefono, la posta elettronica o direttamente in apposite riunioni, ma c’è un uso crescente di piattaforme ad accesso riservato, tipo Intranet.

I compiti in sintesi comportano varie attività come raccogliere, analizzare e riferire opinioni online, attrarre l’attenzione pubblica, guidare l’opinione pubblica impegnandosi in discussioni su temi al centro del dibattito dove sostenere tesi favorevoli al governo nazionale o locale e al Partito. L’idea è che, visto il declino dei mezzi tradizionali usati dalla propaganda politica, i commentatori online possano svolgere una funzione più sofisticata nel mantenere la stabilità del regime e confermare la sua legittimità. A differenza della propaganda classica che si basa sul controllo coercitivo del flusso informativo usano sostanzialmente tecniche di persuasione meno trasparenti, ma potenzialmente più efficienti. Proponendosi come una voce dal basso e interagendo come un qualsiasi utente di blog e piattaforme online possono aumentare la credibilità dei messaggi favorevoli al Governo, agli apparati dello Stato, e del Partito Comunista che eventualmente troverebbero in vari casi il consenso con difficoltà o non lo troverebbero affatto.

A contrastare un uso di Internet eccessivamente critico o direttamente ostile al potere dominante non c’è soltanto un gran numero di addetti che percepiscono un compenso, ma ci sono anche iniziative di cittadini volontari che svolgono un’attività gratuita (7), normalmente in seguito alla sollecitazione del Partito e con il suo aiuto, per diffondere online messaggi “nazionalisti” favorevoli alle sue Istituzioni pubbliche e sul ruolo e l’azione del Partito.

Tra queste c’è la “lega anti pettegolezzi” online, nata nel 2011, che si definisce “un gruppo auto-organizzato di utenti del web entusiasti che lavorano come volontari contro il degrado generato dai pettegolezzi e che combattono la bancarotta morale dell’etica dei blog”. Il loro slogan è: “in difesa della verità”. La loro attività, che ha avuto ben presto molta visibilità, ha suscitato punti di vista distinti. Da una parte c’è chi li accusa di appoggiare regolarmente le posizioni del governo che invece non possono essere considerati neutrali. La loro azione per i critici non è quella di scoprire i fatti e la verità per contrastare i pettegolezzi, ma di servire gli obiettivi del potere di influenzare e canalizzare l’opinione pubblica. Dall’altra c’è chi considera il loro lavoro un modo positivo di promuovere un’opinione pubblica più qualificata e capace di intervenire in modo più razionale e meno emotivo e di stimolare una partecipazione popolare meglio organizzata. Con la leadership nazionale di Xi Jimping, iniziata nel 2013, la sorveglianza su Internet è diventata più dura e determinata. La decisione del Governo di intervenire con nuove regole per garantire la “sicurezza del cyberspazio” e rafforzare il controllo sui contenuti trasmessi via Internet, individuando e punendo i trasgressori in seguito alla registrazione del nome reale degli utenti del web. Si tratta di misure prese negli ultimi tempi i cui esiti sono ancora incerti.

Ma l’iniziativa più ambiziosa, in fase di realizzazione, che caratterizza questa epoca della storia cinese con risvolti che, secondo vari critici occidentali, sono potenzialmente orwelliani, è il Sistema di Credito Sociale promossa sotto l’egida di Xi Jimping.

Il Sistema di credito (reputazione, affidabilità) Sociale

L’iniziativa che rappresenta meglio gli strumenti messi a punto dallo Stato cinese per rafforzare la fiducia e la coesione sociale e ridurre i rischi di destabilizzazione della leadership del Partito Comunista e del sistema di potere tuttora solido si chiama Sistema di credito sociale (il terminecreditoqui va inteso come reputazione). Questo provvedimento intende attribuire ad ogni cittadino, impresa, ente dell’amministrazione pubblica un punteggio personale elaborato da un algoritmo messo a punto per interpretare una serie di dati che lo riguardano. Complessivamente i dati sono raccolti sulla base di 500 variabili, 300 delle quali riguardano le imprese, 100 le amministrazioni pubbliche e altre 100 i singoli cittadini. Le informazioni sono raccolte dalle banche dati già esistenti dell’amministrazione pubblica (fisco, multe, anagrafe, istruzione, tribunali, esercito, ecc.), delle banche, assicurazioni e altre imprese private (p.e. Internet service provider).

L’obiettivo, in sintesi, è di individuare la “buona condotta”, la “affidabilità”, la “onesta” di ciascun cittadino per incentivare i comportamenti positivi e penalizzare chi si comporta male rispetto alla società e alla Stato. Il progetto, avviato in modo sperimentale nel 2010, è stato adottato ufficialmente dal Governo nel 2014 e dovrà portare entro il 2020 alla definizione di un punteggio per ogni cittadino cinese (8).

Un aspetto importante del “Sistema” è l’utilizzo e la diffusione previsti delle informazioni raccolte. Infatti l’iniziativa dovrebbe permettere a tutti di conoscere il grado di affidabilità di una persona, di un’impresa e di un’istituzione; la classificazione in previsione verrà utilizzata per dare varie possibilità a una persona come quella di ottenere un mutuo, di venire assunto per un determinato lavoro, di viaggiare liberamente all’estero, di ottenere prestazioni dai servizi pubblici, di accedere a luoghi, manifestazioni, eventi. Chi raggiungerà un punteggio superiore ad un certo livello otterrà vantaggi, mentre chi resterà al di sotto verrà penalizzato.

In questo modo, secondo le dichiarazioni ufficiali il Sistema permetterà di costruire un contesto giudiziario credibile, formerà un’opinione pubblica che vedrà nell’affidabilità dei cittadini un fattore di prestigio, e rafforzerà la correttezza negli affari di Governo, nel commercio e nella società in generale. Un ulteriore risultato atteso è la riduzione della corruzione, delle frodi alimentari e dei comportamenti clientelari delle autorità locali.

Le informazioni su come procede la realizzazione del Sistema di Credito Sociale sono poche e il documento ufficiale di riferimento, già citato, risale al 2014 (9). La fase sperimentale non è ancora terminata e i risultati dovranno essere valutati prima di passare alla fase operativa, secondo le previsioni. In azione ci sono sia alcune amministrazioni locali sia alcune imprese private. Le iniziative prese dalle amministrazioni locali rilevano soprattutto i comportamenti “pubblici” dei cittadini come il rispetto delle regole di convivenza civile o i comportamenti sociali virtuosi: dai limiti di velocità in automobile al deposito dei rifiuti domestici, dalla frequentazione scolastica dei figli alle attività di volontariato all’assistenza degli anziani in famiglia, ecc. 

Nel 2017 sull’edizione britannica di Wired è uscito un articolo che forniva alcuni chiarimenti sulle iniziative gestite da società private (10). Ecco una sintesi degli aspetti più interessanti.Il governo ha dato la licenza a otto società private di raccogliere dati su individui e imprese da elaborare con propri algoritmi per definire il punteggio del credito sociale dei soggetti che accettano di partecipare all’iniziativa. Tra queste Wired cita due grandi imprese che sono alla testa dei progetti più noti.

La prima è China Rapid Finance, partner del colosso Tencent, uno dei maggiori fornitori di servizi online in Cina e proprietario di WeChat, il corrispondente cinese di Facebook, con più di 900 milioni di utenti attivi.

L’altra, Sesame Credit, è gestito da Ant Financial Services Group, una filiale di Alibaba, società leader del commercio elettronico. Ant fornisce servizi finanziari e prestiti per le piccole e medie aziende, tra questi c’è AliPay, servizio di pagamento online che la gente usa non solo per gli acquisti online, ma anche per pagare alberghi, ristoranti, taxi, biglietti per il cinema e qualsiasi altro tipo di transazione quotidiana. Sesame ha accordi anche con altre piattaforme che raccolgono dati online in modo che nell’insieme è in grado di gestire un’enorme quantità di dati sui comportamenti dei cittadini e di classificarli.

Ma come sono classificati i cittadini? Sesame attribuisce a ognuna delle persone coinvolte nell’iniziativa una posizione in classifica che può variare tra 350 e 950 punti.  Non si conosce il complesso algoritmo utilizzato per definire il punteggio, ma sono stati indicati i cinque fattori che sono presi in considerazione.

Il primo riguarda i comportamenti economici dei soggetti coinvolti come ad esempio il pagamento regolare della bolletta della luce, del telefono e altro. Il secondo riguarda il rispetto degli impegni di tipo contrattuale. Il terzo fattore si riferisce alle caratteristiche personali come l’abitazione, la famiglia, l’istruzione e altro. Il quarto riguarda i comportamenti sociali e le preferenze commerciali (acquisti). Il quinto fattore, quello più delicato, è il comportamento nelle relazioni interpersonali e il loro contenuto. Per esempio commentare positivamente con amici online un’iniziativa del Governo locale o nazionale, manifestare un atteggiamento positivo rispetto alla nazione, alla sua cultura, alla sua storia, oppure esprimere adesione ai valori promossi dal Partito Comunista porta il punteggio in alto- Comportamenti opposti provocano un suo abbassamento.

Dalle fonti attualmente disponibili mancano però le informazioni per capire come e quando le varie iniziative pubbliche e private saranno interconnesse, saranno rese interoperabili e il set di dati, gli algoritmi per trattarli e le classifiche che ne deriveranno saranno resi omogenee per arrivare a un Sistema di Credito Sociale nazionale.

La possibilità che questo “Sistema” sia stato pensato non solo come uno strumento per promuovere le “energie positive” e migliorare la società ma anche come un potente mezzo di controllo, o che lo possa diventare, è un tema attualmente in discussione, e avrà una risonanza crescente sul web man mano che la sua realizzazione avanzerà e che tutti potranno verificarne l’uso, ed eventualmente l’abuso, da parte della leadership al potere. In conclusione possiamo però sottolineare la diversa percezione che il progetto ha finora suscitato in Cina e in Occidente.

Nel primo caso indagini d’opinione sia cinesi che occidentali mettono in evidenza l’elevato grado di accettazione del progetto da parte dei cittadini cinesi (11). Una delle più citate è quella realizzata nel 2018 da un’equipe della Freie Universitaet di Berlino su un campione rappresentativo composto da oltre 2 mila cinesi da cui risultò che l’80 percento degli intervistati considerava positivamente l’iniziativa e solo una parte marginale del campione era decisamente contro.

L’opinione prevalente in Cina, secondo i vari sondaggi è che il Sistema di Credito Sociale possa essere uno strumento positivo per migliorare il comportamento degli individui, la loro affidabilità e, in generale, la coesione sociale e la fiducia dei cinesi nel loro Paese, le sue istituzioni e la sua leadership.

Al contrario l’opinione largamente prevalente sui media occidentali (12) è che il Sistema di Credito Sociale possa essere un potente strumento di controllo degli individui per ridurre, censurare e reprimere le opinioni e i comportamenti critici e in qualche modo ostili allo Stato, al Partito Comunista e all’attuale governo del paese.

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Note al testo