L'ecosistema

Democrazia Futura. La parola chiave per capire il dominio degli Over the Top nella Rete: Piattaforma

di Giuseppe Richeri, accademico ed esperto di politica ed economia dei media |

Concludiamo le pubblicazioni del numero zero di Democrazia futura con un'ultima rubrica di questa nuova testata, che si propone di costruire un glossario delle parole-chiave della nascente società dell’informazione e della comunicazione, e conseguentemente anche della democrazia futura che attende le nuove generazioni e i cosiddetti nativi digitali.

Il grande sviluppo avuto dalle piattaforme digitali ha fatto maturare una serie di problemi, tra cui le posizioni dominanti assunte da alcune di loro, in alcuni casi di quasi monopolio su scala internazionale, la gestione della privacy, le dimensioni del loro impatto informativo, l’uso delle fonti e la selezione dei contenuti, le loro modalità di produzione di valori economici.

Un primo tentativo di definizione

Una prima approssimazione che fissa in sintesi le caratteristiche generali delle piattaforme digitali può essere: le piattaforme digitali sono luoghi virtuali gestiti da imprese o enti che usano tecnologie adatte a favorire l’incontro tra diversi soggetti interessati a interagire tra loro come nei casi di produttori e consumatori, fornitori di servizi e utenti, istituzioni pubbliche e cittadini.

Le componenti tecnologiche che fanno funzionare una piattaforma digitale sono costituite da hardware e software informatici e reti di telecomunicazioni adatte a usare i servizi secondo il modello proposto.

Questo modello dal punto di vista economico rappresenta un mercato a doppio versante dove traggono vantaggio sia i soggetti appartenenti a ciascun versante sia il gestore della piattaforma. Fin qui non ci sarebbe però alcuna novità rispetto al modello tradizionale del mercato che da millenni si svolgono in uno spazio fisico predefinito, una piazza, una strada, dove venditori e compratori si incontrano e possono concludere transazioni.

L’esempio più puntuale di un mercato a doppio versante nel campo dei mass media è quello della stampa quotidiana che incassa risorse sia sul versante del lettore che acquista il giornale sia sul versante dell’inserzionista che acquista gli spazi pubblicitari. Il carattere economico rilevante in questo specifico modello di mercato è che il prezzo pagato su un versante dipende dalle caratteristiche (qualità e quantità) dell’altro versante.

La novità delle piattaforme digitali rispetto a quelle tradizionali è l’apporto delle tecnologie telematiche e i vantaggi che derivano ai loro utenti. Tra le cose più evidenti e immediate ci sono la possibilità di interazione istantanea e a distanza con gli interlocutori prescelti, la riduzione dei costi di transazione (distribuzione e vendita, ricerca, contrattazione, monitoraggio dei prezzi, pagamenti, ecc.), il rapido confronto delle condizioni d’offerta dei fornitori, il controllo esteso della reputazione degli interlocutori e di una molteplicità di soggetti più o meno noti.

Quattro esempi per misurare le dimensioni che possono raggiungere le piattaforme digitali:

  • Facebook, il più grande social network ha 1 miliardo e 600 milioni di utenti attivi;
  • Google, il più grande motore di ricerca, ha più di 3,5 miliardi di richieste al giorno;
  • Amazon, il più grande servizio di commercio elettronico, nel 2019 ha fatturato 260 miliardi con un profitto che ha superato 11 miliardi;
  • Netflix, la più grande televisione a pagamento offre i suoi servizi a oltre 192 milioni di abbonati in 190 paesi.

Le condizioni di base per utilizzare una piattaforma digitale sono normalmente di essere attrezzati e poter accedere ai servizi con una connessione alla rete, identificarsi e in alcuni casi pagare un canone. I gestori delle piattaforme devono rispettare le regole dei paesi di residenza degli utenti e in alcuni casi l’accesso ai loro servizi non è autorizzato. Il caso più noto è quello della Cina che ha piattaforme digitali gestite da imprese nazionali che offrono servizi analoghi a quelli offerti dalle piattaforme che operano su scala mondiale.

Valori commerciali

I gestori delle piattaforme digitali grazie alle tecnologie utilizzate realizzano due prodotti che hanno un alto valore commerciale: audience e dati.

La tecnologia utilizzata permette di registrare la qualità e la quantità delle interazioni degli utenti sulla piattaforma e di raccogliere e centralizzare attraverso la rete i dati che sono poi elaborati secondo appositi algoritmi mirati a scopi predeterminati.

Il valore economico di questi dati è rilevante perché potenziano gli introiti pubblicitari della piattaforma. Infatti gli inserzionisti possono acquisire tre “prodotti” distinti dalla piattaforma:

  1. il primo è lo spazio per inserire il loro messaggio pubblicitario;
  2. il secondo sono i profili degli utenti per selezionare quelli che corrispondono al loro target;
  3. il terzo sono i dati sugli utenti che hanno ricevuto il messaggio pubblicitario e hanno manifestato interesse per esempio con un clic per saperne di più.

Si tratta evidentemente di un netto salto di qualità rispetto alla pubblicità sui mass media tradizionali e la rilevazione del suo effetto basato su indagine demografiche campionarie costose, lente e con risultati approssimati.

C’è anche un altro mercato dei dati raccolti dalle piattaforme digitali, quello degli intermediari (data broker), che acquistano dati, li ricompongono secondo gli interessi dei loro clienti che li acquistano per attività commerciali, sociali, politiche.

Qui si apre però un problema legato alla protezione della privaci delle persone di cui diremo in seguito. Mentre uno dei temi in discussione che va ricordato, anche se non approfondito in questa sede, riguarda la produzione di valore economico nell’attività delle piattaforme digitali: a produrre i dati che nelle piattaforme assumono un valore rilevante sono gli utenti che secondo alcuni ne sono proprietari e, di conseguenza, dovrebbero percepire almeno una parte dei guadagni derivati dal loro sfruttamento commerciale.

Alcune tipologie

La definizione proposta all’inizio si adatta (abbastanza) a una varietà di piattaforme digitali che offrono servizi specifici, forme di remunerazione distinte, e interrelazioni tra gli utenti con scopi vari, commerciali, ludici, affettivi, logistici, culturali. Si possono indicare almeno cinque tipologie di piattaforme digitali tra le più note:

  • piattaforme di comunicazione: gli utenti utilizzano i servizi della piattaforma per scambiare messaggi con la propria comunità di appartenenza (famiglia, amici, conoscenti, seguaci, ecc.; esempi noti sono Facebook e Twitter;
  • piattaforme di intrattenimento: gli utenti possono accedere, selezionare, condividere prodotti editoriali: dai video alla musica alle foto (come Youtube e Netflix);
  • piattaforme di commercio elettronico: gli utenti possono acquistare, vendere e condividere prodotti o servizi (come eBay e Amazon);
  • piattaforme di confronto: gli utenti possono selezionare, comparare e recensire prodotti o servizi (come Buking.com e Trip Advisor);
  • piattaforme informative: ricerca di informazioni od opportunità (come Google e Wikipedia).

Al centro di tutti questi tipi di piattaforme digitali c’è il modo di utilizzare la componente tecnologica e i dati che derivano, anche se poi il modo di raccogliere le risorse economiche non è identico per tutte.

La fonte quasi esclusiva delle risorse economiche di Netflix è quella degli abbonamenti pagati dagli utenti che intendono accedere al suo catalogo in rete. Per favorire tale scelta e dare all’abbonato la sensazione di sfruttare meglio il catalogo, composto da alcune migliaia di titoli. Netflix agisce su due fronti. Con i dati raccolti analizzando le scelte di ogni abbonato Netflix traccia il profilo dei gusti e dei desideri audiovisivi di ognuno di loro e lo utilizza per consigliare i titoli che meglio corrispondono ai suoi gusti e desideri.

Gli stessi dati che riguardano le scelte degli abbonati sono riaggregati in modo da orientare i contenuti dei film e delle serie prodotte direttamente da Netflix. Oltre a questi dati Netflix utilizza schede analitiche molto dettagliate realizzate da personale specializzato per la maggior parte dei titoli messi in catalogo. Per elaborare i consigli di consumo offerti a ciascun abbonato Netflix incrocia i loro profili con le schede analitiche dei titoli in catalogo.

Nell’economia di Amazon prevalgano quattro tipi di fonti di finanziamenti:

  • gli abbonamenti ai servizi prime, che offrono ai clienti alcuni vantaggi nel servizio;
  • i margini tra il prezzo d’acquisto all’ingrosso di prodotti che poi sono venduti al dettaglio;
  • il compenso che il venditore da a Amazon per averlo messo in contato col cliente e per avergli consegnato il prodotto;
  • la pubblicità.

La caratteristica di Amazon è di utilizzare le tecnologie solo per una parte del servizio offerto; quella della raccolta degli ordini, dell’organizzazione della logistica dei prodotti fisici, dal magazzino allo smistamento e recapito. Ma l’altra parte del servizio, trattandosi in prevalenza di prodotti fisici, è realizzato con mezzi tradizionali (aerei, autoveicoli e altro).

Sia Google sia Facebook per parte loro aderiscono con maggior precisione al modello “generale” descritto sopra che si basa, lo ricordiamo principalmente sulla pubblicità e, in modo meno trasparente sulla vendita dei dati che riguardano gli utenti.

Problemi aperti

Il grande sviluppo avuto dalle piattaforme digitali ha fatto maturare una serie di problemi sollevando discussioni e confronti tuttora aperti. Gli aspetti che hanno assunto maggior rilevanza riguardano le posizioni dominanti assunte da alcune di loro dando forma in alcuni casi a posizioni di quasi monopolio su scala internazionale, le dimensioni del loro impatto informativo, l’uso delle fonti e la selezione dei contenuti, le loro modalità di produzione di valori economici.

Si tratta di temi che in alcuni casi mettono sotto osservazione comportamenti delle piattaforme digitali non sempre trasparenti e, in alcuni casi in conflitto con la legge (1). Tra questi forse il più complesso perché chiama in causa le leggi di protezione della privacy è l’uso che le piattaforme fanno dei dati sui comportamenti dei loro utenti raccolti in rete (2).

Negli Stati Uniti la legislazione federale da una parte vieta la vendita di dati personali in possesso di piattaforme digitali o altri tipi d’imprese a soggetti estranei (ma ciò sembra che possa in qualche modo avvenire attraverso triangolazioni non perseguibili) e prevede che ogni soggetto possa  chiedere  la cancellazione del suo profilo e dei dati che lo riguardano, a chi ne è in possesso, siano essi la piattaforma digitale, gli inserzionisti pubblicitari loro clienti o data brokers che, in modo non trasparente li hanno avuti.

Si tratta di un diritto che però la larga maggioranza dei soggetti non fa valere per disinformazione, indifferenza o per la complessità delle procedure (3).

Un secondo tema rilevante in discussione riguarda il rapporto tra le piattaforme digitali e i contenuti che rendono accessibili ai loro utenti. In rete, com’è noto, transitano e sono facilmente rintracciabili dagli utenti interessati contenuti esplicitamente contrari alle leggi come quelli di stampo pedofilo/pornografico o razzista, terroristico o di istigazione a delinquere, vilipendio e altro del genere.  Ma questo genere di contenuti dovrebbe essere rintracciato e bloccato da appositi corpi di polizia con successive condanne per i promotori.

In questi casi i gestori delle piattaforme hanno responsabilità? Dovrebbero intervenire direttamente bloccando la loro circolazione o denunciando i responsabili? Sono forse da ritenere corresponsabili o sono come degli affittacamere non imputabili per eventuali illegalità commesse dagli affittuari?

La situazione è ancor più delicata quando si tratta di contenuti formalmente non perseguibili, ma che promuovono atti di violenza, comportamenti antisociali, inducono a comportamenti illegali. In tal caso mancano le condizioni per un intervento repressivo da parte delle autorità, ma da più parti si ritiene che sia dovere o almeno sia opportuno l’intervento dei gestori delle piattaforme per bloccare la loro messa in circolazione. 

Ma ci sono anche molti altri contenuti ai limiti della legalità che sono molto violenti, sono pornografici o di altro tipo, ma comunque. dannosi per certe fasce d’età. In questi casi mancano gli estremi per un intervento delle autorità, ma spesso sono i motori di ricerca ad essere sollecitati per bloccare la loro circolazione. In questi casi però non manca anche chi rivendica la liberta d’espressione per giustificare un comportamento passivo da parte delle piattaforme che non intendono avere comportamenti censori.

Un terzo tema all’ordine del giorno riguarda le posizioni dominanti raggiunte da alcune delle piattaforme digitali leader di mercato nei loro segmenti di attività dove in alcuni paesi raggiungono posizioni di quasi monopolio. Per limitarci a operatori largamente noti, questo è il caso di Google, Amazon, Facebook e Netflix.

Il quadro qui descritto pone almeno due problemi principali per l’Europa. Il primo è di natura politica ed è il fatto che una grande quantità di informazioni che riguardano cittadini, imprese e istituzioni dei paesi membri sono raccolte, elaborate, memorizzate da imprese non europee, che le utilizzano senza alcun controllo o vincolo da parte delle autorità europee. Cosa che ha risvolti strategici non secondari.

Il secondo problema è che le piattaforme digitali americane drenano in Europa risorse pubblicitarie molto rilevanti e le ridistribuiscono ad azionisti e fisco negli Stati Uniti. Se poi si considera il fatto che una parte consistente di tali risorse sono state sottratte ai media tradizionali per affluire nei servizi delle piattaforme digitale la situazione appare ancora più critica: le piattaforme digitali leader in Europa hanno “sottratto” una parte delle risorse destinate in origine ai media tradizionali (carta stampata, televisione commerciale, televisione a pagamento) e le hanno trasferite sotto varia forma negli Stati Uniti.

Conclusioni

Le piattaforme digitali sono diventate in pochi anni i principali organizzatori delle relazioni a distanza tra imprese, istituzioni e persone, da qualsiasi luogo a qualsiasi altro luogo, con pochissime eccezioni territoriali.

Le imprese che le gestiscono hanno raggiunto valori di mercato straordinari e il loro potere negoziale si manifesta in molti settori finanziari, industriali e istituzionali. I vantaggi offerti dai loro servizi sono noti al largo pubblico.

Non altrettanto si può dire dei problemi e dei limiti che rappresentano. Ad alcuni di loro si è solo accennato, senza poterli analizzare in questa sede con la profondità necessaria.

Non si tratta però degli unici aspetti critici come risulta da una lunga lista di indagini, proposte e iniziative per regolare le piattaforme digitali avanzate negli anni recenti da agenzie pubbliche di rilevanza nazionale e internazionale a partire dall’Unione Europea, ma occorre riconoscere che i risultati non sembrano per ora facili da raggiungere.

Per la lettura dei precedenti articoli clicca qui

Note al testo

(1) Si veda Chris Hoofnagle Facebook and Google are the new data brokers?, Berkeley, University of Berkeley, 2018, 7 p. https://hoofnagle.berkeley.edu/wp- content/uploads/2018/12/hoofnagle_facebook_google_data_brokers.pdf

(2) Chris Hoofnagle Facebook and Google are the new data brokers? loc. cit.

(3) Bennet Cyphers, Google Says It Doesn’t ‘Sell’ Your Data. Here’s How the Company Shares, Monetizes, and Exploit It, Electronic Frontier Foundation. Cf. https://www.eff.org/deeplinks/2020/03/google-says-it-doesnt-sell-your-data-heres-how-company-shares-monetizes-and