Digital education

Bot, Chatbot e Intelligenza artificiale. Che differenza c’è?

di |

Troppo spesso si parla indifferentemente di Bot, Chatbot e Intelligenza Artificiale. Che differenza sussiste, però, fra i tre concetti e, in particolare, fra Bot e Chatbot?

Digital Education è una rubrica settimanale promossa da Key4biz dedicata all’educazione civica digitale a cura di @Rachelezinzocchi Formatrice e public speaker, autrice del libro Telegram perché. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Alla scoperta dei Bot: questa la linea guida della scorsa puntata della nostra Guida a Telegram. La sintesi cui eravamo giunti? Mille Bot, per mille piattaforme, per mille usi possibili. I Bot, infatti, non sono patrimonio assoluto di Telegram (né tantomeno di Messenger), ma si pongono quali smart agents con una propria identità, volta a volta riscontrabile su questa o quella piattaforma, per questa o quella finalità e nelle configurazioni più diverse.

Se ideale, a nostro avviso, è il loro utilizzo in Telegram, non bisogna però dimenticare la loro natura «indipendente». Né confonderli, come spesso accade, con altre realtà quali i Chatbot o gli strumenti implementati con Intelligenza Artificiale.

Anche di questi concetti si sente sempre più parlare ormai. Siamo certi, però, di sapere di che cosa parliamo?

Bot, Chatbot, #AI: scopri le differenze!

Troppo spesso si parla indifferentemente di Bot, Chatbot e Intelligenza Artificiale. Che differenza sussiste, però, fra i tre concetti e, in particolare, fra Bot e Chatbot? Non si tratta solo di una questione di stile: a prescindere dal fatto che, parlandone, non è possibile tralasciare una riflessione così importante, quanto andremo a dire ci sarà molto utile proprio sul piano di Bot e Chatbot per Telegram.

«C’è una differenza fondamentale», si spiega ad esempio qui. «Al suo livello base, un Bot è semplicemente un’applicazione che fa compiti automatizzati, secondo un set di algoritmi». Ogni apparecchiatura ha dentro sé, in qualche modo, Bot embeddati: pensa ai promemoria che tieni nello smartphone e che, periodicamente durante la giornata, ti avvisano non appena l’ora di questo o quell’appuntamento, questa o quella riunione, si stanno avvicinando.

I Bot insomma non sono certo nuovi. Molti, anzi, sono già usati per automatizzare una serie di compiti: offrire risposte predefinite attraverso sistemi di web self-service ogni volta che arrivino domande o richieste di assistenza, meccanizzare l’inoltro di una email alla persona più adeguata per riceverla e occuparsene, e così via.

I Chatbot, invece, sono versioni di Bot progettati per essere capaci di avere una «conversazione». Che significa? Che devono essere capaci di comprendere un input, tanto voce quanto testo, per poi processarlo e provvedere a una risposta durante la conversazione. «Le discussioni sui Chatbot ultimamente si sono sprecate, specie da quando Facebook ha reso assai più semplice per le compagnie creare e sviluppare su Facebook Messenger e WhatsApp strumenti del genere. Allo stesso tempo, gli apprezzamenti dei clienti verso Siri o Amazon Alexa hanno portato una richiesta sempre maggiore. Tanto di più, dunque, i Chatbot sono incorporati in smartphone o assistenti vocali».

Ecco il punto decisivo: quella del Chatbot è una tecnologia di base, che sta alle fondamenta dello strumento Chatbot. Viceversa il modo attraverso cui è trasmesso il messaggio portato dal Chatbot – Instant Messaging via testo oppure messaggio vocale – è, appunto, semplicemente un medium: la via, la strada tramite cui un contenuto è portato a destinazione, senza mutarne però la sostanza.

Per un Chatbot funzionare bene significa essere capaci di seguire la chiave di Intelligenza Artificiale richiesta e fornire così una risposta rilevante, utile, ricca di significato, che vada a risolvere il problema per il quale si è stati contattati. Ciò significa che deve usare tecniche abbastanza vicine al linguaggio naturale e avere accesso a una conoscenza base globalmente ricca, con tutte le informazioni necessarie per rispondere alle questioni più differenti e variegate possibili.

Non ci addentriamo qui, per ora, nei meccanismi dell’Intelligenza Artificiale, un «futuro» che, se da un lato sembra già «ieri», tanto lo si disegna come già operativamente qui, dall’altra parte è, nella realtà, ben di là da venire, almeno nella sua forma effettiva. Tanto più in Telegram.

Vuoi comunque una definizione? L’«Intelligenza Artificiale» consiste nello studio di «come produrre macchine con le stesse qualità della mente umana, quali ad esempio la capacità di comprendere il linguaggio umano, riconoscere disegni, risolvere problemi, imparare».

Non dimentichiamo comunque mai quanto più volte ripetuto da Ted Livingston: «L’Intelligenza Artificiale non è la Killer App per i Bot. Non a caso impedisce ai Bot di svilupparsi al meglio. La chat è il nuovo browser e i Bot sono i nuovi siti. Scrivi un Bot una volta e lui lavorerà sempre in tanti, differenti canali». Insomma, non serve che un Bot – né su Telegram né altrove – sia implementato con Intelligenza Artificiale per funzionare al meglio: anzi.

Il parere degli esperti

Nel mio libro «Telegram Perché» ho avuto modo di intervistare uno dei Maestri del settore, Giorgio Robino, Researcher, Designer, Developer in Conversational AI, autore del blog sul Conversational Computing ConvComp, già ideatore e organizzatore del «primo evento italiano sui sistemi di dialogo in linguaggio naturale», #convcomp2016. Le sue parole risultano illuminanti adesso così come quando iniziai a muovere i primi passi in questo settore, tra il 2015 e il 2016: allora, proprio grazie a lui, tra intensi scambi di email, chiarimenti via social network e, da parte mia, fedele lettura del suo blog, certe «selve oscure» si fecero immediatamente più chiare. Come questa di cui discutiamo oggi. «Per Bot o Chatbot oggi intendiamo un qualsiasi software, un qualsiasi programma di dialogo in linguaggio naturale, con interfaccia uomo-macchina o macchina-macchina, di tipo testuale o, in un prossimo futuro, vocale», spiegava Robino. «Si tratta di un concetto generale», chiariva, «adatto a un Chatbot semplice come @grocerylistBot, che su Telegram che tiene la lista della spesa, così come a Mitsuku, creata da Steve Worswick, dotata invece di una personalità pseudo-umana». Più volte, infatti, abbiamo distinto con cura attori e campi da gioco di questa nuova partita: da un lato i Bot, dall’altro le varie piattaforme d’implementazione degli stessi – App o SMS, Messenger o Slack, Telegram e quant’altre.

Altra distinzione fondamentale, però, è appunto quella tra Chatbots e #AI, Artificial Intelligence. «Per Chatbot s’intende un ampio spettro di software, con o senza Intelligenza Artificiale». Un Chatbot, insomma, non deve essere per forza intelligente per definirsi tale: né per funzionare e fornire servizi anche innovativi. Paradossalmente, anzi, proprio (anche) su questi tipi di Chatbots privi di #AI c’è in gioco di più. «Per fare un semplice e-commerce, un Bot senza AI va più che bene».

E se si vuole proprio una «definizione da accademia», il DNA dei Chatbots, la loro «mappa genetica», può esser scansionata e definita secondo 3 generazioni, le 3 tipologie di Chatbots presenti a oggi:

  • «Command-based»;
  • «Conversation-Based, Conversazionali»;
  • «AI-Based, dotati di personalità propria, conoscenza dell’utente, in grado di generare inferenze», di arrivar a conclusioni logiche con una forma di «ragionamento».

Che cosa s’intende?

  • Command-based Chatbots: «È il livello medio attuale dei Bot. Si muovono tramite comandi fissi, spesso verbi preceduti dal segno «/», lo slash». Esempi? «/esegui X», «/fai Y» ecc. Sono robottini, minuscole macchine che eseguono poche semplici azioni a comando». Non meno decisivi, però, appunto. Proprio questo è il fronte caldo del #ConvComm, del Conversational Commerce di cui parla Chris Messina e su cui tutti stanno puntando. «In questa prima categoria rientrano infatti anche i Bot transazionali, chiamati ad eseguire transazioni di pagamento o altri workflow tipici dell’e-commerce. Esempio: Ricerca è Metti in carrello è Scegli indirizzo è Scegli momento di consegna è Concludi l’ordine». La centralità di questi Chatbots, su Telegram in generale, si commenta da sé.
  • Conversation-Based, Chatbots Conversazionali. «Sono i Bot con cui puoi fare conversazione come con un interlocutore umano: un’amica, il commesso di un negozio. Il Bot è pronto a interpretare domande su uno spettro ampio di argomenti. Sono gli agenti virtuali, di tipo assistant o concierge». Esempi illustri, con le applicazioni e implicazioni lato business che ne derivano? «Angela, ad esempio, gatto parlante dal grande successo». Semplici giochi, entità virtuali d’intrattenimento. C’è forse qualcuno, però, che dubiti delle potenzialità dell’entertainment e della gamification in termini di business per Chatbots simili – in generale e in quanto implementati in Telegram?
  • AI-Based Chatbots: «Si tratta di Bot conversazionali evoluti, modellabili a misura dell’interlocutore, con personalità diversa a seconda che abbiano dinanzi una signora, un ragazzino o uno studente d’ingegneria». E soprattutto cognitive, in grado di far ragionamenti. Con innumerevoli potenziali ritorni, lato business, come con Amy e T.ay, Microsoft, già da tempo al successo in Cina con la sua Xiaoice e per cui si prevedono trionfi ancora maggiori coi progetti #AI, ma anche Google, con il progetto AlphaGo, Intelligenza Artificiale Deep-Mind-Based, o ancora IBM Watson col centro Watson Health per lo sviluppo di soluzioni cognitive applicate all’health science e in futuro alla PA. Per non parlare di esempi più che noti: come Amazon Echo con Alexa, Apple con Siri, o Viv, ideata proprio dal creatore di Siri, nata per… assisterti in tutta la tua vita, tutta la vita. Viv prende, infatti, il suo nome da «Live» e, nei suoi uffici, splendono i numeri «6» e «5»: in latino rappresentati appunto come «VI» e «V».

«Oggi ci troviamo in una fase iniziale», sintetizzava Robino, «con Chatbot tipici della Generazione I. Ci sono già però tutte le competenze e gli strumenti tecnici necessari per arrivare, entro qualche anno, a uno sviluppo compiuto dei Chatbot di Generazione III». Ecco perché si parla tanto di «corsa all’oro». La fretta c’è, e se ne capisce il motivo, ad arrivar per primi a piantar la bandierina.

«Il problema sta nel cervello del Bot, non nella bocca con cui potrà esprimersi». In altre parole, anche un Chatbot sofisticato, di terza generazione, potrebbe essere implementato in Telegram (così come virtualmente, appunto, in ogni piattaforma). Se però si considerano i tanti vantaggi lato Customer Experience e Employee Engagement sviluppabili in Telegram, possiamo immaginare gli scenari pronti ad aprirsi integrando proprio Chatbot dotati di #AI entro i Canali Telegram.

Tornando a noi, però, come possiamo intendere i Bot all’interno di Telegram? Quale la loro natura e le caratteristiche tipiche che li distinguono rispetto a Bot e Chatbot utilizzati su altre piattaforme? Lo vedremo nel prossimo appuntamento della nostra Guida a Telegram.