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Zuckerberg patteggia con gli azionisti per il caso Cambridge Analytica. Evitato processo da 8 miliardi di dollari

Mark Zuckerberg e un gruppo di azionisti di Meta hanno trovato un accordo per chiudere il contenzioso legato allo scandalo Cambridge Analytica, evitando così il prosieguo del processo. L’intesa, i cui termini non sono stati resi noti, è arrivata alla vigilia della seconda giornata di udienze davanti alla giudice Kathaleen McCormick, che ha sospeso il procedimento e si è congratulata con le parti per aver raggiunto un compromesso extragiudiziale.

L’azione legale rappresentava una delle sfide più costose per Meta, in un contesto in cui l’azienda ha già versato somme record per chiudere procedimenti legali e regolatori legati al trattamento dei dati.

La class action e le accuse ai vertici Meta

La causa, intentata dagli azionisti di Meta, puntava il dito contro Zuckerberg e altri dirigenti passati e presenti, tra cui Sheryl Sandberg, Marc Andreessen, Peter Thiel e Reed Hastings. Secondo l’accusa, il gruppo dirigente avrebbe violato l’accordo del 2012 con la Federal Trade Commission (FTC) sulla protezione dei dati degli utenti di Facebook e avrebbe gestito l’azienda in maniera “illegale”, consentendo la raccolta indiscriminata di dati personali senza consenso.

Gli azionisti chiedevano che i dirigenti rimborsassero personalmente a Meta le sanzioni e le spese legali sostenute: oltre 8 miliardi di dollari, ai quali si aggiungono la multa da 5 miliardi inflitta dalla FTC nel 2019, la class action da 725 milioni di dollari del 2022 e la sanzione da 1 milione di euro comminata nello stesso anno dal Garante Privacy italiano.

Tra le accuse principali figuravano anche il mancato avviso ai mercati sui rischi derivanti dallo scandalo e presunti episodi di insider trading: Zuckerberg avrebbe venduto azioni Meta per circa 5 miliardi di dollari poco prima che il caso esplodesse, prevedendo un crollo del titolo.

Lo scandalo Cambridge Analytica

Lo scandalo risale al 2018, quando emerse che Cambridge Analytica, società di consulenza politica britannica vicina a Stephen Bannon, aveva raccolto i dati di circa 87 milioni di utenti Facebook senza autorizzazione. L’azienda pagò uno sviluppatore per ottenere l’accesso non solo ai profili di chi aveva scaricato un’app di quiz, ma anche a quelli dei loro contatti, violando le policy di Facebook.

Questi dati furono poi utilizzati per influenzare le elezioni presidenziali americane del 2016, contribuendo alla vittoria di Donald Trump. L’esplosione del caso sollevò interrogativi globali sulla gestione della privacy da parte dei colossi tecnologici e segnò l’inizio di una lunga serie di indagini e sanzioni per Meta.

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