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Zoom bannato da scuole di New York. E il Miur quando propone piattaforme a prova di privacy e non-profit?

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Il ban di New York nei confronti di Zoom è una lezione, forse l’unica, che ci giunge dagli Stati Uniti durante l’emergenza Coronavirus. Perché il Miur non aggiunge sul sito, dove campeggiano le piattaforme di Google, Microsoft, Amazon e Facebook, anche quella di iorestoacasa.work? È sicura, made in Italy, con server del CNR e di Lepida, open source e non 'mangiadati'.

Il Dipartimento della Pubblica Istruzione di New York ha vietato alle scuole della città di continuare ad usare Zoom, perché non sicuro. Abbiamo detto loro di “abbandonare l’uso di Zoom il più presto possibile”, ha dichiarato alla CNN Danielle Filson, portavoce del dipartimento. 

Il dipartimento non ha un contratto con Zoom, ha aggiunto Filson, gli studenti e il personale scolastico passeranno a Microsoft Teams, che ha “le stesse capacità con le opportune misure di sicurezza. Stiamo prendendo decisioni in tempo reale nel miglior interesse del nostro personale e studenti”, ha concluso il portavoce del Dipartimento della Pubblica Istruzione, che ha già creato account Microsoft per tutti gli studenti.

Il Miur quando propone alle scuole la piattaforma non-profit ‘iorestoa casa.work’?

Il ban di New York nei confronti di Zoom è una lezione, forse l’unica, che ci giunge dagli Stati Uniti durante l’emergenza Coronavirus. Il fondatore e ceo Eric S. Yuan di Zoom ha detto che oltre 90.000 scuole in 20 Paesi hanno utilizzato la piattaforma per l’insegnamento a distanza da quando l’azienda ha offerto i propri servizi gratuitamente alle scuole a causa della pandemia di Covid-19. Molte sono anche scuole italiane. Lo sanno bene i vostri figli ed anche molti di voi genitori.

Se si va sul sito del Miur quattro piattaforme su cinque “pubblicizzate” sono statunitensi. Solo WeSchool è made in Italy. Ma non è un progetto no-profit come iorestoacasa.work.

Perché il ministero dell’Istruzione non aggiunge nella pagina dedicata alla didattica a distanza, dove campeggiano le piattaforme di Google, Microsoft, Amazon e Facebook, anche quella di iorestoacasa.work

Come scrive Arturo Di Corinto“A differenza delle altre piattaforme commerciali l’iniziativa solidale usa un sistema open source, Jitsi Meet, che permette agli utenti di effettuare videochiamate in modo immediato, semplice, gratuito” e sicuro. “E con un valore aggiunto: i server si trovano in Italia, i dati rimangono in Italia e le sessioni sono illimitate”. Tra i server a disposizione quelli del CNR e di Lepida, in-house della Regione Emilia-Romagna.

La piattaforma testata da Key4biz

Key4biz ha testato la piattaforma messa a disposizione dal progetto realizzato a Fabriano.

Per creare da desktop una videocall è molto semplice: non è necessario installare nessuna piattaforma, né occorre registrarsi e quindi lasciare i propri dati, come invece avviene per le altre piattaforme commerciali. 

Basta dare un nome alla videoconferenza ed il gioco è fatto. C’è anche la chat e la possibilità di condividere file. Da Desktop, al momento, funziona con il browser Chrome. Come fare ad invitare i partecipanti? Basta copiare il link della riunione, visibile nella url, ed inviarlo ai partecipanti.

Una volta raggiunto il numero di persone desiderato, è possibile “bloccare la stanza” per impedire “agli imbucati” di entrare.

Così si impedisce il cosiddetto Zoom-bombing: tipico nella piattaforma Zoom, dove videocall sono state interrotte da utenti non invitati che hanno mostrato immagini pornografiche e/o usato un linguaggio che incita all’odio. Il fenomeno è molto diffuso ad esempio negli Stati Uniti a tal punto da essere segnalato dall’FBI.

Da mobile basta scaricare l’app Jitsi Meet, ma non bisogna loggarsi, solo inserire il nome della videoconferenza o cliccare sul link dell’invito ricevuto via email o messaggio.

Cosa ha cambiato Zoom dal 5 aprile 2020

Zoon, da ieri, per cercare di chiudere alcune delle sue tante falle di privacy e di sicurezza, ha abilitato come impostazione predefinita le password per le riunioni e ha attivato le sale d’attesa. Finalmente. La funzione di sala d’attesa è importante per controllare chi può partecipare. Si Seleziona “Gestisci partecipanti” per visualizzare l’elenco completo e scegliere chi far partecipare e chi no”. Purtroppo, “questa funzione sarà predefinita solo in futuro”, promette Zoom nell’email inviata a tutti gli iscritti, dove presenta l’introduzione della password di default per ogni videocall.

Così, scrive la società “in futuro, le tue riunioni precedentemente programmate (comprese quelle programmate tramite il tuo ID di riunione personale) avranno le password abilitate. Per i partecipanti che si uniscono alle riunioni inserendo manualmente un ID riunione, dovranno accedere a una password per accedere alla riunione. Per i partecipanti che si uniscono manualmente, consigliamo vivamente di ricondividere l’invito alla riunione aggiornato prima dell’inizio della settimana di lavoro”.

Con Zoom puoi registrare le videocall, ma poi dove sono archiviate?

Infine, l’ultimo tool di Zoom invasivo per la privacy degli utenti è la possibilità offerta a chi crea la videoconferenza di registrare le call. Il Washington Post ha scoperto che questi file di videoregistrazioni sono archiviati su spazio di storage online separato da Zoom e senza password. Lezioni di studenti, riunioni aziendali, visite mediche e colloqui con lo psicologo o psicoterapeuta, ecc.. tutti dati sensibili archiviati senza password.

Zoom.