Tasse, AI e gig economy: la rivoluzione progressista del nuovo sindaco di New York, Zohran Mamdani
Un socialista, un comunista, un pericoloso progressista, sono tanti e diversi i modi con cui è stato definito il nuovo sindaco di New York, Zohran Mamdani. Wall Street e l’élite industriale tecnologica non hanno mandato giù il suo programma ‘troppo di sinistra’, che vuole colpire i miliardari e che mira ad imporre una tassa del 2% sui redditi superiori a 1 milione di dollari.
Al di fuori delle lamentele pre e post elettorali, Mamdani ha di fatto un rapporto complesso con le società tecnologiche della città e degli Stati Uniti in generale. Paradossalmente, ha ricevuto un deciso sostegno dai lavoratori del settore tecnologico, però, che apprezzano il suo stile dirompente e la sua politica di favorire un accesso democratico (quindi per tutti, lavoratori in primis) alle risorse della città e per la difesa del lavoro tout court.
La vita in questa meravigliosa città si è fatta sempre più difficile per chi vi abita e lavora, il caro affitti che sposta le persone a cercare una casa sempre più lontano dal posto di lavoro, l’aumento del costo della vita e le disuguaglianze economiche crescenti, la mobilità sociale stagnante, hanno reso la società newyorkese estremamente instabile col passare degli anni. Basta una persona che parla chiaro e in maniera diretta per accendere il fuoco dell’elettorato. Il successo di Mamdani non nasce come reazione al trumpismo, ma a tutto questo.
Contro le Big Tech?
Diversamente, i dirigenti di queste società sono preoccupati per le sue “politiche di sinistra”, in particolare per le nuove regolamentazioni che intende imporre su gig economy e grandi nomi del settore come DoorDash, Uber, Meta e Google, senza contare il già menzionato aumento delle tasse sui ricchi e le loro imprese.
Mamdani ha nominato Lina Khan, nota per la sua dura posizione contro i monopoli delle Big Tech, come co-leader del suo team di transizione, il che indica una possibile intensificazione dei controlli e regolamentazioni nei confronti di queste aziende.
Inoltre, ha promesso di regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale (AI), contro cui non ha niente “dobbiamo però creare controlli affinché gli strumenti tecnologici siano implementati responsabilmente per fornire servizi efficaci”, e di proteggere lavoratori e consumatori da pratiche algoritmiche poco trasparenti.
Dal punto di vista dei mercati e degli investitori, la vittoria di Mamdani ha creato ansia, soprattutto a Wall Street, dove si teme un possibile aumento delle tasse e una crescita delle incertezze normative, con conseguenze negative per la competitività di New York come hub finanziario ed economico.
Alcuni investitori valutano il rischio elevato già per il 2026, pur sperando in un’amministrazione più moderata rispetto al discorso elettorale.
Mamdani per una città più equa e più connessa
Il primo cittadino di New York, però, riguardo alle grandi compagnie tecnologiche, ha sempre detto: “la chiave (per attirarle, ndr) non sono i tagli fiscali, ma rendere la città più accessibile per i lavoratori, in modo che possano permettersi di vivere in questa città e lavorare in queste aziende”.
Non ha adottato un tono ostile verso le aziende tech in assoluto, ma ne propone uno critico e regolativo, centrato sull’idea che la città debba diventare più accessibile per tutti e che la tecnologia debba servire la collettività, non solo i profitti.
Mamdani stesso sembra consapevole dell’importanza della tech society per New York e propone di utilizzare la tecnologia anche per migliorare la governance cittadina, come l’impiego dell’AI per aumentare l’efficienza dei servizi pubblici.
Il suo programma include la creazione di infrastrutture tecnologiche pubbliche, l’espansione della connettività e iniziative per valorizzare la presenza di professionisti tech, soprattutto giovani nel range 20-40 anni, essenziali per attrarre innovazione e crescita economica.
I più ricchi devono pagare di più, ma si cerca un nuovo equilibrio tra diritti e mercato
Mamdani propone un aumento significativo delle tasse sulle grandi aziende tecnologiche con l’obiettivo di portare l’aliquota dell’imposta sulle società con sede a New York dall’attuale 7,25% all’11,5%, livello più alto degli Stati Uniti e pari a quello del New Jersey.
Questa misura riguarda circa 1.000 tra le aziende più redditizie della città e si stima potrebbe generare circa 5 miliardi di dollari in maggior gettito fiscale all’anno.
Oltre a questo, Mamdani vuole introdurre una tassa aggiuntiva del 2% sui redditi individuali superiori a 1 milione di dollari, che potrebbe fruttare altri 4 miliardi di dollari e colpire circa 34.000 famiglie nella città.
Tuttavia, l’aumento della tassazione sulle società suscita preoccupazioni sui potenziali effetti di fuga di aziende e dirigenti verso stati con aliquote più basse come Texas, Florida o Georgia.
La mobilità delle aziende potrebbe portare a una perdita di posti di lavoro qualificati e a una riduzione dei proventi fiscali a lungo termine, oltre a influenzare negativamente la competitività di New York come polo economico globale.
Sebbene Mamdani voglia perseguire una politica tesa a rafforzare i controlli e far pagare di più le grandi imprese, emerge anche chiaramente che esistono margini e segnali concreti di collaborazione con il settore tecnologico, orientati più a trovare un equilibrio tra mercato e diritti, innovazione e giustizia sociale, pur se difficile, che a cercare uno scontro aperto con questo settore così vitale per l’economia newyorkese e americana.
