Workshop Agcom

Workshop Agcom. Tutte le sfide del 5G fra regole, frequenze e primi test in Italia

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Oggi al workshop dell’Agcom ‘5G evoluzione o rivoluzione?’ il punto della situazione fra regole e industria sulla nuova generazione tecnologica di comunicazione mobile.

Sarà una rivoluzione in piena regola il 5G, la nuova generazione di comunicazione wireless che per la sua complessità ha davvero poco a che fare con il 4G anche perché cambierà alla radice tutta l’industria e non soltanto il recinto delle telco. Una rivoluzione complessa, che vede l’Italia in un momento di riflessione operosa, alle prese con una serie di incognite tecnologiche e regolatorie di non poco conto. Per fare il punto della situazione si è tenuto oggi a Roma alla sede dell’Agcom il workshop “5G, evoluzione o rivoluzione’ al quale hanno partecipato il padrone di casa Angelo Marcello Cardani, presidente Agcom; Maurizio Dècina, professore del Politecnico di Milano e presidente di Infratel; Antonello Giacomelli, Sottosegretario alle Comunicazioni; Eva Spina, Direttore generale del Ministero dello Sviluppo Economico per la pianificazione e la gestione dello spettro radioelettrico, Vicepresidente dell’ITU; il Commissario Agcom Antonio Nicita; Alessandro Casagni, Director Wireless Regulatory Policy EMEA per Huawei Technologies; Dino Flore, presidente del consiglio di amministrazione del 3GPP RAN per Qualcomm Technologies; David Soldani, Global Head of 5G Technology  per Nokia; Lasse Wieweg, Director, Government and industry relations per Ericsson; Gérard Pogorel, Telecom ParisTech; Francois Rancy, Francois Rancy, diretto dell’ITU (international  telecommunication union) Radiocommunication Bureau;  Jonas Wessel, PTS.

 

La rivoluzione del 5G

“Cosa succederà e come si raggiungerà la regolazione ottimale” è una delle principali preoccupazioni dell’Agcom, ha detto il presidente Angelo Marcello Cardani, che ha aperto il dibattito ricordando che l’Autorità ha avviato una consultazione pubblica sul 5G basata su un’analisi conoscitiva alla quale “è importante che si risponda” per raccogliere le opinioni del mercato.

Gli aspetti rivoluzionari del 5G sono stati illustrati in apertura dal professor Maurizio Dècina, fra i massimi esperti di frequenze del paese. Mentre le precedenti generazioni come il Gsm erano semplici (voce, Sms+comunicazione dati), “il 5G nasce come piattaforma unica che serve per rendere i sistemi cellulari capaci di gestire tutti i servizi” attraverso la virtualizzazione di reti e stazioni base. Una piattaforma che garantirà velocità di download da 10 fino a 20 Gigabit al secondo, a fronte di un Giga al secondo dell’Lte.

La vera differenza fra 4G e 5G è che i benefici saranno ottenuti soltanto con la completa virtualizzazione delle reti e delle base station.

Secondo stime del Bell Labs citate dal professor Dècina, il costo medio di un Gigabyte grazie al 5G è destinato a calare drasticamente nei prossimi anni, passando negli Usa da 12 dollari per gygabite nel 2014 a 6 dollari nel 2020 grazie al dispiegamento delle small cells, fino a 1,35 dollari con il 5G e l’Lte-U. Un enorme risparmio per gli operatori.

Il mercato delle applicazioni IoT, ha proseguito Dècina, sarà suddiviso in due grandi categorie, il Massive IoT e il Mission Critical IoT e susciterà l’interesse non soltanto delle telco ma anche di altri settori industriali. Il 5G avrà bisogno di ingenti quantitativi di spettro (fino a 100 Ghz) per sostenere il traffico IoT e nuovi concorrenti delle telco saranno ad esempio le applicazioni della filiera elettrica e il WiFi.

Tramite lo slicing delle reti, sarà possibile indirizzare i diversi verticals che al momento sono quelli dei media & entertainment; eHealth; Smart grid; Automation; Energy.

Secondo stime della Ue, gli investimenti necessari per il 5G al 2020 sono pari a 56 miliardi di euro, con benefici economici in 5 anni al 2025 di 113 miliardi.

Per raggiungere la latenza di un ms, sarà poi necessario disporre di fibra e bande che coprano tutto lo spettro radio.

La sperimentazione in Italia

Il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli ha rimarcato il ruolo di punta dell’Italia sul fronte della sperimentazione 5G in 5 città. Il bando è stato da poco pubblicato e il Mise “Mette a disposizione gratis le freqeunze in banda 3.6-3.8 Ghz mettendo però in evidenza la qualità dei progetti”, per sfruttare tutte le potenzialità anche in termini di nuovi posti di lavoro previsti con la nuova tecnologia. L’obiettivo di Giacomelli è che l’Italia diventi “promotore di nuovi servizi replicabili in 5G”, con l’auspicio che nel 2020 l’Europa arrive ad una vision condivisa su questo tema. L’ambizione di Giacomelli è che la sperimentazione tenga iniseme tutti i campi di sviluppo “dalla mobilità alle soluzioni intelligenti per le smart city alla robotica”. Senza dimenticare I servizi alle persone per potenziare il welfare del paese, alla valorizzazione del patrimonio culturale. Per quanto riguarda l’assegnazione delle frequenze, “sul 5G non ci sono precedent, il cammino è impervio – ha detto Giacomelli – confidiamo nel lavoro fatto con l’Agcom in ottica di flessibilità d’uso, corretta destinazione e sviluppo” senza esigenze di monetizzazione immediate di una risorsa scarsa come lo spettro.

L’innovatività del 5G si dovrà accompagnare ad un’innovazione regolatoria in linea con l’action plan della Ue, secondo Eva Spina, Direttore generale del Mise per la pianificazione e la gestione dello spettro radioelettrico, Vicepresidente dell’ITU, “che richiama ad armonizzazione e standardizzazione tecnologica, però considera i trial nazionali da dedicare a nuovi ecosistemi e non soltanto alle telco”, ha detto Spina. E’ per questo che l’avviso pubblico del Mise per il 5G in 5 città è diretto alle telco ma anche a nuovi servizi potenziali del 5G, con un tempo di 4 anni per la sperimentazione proprio in ottica di sviluppo. “Siamo disposti ad essere pionieri sulla Banda C, fermo restando la disponibilità dei 700 Mhz da destinare al mobile broadband”, ha detto Spina.

Le sfide tecnologiche

“L’Agcom ha lanciato un documento di consultazione sul 5G ispirato dal professor Dècina che pone due grandi tematiche”, ha detto il Commissario Agcom Antonio Nicita: “In primo luogo, come la parte di architettura, orchestrazione e virtualizzazione della rete si intreccia con la regolazione attuale – ha detto – e in secondo luogo, in che modo la regolazione possa incentivare o inibire questo processo di virtualizzazione”.

Tenuto conto del fatto che l’innovazione tecnologica non può intaccare concetti centrali come l’accesso universale.

Serve forse una nuova regolazione al 5G, e di certo è necessario dialogare con altre autorità come quella dell’Energia e quella dei Trasporti, come avviene nel comitato M2M, per evitare che determinate regolazioni specifiche siano d’ostacolo allo sviluppo di nuovi servizi 5G.

Altri temi regolatori importanti sono il protocollo IoT: “Serve uno standard unico o diversi standard?”, domanda Nicita, aggiungendo che alcune strozzature si stanno verificando ad esempio nel settore dei pagamenti sul fronte delle autorizzazioni alla loro gestione.

Intanto, la sperimentazione avviata in Italia sui 3.6-3.8 Ghz servirà a mostrare diversi possibili use case e business model per capire meglio cosa serve per i vari mercati verticali.

Per quanto riguarda lo spettro, oltre ai 700 Mhz e i 3.4-3.8 Ghz (su cui ci sono alcune cose da chiarire) c’è una discussione in corso fra l’Autorità e il Mise sull’utilizzo di ulteriori risorse spettrali, come ad esempio il lotto B dei 3.6-3.8 Ghz che potrebbero essere puliti.

L’IoT dovrà svilupparsi in modo efficiente, creando standard e con benefici utilizzabili da subito. Anche da pinto di vista della gestione di spettro licensed e unlicensed vanno chiariti alcuni aspetti regolatori, perché “un conto è lo sharing di spettro licensed, un altro lo sharing unlicensed”, dice Nicita.

 

Il punto di vista dell’industria

“Il 5G sarà un’evoluzione e una rivoluzione insieme”, secondo Alessandro Casagni, Director Wireless Regulatory Policy EMEA per Huawei Technologies, secondo cui l’IoT supportato dal 5G sarà un cambiamento epocale delle nostre abitudini. “Finora viviamo nell’era dello smartphone, che ha cambiato il mondo – aggiunge Casagni – ma ora servono politiche e strategie di lungo termine” per sostenere la quarta rivoluzione industrial rappresentata dal 5G.

Nel frattempo, si passerà attraverso le reti intermedia 4.5 G (ce ne sono già 68 attive nel mondo) e si svilupperano nuovi use case a partire dal video, che grazie alla realtà aumentata e alla realtà virtuale daranno un impatto forte ad esempio al Turismo.

Per quanto riguarda I diversi vertcials (Auto, droni, smart grid, Healthcare, Factory) ognuno di essi avrà esigenze divese di latenza. Un’eterogeneità di esigenze cui si potrà rispondere grazie a nuove tecnologie come il Massive Mimo (64 antenne con 16 beam per singola antenna) e l’utilizzo della Banda C.

In tema di net neutrality, sarà necessario mettere in atto differenziazioni di traffico, in tema di emission elettrmagnetiche bisognerà intervenire in Italia, adeguando la normative agli standard europei e dal punto di vista regolatorio sarà utile un approccio cross industry.

Secondo Dino Flore, presidente del consiglio di amministrazione del 3GPP RAN PER Qualcomm Technologies, il 5G è già qui, “il 3GPP sta accerando sugli standard, la prima release è attesa per il 2918 e i primi deployemnt commerciali sono attesi per il 2019 – ha detto – perché senza deployment l’Europa rischia di restare indietro sul fronte degli investitori”. Le priorità per Flore sono il rilascio di nuove porzioni di spettro con 100 Mhz di spettro contiguo in banda 3.5 e 2.6 Ghz.

Dal canto suo, David Soldani, Global Head of 5G Technology per Nokia, il 5G farà davvero la differenza a partire dale sue applicazioni domestiche, in auto e negli hot spot. Gli ambiti di applicazione spazieranno dalla logistica all’healthcare (telesurgery), per passare ai robot e ai droni connessi a tutte le applicazioni per le smart city. Per raggiungere questi nuovi scenari, con 300mila connessioni per singola cella, bisognerà sfruttare al massimo anche l’Lte.

Per Lasse Wieweg, Director, Government and industry relations per Ericsson, l’Europa deve fare in fretta ad affrontare la sfida dello spettro. “Va posta grande attenzione alla Banda C fra I 3.5 ai 4.2 Ghz una porzione di spettro chiaramente sotto utilizzata in Europa – ha detto Wieweg – questo dovrebbe essere il primo obiettivo visto l’obbligo di 100 Mhz di spettro contiguo per gli operatori”.

Per quanto riguarda le licenze d’uso, secondo Wieweg in futuro ne serviranno di diversi tipi a seconda dei servizi IoT che saranno lanciati. Licenze diverse per le telco e altri player di altri mercati.

Le sfide regolamentari

Quali frequenze per il 5G? Quando saranno disponibili? In che modalità, tramite aste competitive o in altri modi? Queste le domande gettate sul tavolo da Gerard Pogorel, professore emerito di Economia e Management alla Telecom Paris Tech. Alcune ipotesi indicano la possibilità di condividere lo spettro, altre di assegnare lo spettro al 5G in esclusiva e l’ipotesi più ottimista è quella di un deployment che avvenga in maniera a perta ma competitiva. Quel che è certo è che con il 5G “ogni decisione a livello nazionale in materia di spettro avrà conseguenze su tutta l’economia, non solo sulle telco, con un impatto che riguarderà tutti i servizi dei diversi settori industriali”, dice Pogorel, secondo cui le aste del passato per l’assegnazione delle frequenze potrebbero aver fatto il loro tempo. “E’ vero che la finanza pubblica è un tema importante, ma la cosa più importante è implementare la nuova tecnologia senza far pesare tutto” l’onere finanziario sugli operatori.

Vedremo chi pagherà il conto, che secondo Francois Rancy, direttore dell’ITU(international  telecommunication union) Radiocommunication Bureau, sarà ben più salato dei 56 miliardi al 2020 previsti dalla Ue, per arrivare nell’ordine dei mille miliardi nei prossimi anni. Rancy ha ricordato le bande individuate a livello Ue per il 5G (700 Mhz e Banda C – 3.4-3.8 Ghz) aggiungendo che gli investimenti necessary a livello globale andranno ben oltre I 56 miliardi al 2020 previsti dalla Ue. “E’ per questo che servono certezze, l’armonizzazione dello spettro è fondamentale”.

Le altre bande millimetriche da destinare al 5G, in particolare i 28 Ghz non inserite nei piani nel 2015, saranno decise nel 2019 al WRC di Ginevra. In quest’ottica è importante il lavoro preparatorio dell’RSPG (Radio spectrum policy group) sui 24 e 25-27.5 Ghz.

Per quanto riguarda le specifiche tecniche, si stanno aspettando le proposte del 3GPP che saranno valutate in un anno per arrivare ad una decisione finale nel 2019.

Infine, Jonas Wessel, Head of Spectrum Departmentof The Swedish National Post and Telecom Agency (Post och Telestyrelsen)e Vice Chairman dell’Rspg, ha ricordato come vi siano diversi mecati verticali che “hanno seriamente bisogno di spettro – ha detto – serve quindi tanta fibra per garantire le comunicazioni wireless”. Per il 5G secondo la roadmap dell’Rspg servira un Gigahertz di spettro aggiuntivo, sulla bande 700 Mhz, 3.4 e 24.5 Ghz. In Svezia, sperimentazioni 5G sono in atto in banda 3.5 e 26 Ghz. “Il 5G consuma tantissimo spettro – ha aggiunto Wessel – le aste competitive sono un buon modo per rendere lo spettro disponibile”.