la stretta

Web tax, Ue al lavoro e l’Ocse prende tempo

di |

Il 15 e 16 settembre all’Ecofin di Tallinn, Italia, Francia, Germania e Spagna lavorano a un documento comune sulla tassazione digitale. Si guarda sia alla ‘Google tax’ britannica (25% sugli affari sopra ai 10 milioni) sia alla 'web tax transitoria' in vigore nel nostro Paese, dove il Mise studia anche la ‘cedolare secca’ sugli utili.

Aumenta sempre di più il fronte a favore della Web Tax. (Key4biz porta avanti questa battaglia e ne dà spazio dal 2013). Dopo le diverse sanzioni, procedimenti aperti e accordi tra gli Over the Top e gli Stati per risolvere i contenziosi fiscali (l’ultimo in Italia è quello con Google: 306 milioni all’Agenzia delle entrate), i principali leader dell’Unione europea (Paolo Gentiloni, Emmanuel Macron, Angela Merkel e Mariano Rajoy) pensano a un documento comune da portare sul tavolo del Consiglio europeo che si terrà a Tallinn, in Estonia, il 15 e il 16 settembre, dedicato proprio alla tassazione dei big del web.

‘L’offensiva’ che l’Ue sta preparando nei confronti degli OTT è stata annunciata tre giorni fa dal ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire: “Un contributo adeguato per i colossi del web da pagare in ogni Stato in cui fanno profitti. I dettagli saranno svelati al prossimo consiglio dei ministri dell’Economia (Ecofin)”. Dunque l’Italia fa scuola in Europa perché nel nostro Paese, con l’approvazione del Parlamento, il 15 giugno scorso, della ‘manovrina’ correttiva dei conti pubblici chiesta da Bruxelles, è stata introdotta la ‘web tax transitoria’, con un emendamento di Francesco Boccia (PD), per gli accordi tra Fisco e colossi del web. La norma, in vigore dal 24 giugno scorso, consente ai giganti del web, con oltre un miliardo di ricavi e un giro d’affari di almeno 50 milioni di euro, di stringere accordi preventivi con l’Agenzia delle entrate. È possibile anche chiedere il riconoscimento della stabile organizzazione e regolare i conti con il Fisco rispetto al passato, attraverso un accertamento con adesione, sanzioni dimezzate e il rischio di un procedimento penale azzerato.

La web tax in Uk e in India

In Europa manca, dunque, una norma comunitaria sulla tassazione digitale. Oltre all’Italia si è mosso solo il Regno Unito, dove dal 2015 è in vigore la “Google tax” che prevede la tassazione del 25% sugli affari superiori a 10 milioni. Se dal vecchio continente ci sposiamo in India troviamo l’innovativa tassa sulle vendite elettroniche, che dal 1^ giugno 2016 preleva il 6% su ogni vendita online effettuata da aziende non residenti e senza una stabile organizzazione nel Paese.

In attesa dell’Ocse l’Italia studia la ‘cedolare secca’ sugli utili degli OTT

Oltre all’Ue anche l’Ocse è al lavoro sulla web tax, ma senza fretta: entro la primavera dell’anno prossimo deve, però, produrre un ‘interim report’ per indicare le linee guida per i Paesi membri, ma le sue proposte finali saranno pronte non prima del 2020. Così l’Italia è di nuovo impegnata a trovare una soluzione più punitiva rispetto all’auto-denuncia che avviene con la ‘web tax transitoria’ in vigore. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore oggi, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) sta studiando la possibilità di introdurre, nella prossima legge di Bilancio, una sorta di ‘cedolare secca’ sugli utili prodotti dai giganti del web con la pubblicità in Italia. Sarebbe una ritenuta d’imposta che metterebbe sullo stesso piano OTT e imprese con una stabile organizzazione sul territorio italiano.
Infatti perché i cittadini e le altre imprese, anche straniere, devono pagare le tasse e le multinazionali del web no?
Si scrive web tax, si legge equità fiscale.