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Web tax, Martella: ‘Una parte del gettito all’editoria’. E Gentiloni liquida 100mila euro di azioni Amazon

La web tax è tornata di “moda”, ma solo a livello teorico. Il Governo italiano la vuole inserire nella legge di Bilancio ed è tra le priorità della nuova Commissione europea: “Pronti ad agire da soli nel 2020, anche senza accordo globale”, ha promesso Margrethe Vestager, vicepresidente esecutivo e commissaria al digitale e alla concorrenza. Stando a questi annunci sembra in arrivo la tassazione ai giganti del web in Europa, a tal punto che il Sottosegretario all’editoria Andrea Martella la mette già sul piatto come una delle soluzioni per sostenere l’informazione.

“Nell’agenda dell’Ue c’è la Web tax e noi dobbiamo pensare che una parte di quel gettito possa andare anche all’editoria”, ha annunciato Martella al Festival delle città in corso a Roma.

Al momento non si conoscono dettagli sulla web tax inserita dall’esecutivo italiano nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NaDef), si legge solo che “si attuerà la web tax per le multinazionali del settore che spostano i profitti verso giurisdizioni più favorevoli nell’ambito di un ampio processo di riforma dell’imposizione sugli utili d’impresa concordato a livello internazionale”.

Gentiloni: “Liquidate le mie azioni in Amazon”

Dunque, si intuisce che l’Italia, ancora una volta, aspetterà una legge europea sulla web tax prima di applicarla nel nostro Paese, per cui la palla è nelle mani di Paolo Gentiloni, confermato ieri commissario europeo agli Affari economici e monetari. Tra i suoi compiti non solo giudicare i conti pubblici dei Paesi dell’eurozona, ma dovrà anche “ideare” la web tax per le multinazionali della Rete. E per farlo deve essere al di sopra di ogni sospetto, per questo motivo durante l’audizione al Parlamento europeo la francese Manon Aubry, dell’estrema sinistra (Gue), gli ha rinfacciato il portafoglio di azioni, tra cui i 110mila euro in Amazon. “Con questo portafoglio, come farà a contrastare le pratiche dei grandi gruppi per eludere o evadere le tasse?” ha chiesto Aubry.

“Non sono milioni come qualche giornale italiano ha scritto (ma 111.000 euro, n.d.r.), “ma comunque ho già liquidato l’intero fondo”, ha risposto Gentiloni, chiudendo la vicenda.

Il commissario, ancora incalzata dall’europarlamentare francese di estrema sinistra sull’urgenza della web tax in Europa, ha poi definito “inaccettabile” la concorrenza fiscale selvaggia interna alla Ue, con Paesi come Irlanda o Lussemburgo che per attirare le aziende propongono una tassazione vicina allo zero. Gentiloni ha così promesso che nel caso non si arrivasse un accordo globale entro il prossimo anno, proporrà una digital tax europea per far sì che i giganti del web paghino le imposte nei Paesi dove generano i loro profitti.

Occorre muoversi subito, con urgenza, senza aspettare più di anno, perché fa rabbia leggere che Netflix, nonostante abbia in Italia circa 1,4 milioni di utenti, non paga le tasse. (Leggi l’articolo “La Procura di Milano ha aperto una inchiesta per omessa dichiarazione dei redditi”).  

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