Legge approvata

Web tax, la Francia sfida Google&Co. e approva l’imposta. E l’Italia attende le calende greche…

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Un prelievo del 3% dei ricavi alle imprese che ‘creano valore aggiunto grazie agli internauti francesi’ e generino un giro d’affari per più di 750 milioni di euro in totale e più di 25 milioni in Francia. Ira di Trump che valuta dazi. In Italia il Parlamento ha votato la legge, ma il Governo non ha ancora approvato il decreto attuativo.

La web tax è legge in Francia. L’imposta è stata definitivamente approvata dal Senato e impone un prelievo del 3% dei ricavi alle imprese che ‘creano valore aggiunto grazie agli internauti francesi’ e generino un giro d’affari per più di 750 milioni di euro in totale e più di 25 milioni in Francia.

La tassazione non colpisce solo i GAFA (Google, Amazon, Facebook e Apple), ma punta a una trentina di giganti del web (anche Alibaba, Airbnb, Booking, Zalando, eBay, Twitter,) e l’obiettivo del Governo francese è generare entrate per 400 milioni quest’anno e 650 milioni nel 2020. Non saranno, dunque, solo gruppi americani ad essere oggetto della web tax: anche la francese Critéo, attiva nel retargeting pubblicitario, rientra per esempio nei parametri definiti dalla legge.

Trump minaccia dazi alla Francia

Nonostante questo, la web tax francese ha suscitato l’ira di Donald Trump, che la considera un attacco agli Over the top Usa, così gli Stati Uniti hanno annunciato l’apertura di un’inchiesta ai sensi della Section 301 del Trade Act del 1974. È una serie di norme che autorizza il presidente a prendere tutte le azioni necessarie per rimuovere decisioni e attività di un governo straniero che limitino il commercio Usa e violino un’intesa internazionale o siano ingiustificate, irragionevoli o discriminatorie. L’inchiesta è stata aperta, su richiesta di Trump, che pure non ama Google&Co accusati dal Presidente di non essere imparziali, da parte del rappresentante al commercio (Ustr) Robert Ligthizer, e questa circostanza impone alla Casa Bianca di aprire una trattativa con la Francia per la rimozione della legge. Solo in un secondo momento, e in caso di fallimento, gli Stati Uniti potrebbero introdurre dazi e tariffe come ritorsione. La stessa Section 301 è stata usata contro la Cina nel 2017 e ha portato all’imposizione di tariffe su importazioni del valore di 250 miliardi di dollari. «Gli Stati Uniti sono molto preoccupati – ha detto Ligthizer – che la tassa sui servizi digitali colpisca in modo iniquo le imprese americane. Il presidente ha deciso di valutare gli effetti di questa legge e determinare se è discriminatoria o irragionevole o colpisca o pesi sul commercio Usa», ha concluso Ligthizer ripetendo la formula prevista dal Trade Act.

Perché il Governo italiano non approva il decreto attuativo per far scattare la web tax?

Quindi, la Francia ha deciso di sfidare i giganti del web e gli Stati Uniti approvando, finalmente, la web tax.

E l’Italia?

Il Parlamento l’ha votata con la legge di Bilancio 2019 con l’obiettivo di colpire ‘i grandissimi del web’ con un prelievo del 3% alle imprese con ricavi ovunque realizzati non inferiori a 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali non inferiori a 5,5 milioni.

Allora perché non è in vigore la web tax anche nel nostro Paese?

Perché manca il decreto attuativo del Mef, di concerto con Mise–Agcom-Garante Privacy e AgID. Il Governo italiano, come ci ha confermato Carla Ruocco (M5S), in questa intervista del 26 giugno scorso, non ha ancora approvato il decreto attuativo “per evitare un effetto isolamento in Europa e anche un effetto negativo sulle imprese italiane”.

L’Italia aspetta l’Unione Europea e l’Ocse, attende quindi le calende greche…