Digital economy

Web tax e servizi digitali, le nuove regole proposte dal Parlamento Ue (Che vuole la legge entro aprile 2019)

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Si vuole garantire che le multinazionali digitali, come Google, Facebook e Amazon, paghino le tasse. Le norme si applicherebbero a qualsiasi società che generi entrate all'interno dell'Ue superiori a 40 milioni di euro durante l'esercizio finanziario in questione.

Il Parlamento europeo in plenaria ha adottato oggi, con un’ampia maggioranza, i suoi due pareri sulle proposte del Consiglio, relative alla tassazione delle imprese con una presenza digitale significativa e alla tassa sui servizi digitali (“Digital Services Tax” o DST).

Tre i punti chiave su cui si sono confrontati in voto gli europarlamentari: la fornitura di contenuti su interfacce digitali (come Netflix) aggiunta all’elenco dei servizi tassabili, abbassamento della soglia minima delle entrate imponibili e l’imposta sui servizi digitali come “soluzione temporanea”.

Sia il Parlamento europeo sia i cittadini europei chiedono che i giganti della tecnologia paghino le loro tasse. Per questo motivo abbiamo votato in favore di una tassa sui servizi digitali più ambiziosa, tassando anche le entrate derivanti dai servizi di streaming online. Stiamo parlando di equità di base, dove tutti pagano la loro parte equamente”, ha dichiarato il relatore sulla tassa sui servizi digitali, Paul Tang.

Le tasse devono essere pagate quando un’impresa crea il suo valore, indipendentemente dal fatto che si tratti di un’impresa digitale o tradizionale. I litigi e i veti reciproci in seno al Consiglio fanno sì che l’UE non sia in grado di affrontare il problema. L’Unione europea dovrebbe essere un precursore di tendenze, continuando a lavorare su una soluzione internazionale a livello dell’OCSE”, ha invece commentato Dariusz Rosati, relatore sulla presenza digitale significativa.

Nello specifico, per ciò che concerne la fornitura di contenuto digitale aggiunto ai servizi imponibili, gli eurodeputati hanno aggiunto all’elenco dei “servizi che possono essere considerati entrate fiscali” la fornitura di contenuti come video, audio, giochi o testi che utilizzano “un’interfaccia digitale“, si legge in una nota del Parlamento UE, “indipendentemente dal fatto che tali contenuti siano di proprietà della società fornitrice o che questa ne abbia acquisito i diritti di distribuzione”.

Le piattaforme online che vendono contenuti digitali, come Netflix, possono quindi essere tassate.

Si vuole sostanzialmente garantire che le multinazionali digitali come Google, Facebook e Amazon paghino la loro giusta parte di tasse, come fanno tutti i cittadini e le piccole aziende.

In relazione alla soglia minima di profitti imponibili, gli europarlamentari hanno accettato di ridurre “la soglia minima al di sopra della quale i redditi di una società sono soggetti a tassazione”.

Le norme si applicheranno a qualsiasi società che generi entrate all’interno dell’Ue superiori a 40 milioni di euro durante l’esercizio finanziario in questione. La Commissione europea aveva proposto un importo di 50 milioni di euro.

L’imposta sui servizi digitali, o DST, è da considerarsi infine una misura temporanea: “L’adozione della direttiva sulla presenza digitale significativa, della base imponibile consolidata comune per le società o di norme analoghe a livello dell’OCSE o delle Nazioni Unite, costituirebbe una soluzione permanente, preferibile a tutti gli effetti”.

Spetterà ora al Consiglio decidere all’unanimità sul contenuto definitivo delle norme. Il Parlamento sta spingendo per un’approvazione prima della fine del suo mandato, nell’aprile 2019.